“Una miscela di teatro, danza orientale e musice epiche. Uno spettacolo sulla bellezza, sulla ricerca della felicità e sulla resistenza”. Con lo spettacolo “Elena”, che verrà rappresentato venerdì 22 novembre alle ore 19 presso il Teatro Paravento, si conclude la tournée europea del Teatro Blu, quel centro di produzione teatrale varesino di rilevanza internazionale, diretto da Silvia Priori, che nei suoi trent’anni di attività ha creato spetttacoli di grande valenza artistica con innumerevoli repliche in Italia, Europa, Cina, Giappone e Sud America. Definirlo un gran finale può essere improprio in quanto tutti gli spettacoli allestiti durante la stagione hanno avuto una ricchezza tale di messaggi che il successo è stato garantito ad ogni rappresentazione. Il pubblico percepisce l’intreccio di studi, effettuati da Silvia per fare scaturire figure femminili colte in aspetti particolari, desueti. E’ il caso di Elena, conosciuta come Elena di Troia, la bella Elena, causa della guerra tra la città dell’Asia Minore e la Grecia. “La mia Elena -sottolinea la Priori- ridisegna il mito e rivaluta la figura della donna e le restituisce la sua dignità. Pur restando fedele alle fonti mitologiche e ai classici, è nata una Elena diversa, non più prigioniera della propria immagine, ma capace di librarsi. Un personaggio attuale, una donna archetipo. La ragione di Stato, la volontà altrui la costringe a scelte obbligate, ed anche l’amore con Paride è effimero, passeggero. Una figura immortale, sconfitta dalla sua stessa ambizione di essere viva e pensante”. L’incipit è decisamente inusuale: appare vecchia, sola, circondata da degrado e abbandono, immagine della sua anima. “Non viene più nessuno a trovarmi. Mi sto per scordare le parole”. Eppure lotta: “Sì, sola! Sono rimasta sola e resisto! E questa mia resistenza, inconcepibile, è l’unica cosa che ho”. L’Elena di Silvia sogna la felicità, ma conosce il sapore della rinuncia costretta dal padre a sposare Menelao. E’ una mamma che piange la bimba strappata. E’ prigioniera di una infinita guerra. “La mia Elena -riprende- smantella la mitologia che la immortale come la bella, la dea, la prostituta, la cagna! Lotta contro gli dei per averle riservato quel destino ingrato: le diedero in dono la bellezza di cui fu vittima. Quante battaglie ha dovuto combattere! Si trasforma così in una donna umanizzata”. L’autrice/attrice analizza questi percorsi psicologici complessi. Non vuole distruggere la figura degli eroi, ma ha la finalità di affermare la pari dignità dei sessi, padroni ognuno di una vita consapevole. “La mia Elena -termina Silvia- è una figura fragile con un profondo valore etico, spirituale, sociale”. La portata di un simile contenuto ha una coreografia adeguata, dove nulla è trascurato. La bellezza di ogni scena è evidenziata da una cura particolare per l’essenzialità e nel contempo per la ricercatezza. La regia è curata dalla stessa attrice, da Renata Coluccini e Roberto Gerbolès, mentre la danza mediorientale è di Selene Franceschini e le musiche di Marcello Franzoso. Un plauso alle istituzioni, come la Regione, i Consolati, le Ambasciate, le Università, gli Istituti italiani di cultura che hanno creduto in simili progetti.
Federica Lucchini