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Vecchi ricordi – Incontro con Sesso Darico, l’alpinista di Caldana di Felice Magnani

 17 Ottobre 2019 |  Pippo | |

Incontro con Sesso DARICO, l’alpinista di Caldana

Guardarsi dentro e imparare a conoscersi è il segreto della vita

 

“Lo sport lo senti, devi fare qualcosa. E’ la natura umana che te lo fa conoscere e amare. Ho iniziato a quattordici anni con la bici, a diciotto con la caccia alla lepre, a venticinque con le arti marziali e poi l’alpinismo, la mia grande passione”.

 

 Con Sesso Darico di Caldana scopriamo lo sport che fa cambiare il modo di pensare, che diventa riflessione su un modo diverso di affrontare il sistema delle relazioni umane. “Sono sempre stato molto deciso. Non ho mai accettato la prevaricazione. Ho pensato così fino a venticinque anni, quando ho incontrato le Arti Marziali, una disciplina sportiva che ha cambiato radicalmente il mio modo di essere e di pensare. Ho messo la mia energia al servizio di questo sport, sviluppando un sistema di sicurezza personale che ha cambiato radicalmente i miei rapporti personali e sociali”. E’ sul tema dell’autocontrollo che l’alpinista di Caldana ferma la sua attenzione: “Di autocontrollo se ne parla spesso, soprattutto a scuola, quando i docenti invitano gli alunni a stare composti, ad avere comportamenti corretti, ma in molti casi resta il frutto di una predicazione verbale vincolata alla capacità persuasiva dell’insegnante di turno, non diventa disciplina, qualcosa di concreto da applicare nella difficile rete del sistema sociale”. Le Arti Marziali lo hanno formato, ma riconosce che le Prealpi hanno avuto un ascendente formidabile sulla sua predisposizione adrenalinica. Nasce infatti da questa predisposizione la sua voglia di intraprendere la corsa in montagna. La corsa diventa fase preparatoria, che introduce e allena alle grandi imprese alpinistiche, ma è anche un modo affettivamente stabile di ricaricarsi, di rimettere insieme le energie che la vita quotidiana comprime. “Ho iniziato con Luigi Cova e Andrea Savini. Il “fortino” (il forte di Orino) è sempre stato la mia passione. Quando il lavoro me lo permetteva, alla prima nevicata, salivo. Da lassù l’orizzonte si apriva, diventava circolare, mi concedeva di allargare la mia voglia di bellezza e di infinito. E’ difficile spiegare che cosa potesse significare quella magica fusione di neve, colore e montagna. Il Parco regionale del Campo dei Fiori e il Sacro Monte di Varese sono due realtà splendide, due luoghi di una bellezza rara, una vera e propria scuola di vita. Siamo dei fortunati, dovremmo ricordarcelo sempre. Viviamo dove la storia ha lasciato impronte indelebili. Basta percorrere la linea Cadorna o arrivare sulla sommità del san Martino per capire il significato di valori che sono diventati la struttura portante della nostra democrazia. Sono molto legato alla Valcuvia, ai suoi verdi, alle sue montagne, ai paesini sparsi  e alla sua gente. L’amore per la montagna è qualcosa che porti dentro. Nel sessantanove è morto mio cognato sul monte Rosa. E’ stato un brutto momento. Mi sono fermato. Per un attimo mi sono sentito crollare il mondo addosso, poi, passata la bufera, ho iniziato con l’alpinismo vero. Sono salito tre volte sul Gran Paradiso con Luigi Cova. Nel 1986 sul monte Bianco e sul Cervino con Andrea Savini. Il primo quattromila è stato il Gran Paradiso: un’esperienza bellissima. E’ iniziata così la mia lunga e appassionata storia con la montagna, una storia che mi ha regalato stupori e meraviglie, emozioni e suggestioni che sognavo fin da piccolo. Ho capito qualcosa di più di quell’ inquietudine che provavo ogni volta che mi capitava di vedere il mondo dall’alto, con le sue vette, i suoi cieli, i suoi colori, i suoi silenzi.  L’incontro con le grandi cime è stata la realizzazione di un sogno coltivato molti anni prima osservando dal balcone di casa le Prealpi, il Monte Rosa, la catena alpina. E’ nata così l’idea di salire su quelle vette, di capirne i segreti, di vivere quel mondo che da lontano sembrava inarrivabile. Quando arrivi in vetta sei felice, soddisfatto, gratificato, ma non puoi non pensare alla tua condizione, ai tuoi limiti. Salire è superare le paure, dare risposte a quei dubbi che vorrebbero tenerti prigioniero, impedirti di vedere sempre più chiaro davanti e dentro di te. La conquista di una cima di quattromila metri  è il frutto di una grande preparazione, non c’è nulla di scontato, nulla di arbitrario, di occasionale, la conoscenza e la preparazione sono fondamentali. L’alpinismo fa capire che senza impegno, fatica e determinazione ogni conquista, anche quella che può sembrare la più banale, è utopia.”. Darico parla della montagna con il rispetto che s’incontra nelle grandi anime dell’alpinismo. “La montagna insegna il rispetto, l’arte della sopravvivenza, molte persone dovrebbero provarla, per capire qualcosa di più di se stesse e della vita. Salirla è entrare in noi stessi, superare i dubbi e le paure che impediscono alla nostra mente e al nostro cuore di sentirsi liberi, significa trovare quel mondo dei silenzi e dei colori che abbiamo accantonato nella nostra corsa al consumismo”. Per l’alpinista di Caldana la montagna è qualcosa di più di un’attività all’aria aperta, di una riconciliazione con quella natura che abbiamo per troppo tempo trascurato, è una forma solenne di riconoscenza per una creazione che non finisce mai di stupire e di incantare con la sua bellezza.

 

 

 

Una pagina della rivista con un articolo di Alberto Palazzi

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