VITTORIO CIRESA: SEMPRE IN PISTA!
di felice magnani
A sessantacinque anni, l’atleta delle maratone, delle corse in montagna e dei record, l’uomo della No Stop di Corsa, Laveno – Monte Rosa ricordando Michela Badalin del 7 luglio 2007, conclusasi domenica 8 alle 11,15 al Rifugio Gnifetti, è ancora in prima linea nello sport e in tutte quelle attività che hanno come fine la difesa e la promozione della dignità umana. E’ sempre lui, rapido e incisivo, praticante e promotore, attento a tutto ciò che gli accade intorno, sempre pronto a dare una mano quando c’è una necessità. E’ rimasto l’atleta con il cuore di un bambino, un cuore che fatica a dimenticare di essere stato il motore di un maratoneta vincente, un cuore che non molla, soprattutto sui percorsi sterrati, quelli che Vittorio incontra ogni volta che partecipa a una gara. E’ un cuore il suo che batte un po’ per tutti e per tutto, soprattutto quando l’emozione lo raggiunge e lo richiama al sottile gioco di quei sentimenti che fanno parte della bellezza della vita e delle sue sorprese. Nonostante l’età, le vittorie, le maratone, nonostante gl’impegni come presidente della 3V, Vittorio coniuga ancora l’attività sportiva con un amore sviscerato per l’ambiente e le sue Prealpi, i suoi sentieri, i suoi boschi, le sue feste. C’è ancora in questo ex “énfant terribile” del podismo varesino una fiamma che non si consuma, anche se il motore per ovvie ragioni non spinge più come prima. C’è in Vittorio un’attenzione del tutto particolare verso quel mondo dello sport che gli ha dato un sacco di soddisfazioni, quando nella maratona di Milano e in quella di Torino batteva il fior fiore degli atleti italiani e non, c’è soprattutto la consapevolezza che lo sport, quando è vero sport, aiuti la persona a crescere, a diventare più grande sotto tutti i punti di vista. E’ con questo spirito che l’atleta di Cuvio continua la sua corsa, è sulla base di una fortissima esperienza umana che l’uomo della Laveno – Monte Rosa continua a fare del bene anche oltre lo sport. Lo incontro in un attimo di pausa per una breve intervista.
Vittorio, come va?
Bene. Sono felice di poter essere ancora nel cuore della natura, di poter esprimere al massimo quei sentimenti che ho coltivato fin da ragazzo, di poter essere ancora dentro la storia e di partecipare alle gare. Gli acciacchi sono una componente inevitabile, ma non tolgono la forza di quello spirito che mi ha sempre sostenuto.
Com’è il podismo dalle nostre parti?
In questi ultimi due anni, caratterizzati da una pandemia che ha distrutto i sogni di tanti atleti, il podismo ha sofferto. In questo momento è in fase di ripresa. Sta riprendendo anche grazie a noi della 3V che organizziamo eventi sulle corse in montagna e sulle corse su strada. Ci sono altre società che si sono messe in pista, anche se non sempre esiste una sorta di sintonia operativa. Comincia a rifiorire l’atletica Varese e questo è un buon segno.
Vittorio, sei sempre in pista?
Quest’anno ho partecipato a quindici manifestazioni, tutte di carattere nazionale. Ho partecipato a quattro Campionati italiani, due di trail, in uno sono arrivato secondo, precisamente a Bergamo. Ho partecipato al Campionato italiano sui diecimila a Paratico in quel di Brescia, arrivando ventesimo. Sabato scorso sono arrivato ventiduesimo nella corsa in montagna, in quel di Sondrio.
Com’è quello spirito combattivo che ha caratterizzato la tua vita?
Purtroppo non mi sono affrancato dalla mia “pazzia”, mi piace troppo continuare a correre. Quest’anno è il cinquantesimo e nonostante tutto continuo a ricercare la vittoria, perché voglio mettere il sigillo su questa conquista. La vittoria non è comunque il mio sogno primario, mi piacerebbe invece continuare ancora a divertirmi correndo per qualche anno,consapevole che i miei ritmi si sono modificati e che si devono allineare con l’età. Nelle mie categorie mi esprimo ancora a buoni livelli. Nonostante i sessantacinque riesco ancora a centrare il podio e questo è già tantissimo, per questo mi ritengo ampiamente soddisfatto.
Vittorio, com’è il tuo rapporto con la montagna?
Con la montagna sono sempre in simbiosi, mi sta dando delle bellissime soddisfazioni, ma vivo con sofferenza i drammi che l’hanno colpita. Vedere alberi sradicati, boschi distrutti, frane e alluvioni mi rattrista moltissimo. Gli tzunami di questi anni l’hanno messa a dura prova e chi come me era abituato a frequentarla con una certa assiduità, ha dovuto fermarsi e rinunciare, ma in compenso continuo a lavorare alacremente per difenderla e per proteggerla. Nonostante tutto, però, con la nostra buona volontà e con l’impegno del mondo alpino, piano piano stiamo organizzando una rinascita.
Com’è il vostro rapporto con i giovani?
Purtroppo manca quello spirito di sacrificio che aveva caratterizzato lo sport individuale di un tempo. Nello sport di gruppo i giovani riescono ancora a trovare un insieme operativo, ma lo sport deve fare molto di più, soprattutto la famiglia, la scuola e le istituzioni pubbliche devono collaborare, devono avere la possibilità di organizzare, di fare eventi, di valorizzare al massimo quel potenziale umano che se non ben indirizzato, rischia di perdersi in sogni assurdi. Sui giovani bisogna lavorare, con i giovani bisogna avere uno scambio quotidiano, bisogna soprattutto che lo sport li aiuti a uscire allo scoperto, mettendo sul campo tutte quelle energie che hanno in corpo. In momenti come questo c’è bisogno di educatori che accompagnino e che guidino, aprendo le porte di un futuro più gioioso, più capace di creare aggregazione e collaborazione, c’è bisogno di giovani che stiano con i giovani, che li sappiano capire, amare e orientare. Abbiamo un patrimonio straordinario di valori, abbiamo una natura ricchissima di proposte educative, per questo il mondo adulto deve impegnarsi al massimo, se vuole avere un futuro ricco di intensità sociale, di autostima e di spirito realizzativo, se vuole avere una gioventù che creda veramente in chi prospetta un futuro carico d’innovazione, di passione e di entusiasmo.
Come vedi la risposta delle istituzioni?
Le istituzioni sono un po’ vaganti. Ce ne sono alcune che sono collaborative, ci danno una mano quando abbiamo bisogno, altre che sono un po’ assenti. Quest’anno noi della 3V stiamo riuscendo a potenziare il nostro budget, abbiamo trovato degli sponsor validi che ci sostengono, credono in quello che facciamo. Le Comunità montane, ad esempio, credono nei nostri progetti e una piccola mano ce la stanno dando.
E con il volontariato?
Per nostra fortuna esiste. Ci sono momenti in cui si lavora nell’ombra, si lavora dietro le quinte, si cerca di arrivare anche là dove le pubbliche istituzioni a volte sono carenti. E’ una parte fondamentale di molte nostre iniziative, ma forse sarebbe necessario che lo sport avesse un ruolo molto più ampio e come tale riconosciuto da tutti coloro che si occupano di problematiche di natura sociale. L’ideale sarebbe che volontariato e istituzioni trovassero modalità sempre più ampie di natura collaborativa.
Che cosa apprezzi di più della tua attività?
La gioia di poter dare sempre qualcosa di più. Lo sport mi ha aiutato a essere quello che sognavo e questo non è poco. In una società che si lamenta sempre e che non è mai contenta io cerco di distribuire entusiasmo e gioia di vivere, cerco di dimostrare con i fatti che, in fondo, basta poco per essere davvero felici. La mia filosofia è semplice, va di pari passo con la vita, con le sue domande e le sue richieste, non amo tirarmi indietro, sono nato per fare quello che la mia anima e il mio cuore mi suggeriscono, lo sport è stato una grandissima occasione di crescita sportiva, umana e morale, lo ringrazio infinitamente, senza di lui sarei stato diverso? Non lo so, so soltanto che le soddisfazioni che ho provato insieme a lui sono state splendide e se dovessi tornare indietro rifarei tutto quello che ho fatto. La NO STOP DI CORSA LAVENO MONTE ROSA ricordando Michela Badalin, nell’ormai lontano 2007 è stata una impresa che mi ha fatto capire molte cose, l’amicizia, la donazione, la voglia di essere sempre puri dentro, di mantenere alta quella felicità che qualcuno ci ha regalato con grande amore.
IL MARATONETA DI CUVIO