Zebi nie zapomniec.
Lo scopo del suo viaggio, in bicicletta da Varano Borghi fino ad Auschwitz, Giovanni Bloisi l’ha fissato sulla maglia bianca, in lingua polacca, mentre nella sala letture del municipio, invitato da Auser Besozzo Insieme, racconta la sua esperienza. Per non dimenticare. Non è il primo itinerario che organizza allo scopo di incontrare la storia. Ne ha già effettuati altri, anche ricalcando le orme dei garibaldini partendo con la nave da Genova e dalla Sicilia su su per l’Italia pedalando. “E’un inventore di viaggi”, come si definisce. Viaggi che modifica dieci volte prima di arrivare al definitivo. Li vive prima, durante e dopo “perché la bicicletta ha la velocità giusta per pensare”, spiega. Quello ad Auschwitz, passando prima per Mauthausen, “è stato frutto del mal di pancia e di tanta emozione”. Il suo racconto vivido, gradevole e attraente diventa essenziale quando la slide mostra il lungo binario che entra ad Auschwitz. Allora il suo linguaggio non è più fluente, le sue emozioni non si traducono più in parole, ma in un silenzio che parla. Come tutti i visitatori quel giorno, anche lui l’ha percorso a piedi, passo dopo passo, lentamente e in silenzio. Su un breve tratto erano stato posti piccoli sassi colorati con i colori della speranza e con la scritta “shalom”. Prima di entrare a Birkenau la bicicletta gli si è bloccata. “Le gambe non andavano più” – spiega – l’emozione era troppo grande”. Di fronte al muro della morte, dove venivano fucilati i deportati, ha guardato tutti i buchi delle pallottole. Tanti, innumerevoli. Ma quello che l’ha colpito di più sono quei buchi strettissimi dove venivano spinti i prigionieri che di lì a poco sarebbero morti per asfissia. E’ rimasto fino oltre le 21 al campo: “Hanno dovuto cacciarmi via, perché non riuscivo ad uscire”, spiega.
In questo suo viaggio di 2760 km. effettuato tra il luglio e l’agosto 2013 in 25 giorni, non ha dimenticato Caporetto, Redipuglia, la foiba di Basovizza, profonda 256 metri dove venivano gettati i nemici di Tito. Di fronte a queste immagini il suo racconto è “scarno” di parole: sono i suoi occhi che parlano.
Prima di partire ha percorso molti km “perché mi servivano per abituarmi alla sella”. Poi ha caricato sulla bicicletta la tenda, “il suo hotel a cinque stelle”, come l’ha definita, la bandierina della pace e quella italiana e via: 37 kg. di peso da muovere con i muscoli, tanti foglietti scritti da lui che gli indicavano il tragitto, un asciugamano spesso in testa su cui versare l’acqua quando il caldo era troppo e tanta voglia di incontri arricchenti, di visioni insolite come il paese delle cicogne, una vigna in mezzo alla piazza e un carro pieno di fieno. Poi il ritorno: un momento sospeso nel tempo, una “tregua” per ripensare, rielaborare e preparare un altro viaggio. Quest’anno in Normandia per visitare i cimiteri militari. Sempre nel solco della storia e delle emozioni.
Federica Lucchini
Per non dimenticare
Auschwitz birkenau ‘la follia umana’ POLONIA.
Una visita ad Auschwitz è da fare una volta nella vita, solo per capire o provare a capire fino a che punto può arrivare la follia umana. Dopo aver effettuato la visita, all’uscita si ha una percezione delle cose un pò diversa. E’ un luogo che porta a riflettere, un qualcosa che resta nella vita di ogni persona, del proprio bagaglio culturale e della propria coscienza!