Monsignor Tarcisio Pigionatti accolto da papa PaoloVI
Poteva chiamarti in qualsiasi ora della giornata per essere accompagnato nelle sue quotidiane peregrinazioni, senza perdere mai la buona abitudine di consegnarti un messaggio su cui riflettere. Era fatto così, svelto, rapido, inusuale, sapeva convincerti sempre. Sapeva come prenderti, cosa dire e come dirlo, aveva un grande rispetto nei confronti di tutti, grandi o piccoli che fossero, aveva un’innata predisposizione alla carità. Era per natura un generoso, un prete che non si dimenticava mai dei suoi nipoti e delle sue sorelle, degli uomini e delle donne che gravitavano attorno a quel grande punto d’incontro che era il Convitto De Filippi di Varese. Aveva sempre una parola incoraggiante e anche quando alzava il tono della voce era per scuotere, ravvivare, per far capire che nella vita non bisogna perdere tempo. Aveva un rapporto speciale con il tempo. Lo apprezzava al punto che non gli concedeva tregua, lo inseguiva correndo, con quel passo da alpino che lo contraddistingueva. Nelle omelie sapeva essere travolgente, capivi che in quelle parole c’era la freschezza di un torrente di montagna. Un politico perfetto? Non credo, era troppo dalla parte degli ultimi, pur frequentando spesso i primi. Frequentava i primi per dare anche agli ultimi, ma credo che avesse nelle vene una generosità straordinaria, al punto che si svuotava le tasche per riempire quelle di qualche disgraziato rimasto senza una lira. Il tipo di cristianesimo? Quello che piace a chi lo ha vissuto legato alla famiglia, al prete, alla carità, all’entusiasmo, alla passione, all’idea che la vita sia un dono bellissimo. Cos’era il De Filippi? Una nave straordinariamente grande, con a bordo una ciurma fatta di persone diverse, ciascuna con una propria identità, una propria dignità da difendere, pronta sempre a obbedire a un comandante che sapeva imprimerle quella gioia di vivere senza la quale diventa umanamente impossibile stabilire equilibri e rapporti. Su quella nave la verità non era mai scontata, bisognava cercarla, leggerla, decodificarla e soprattutto applicarla. In quel Convitto costruito con cura grazie all’ umanissima fermezza di un sacerdote, c’era il mondo con le sue attese, le sue aspirazioni, le sue miserie e le sue bellezze, un mondo che lottava per vivere bene e per sopravvivere, per ringraziare il cielo di essere lì, accanto a un prete innamorato della sua missione, sempre pronto a battere una pacca sulla spalla per far comprendere che il cristianesimo è anche questo, un contatto fisico con la realtà che trasforma, che rinnova il coraggio e che scuote i torpori di una natura umana spesso in retroguardia. Il tempo passa, ma il buon insegnante non lo si dimentica mai, soprattutto se ha indicato la strada per vivere meglio una condizione a tratti complessa e articolata, ma sempre estremamente bella e affascinante.
HA SCRITTO DI LUI MONSIGNOR MARCO FERRARI, VICARIO EPISCOPALE DELLA ZONA II – VARESE
“Vedeva sempre più in là: segno di forte intelligenza, di spirito indomito nell’affrontare la vita, infatti: non si lasciava fermare dalle difficoltà; il suo parlare, animato da tale spirito, risultava talvolta quasi monco e a scatti; in realtà era il segno di questa vivacità che mentre pensava o colloquiava su una prospettiva, vedeva sempre uno sviluppo ulteriore. Il pensiero e il sogno procedevano più velocemente della parola; sentiva il Collegio come luogo dove aiutare i ragazzi a formarsi una cultura e una maturità umana e cristiana che li avrebbe aiutati ad essere significativi nella vita; dopo l’esperienza di Cappellano militare, che lo ha segnato profondamente, sentiva i militari, specie gli Alpini, i Vigili del Fuoco, i Carabinieri, ecc., come persone da sostenere nelle migliori idealità; aiutava tutti quelli, ed erano tanti, che per vari motivi, venivano da lui; la sua preghiera era frequente e sentita. Quante volte, nel mio pellegrinare, l’ho trovato in qualche parrocchia di Varese o del Varesotto, inginocchiato in preghiera. Era, insomma, un uomo, un prete, nel quale la grazia dell’Ordinazione Sacerdotale non si era spenta, ma restava viva e vivace”. Monsignore era così, attento e prodigo con tutti, sempre pronto a mettersi in gioco per consegnare a chi bussava alla sua porta la speranza in futuro migliore.
S.Messa in ricordo di Mons. Tarcisio Pigionatti anno 2014