“…le escursioni nei boschi di Cuvio, si svolgevano sempre in salita per andare a <Merisch> o a <Funtana de Bass>, poco sotto il Martinello, o alle <Fornaci> e, anche se di ridotte dimensioni, era obbligatorio il <tascapane> come portavano il nonno o il papà, con quello che poteva servire per l’escursione, ma soprattutto per raccogliere quello che il bosco offriva”
“…e come si può ben intuire il sentimento per la montagna era strettamente correlato a valori quali l’amicizia e la fede…
Incontro la prima volta Andrea Savini nel suo ufficio di presidente della Comunità Montana della Valcuvia nel lontano 2004. Gli propongo il finanziamento di un libro in cui credo e che avrebbe dovuto coinvolgere tutti i Comuni dell’Ente. Un progetto ambizioso, ma solidale, nato da un momento di riflessione interiore sulle prove della vita. Un momento in cui c’è spazio solamente per risvegli di umanità, di interrogativi imprevisti, di risposte concrete. Gliene parlo. Incrocio il suo sguardo più volte. Non ha il piglio furbesco del politico a caccia dell’interesse personale, ma lo sguardo diritto di una persona perbene. E’ “religiosamente” interessato al mio progetto. Forse sono arrivato nel momento più difficile, ma giusto: Marco Maremmi, il suo assessore, sta lottando per la vita e <Guarire è Educare> è forse un modo appropriato per risvegliare una speranza. Marco non ce la farà, ma la pubblicazione fortemente voluta dal sottoscritto e da Andrea ne legittima la volontà. Di solito i dirigenti sono spocchiosi, impenetrabili, dissuasivi, egocentrici, incapaci di dare risposte certe. Andrea è impeccabilmente onesto, deciso e preciso. Nasce così una sorta di riconoscenza spirituale di cui ne conservo la pura bellezza. Ci siamo incontrati in altre occasioni, ma ho scoperto strada facendo il suo amore per la corsa in montagna e per l’alpinismo, anche tramite Vittorio Ciresa, l’indiscusso fenomeno del podismo nostrano. Andrea Savini è stato la lepre eccellente di Vittorio nell’impresa della Laveno-Monte Rosa, ricordando Michela Badalin, la sfortunata podista cittigliese deceduta per una caduta sul passo Andolla. E’ in queste puntate di vita prealpina che Andrea ha scritto e scrive le pagine più belle del suo amore per la montagna, un amore che si tinge di <Emozioni Intense e Pure>, proprio come gli aveva scritto Michela al ritorno subito dopo la conquista della vetta del Monte Bianco. Che cos’è la montagna per il geometra di Cuvio? Una bellissima passione, in cui giocano e si fanno strada emozioni legate alla qualità di un carattere. Andrea impara fin da piccolo ad amare le sue valli e i suoi monti grazie alle gite con il nonno e a quelle con il papà sui sentieri di casa, tra castagni e betulle, lungo le pendici del forte di Orino, la montagna che troneggia sopra il paese di Cuvio. E’ all’ombra delle tradizioni che la passeggiata diventa studio e riflessione, incontro con la vita e le sue bellezze. Castagne, funghi, noci e nocciole sono gl’indicatori primari di scoperte più grandi, legate a un ordine spirituale che cresce e si fa strada con la conquista di nuove certezze. Lo afferma nel suo <diario> di una passione: Emozioni Intense e Pure, dove raccoglie il suo amore per la montagna, che si colora di tinte ora forti ora tenui, accompagnate da un’ investigazione intensa che precede l’ascesa alla vetta da conquistare. Nel suo libro c’è lo sportivo che analizza il tempo e lo spazio di un amore, mai azzardo o euforia, ma puro godimento di sensazioni ed emozioni. Dalle passeggiate con il nonno o con il papà, alle mature ascensioni della cordigliera andina, a quelle delle vette innevate del Nepal, Andrea trova sempre il tempo di una riflessione sulla condizione umana, sulla bellezza dei paesaggi, sui volti di uomini, donne e bambini che incontra lungo il cammino. E’ l’alpinismo della fatica e della sofferenza, della poesia e del racconto, della logica e della razionalità, che non permette di sbagliare il passo, aprendo le porte di una chiarezza mai vissuta prima. E’ molto attento ad ampliare e approfondire la lettura visiva della realtà che gli sta di fronte. “Davanti ai nostri occhi passano scene molto particolari: i maialini nel cestino delle biciclette; gli asini che tirano il carretto in pieno centro; i bambini che ci guardano con la testa fuori dal variopinto fagotto sulle spalle della madre; i calzolai che cuciono sotto un balcone con macchine che da noi sarebbero considerate pezzi da museo; le donne intrecciano fili colorati per farne cinture. Questi movimenti, questi colori, questa vivacità delle persone che contrattano, barattano, vedono le cose più semplici ed essenziali ai margini delle strade, ricordano le statuine del presepio e gli scenari che noi costruiamo a Natale per rievocare la Natività. Pur trovandoci in una cittadina, si sente il profondo legame con la natura; i prodotti della terra vengono venduti al mercato subito dopo la raccolta e a noi europei, ormai abituati alle confezioni sterili sottovuoto, sembra impossibile una vita in queste condizioni, con questi ritmi, e in questi modi”. Prima di salire i seimila della cordigliera in quel di Huaraz, in Perù, indugia sulla forza persuasiva di uno sguardo: “Ho visto gli occhi tristi dei bambini illuminarsi ed il loro viso aprirsi al sorriso”. Sulle Ande, in Nepal, in Val Grande, sul Monte Rosa, sul Monte Bianco, sul Cervino o sul Gran Paradiso, vive l’alpinismo con lo spirito aperto e appassionato di chi trova sempre un motivo in più per gioire. “Il sole come previsto dopo aver illuminato la cima della montagna scende pian piano fino a raggiungerci in prossimità del Colle della Brevna, dove sostiamo una seconda volta, prima di affrontare i pendii sommitali. Poco prima della nove del mattino, dopo poco meno di sette ore di cammino ci abbracciamo sulla cima più alta del continente. L’emozione è grande per tutti, indistintamente che sia la prima, la seconda o la terza volta che si è in vetta al Monte Bianco, o addirittura che sia il primo 4000. Il tempo bellissimo ci permette di restare a lungo sulla vetta per assaporare il più possibile questa emozione e renderla ricordo indelebile nella mente e nel cuore”. A tre mesi di distanza dalla conquista della vetta del Bianco succede <la storia che mai nessuno vorrebbe raccontare>. In Val Antrona Michela Badalin scivola e muore. Per il geometra di Cuvio sono attimi di tragedia ai quali assiste senza poter far nulla. Per una volta avverte l’ineluttabilità di un destino. Mentre l’amica delle cordate si allontana per sempre pensa e ripensa al senso della vita, così amabilmente affascinante e suggestivo, ma infinitamente misterioso e imprevedibile. Sono attimi in cui realtà e verità s’incontrano e si scontrano lasciando spazi irrisolti, dove anche la fede più sicura stenta a riconoscersi. E’ in questa debordante altalena d’immagini e di pensieri che ritrova la certezza.“In vetta ho quindi una motivazione in più per recitare il “Padre Nostro”, riconoscendo alle altezze un posto privilegiato per dialogare con l’Assoluto”. Nell’incontro con la montagna Andrea rafforza la sua dimensione cristiana, cresciuta in un piccolo oratorio prealpino. E’ anche in questa cultura della dimensione sensoriale che l’alpinista rimane saldamente aggrappato al ruvido piacere dell’ascensione, proprio come il 12 settembre 1992, quando posa una targa in ottone sulla croce del Blinnenhorn: “Fin quassù insieme perché l’amicizia sia per noi un vincolo indispensabile, indispensabile guida alla vita cristiana”. Per Andrea la montagna è “condividere la fatica dell’ascensione e gustare la gioia della vetta con gli amici, con cui dopo il lavoro ci si trovava per il giornalino parrocchiale, il canto in chiesa, l’impegno nella Pro Loco o semplicemente per stare in compagnia e lo sforzo fisico della salita era per certi versi anche ascensione dello spirito verso il cielo”. E’ in questa ricerca di spiritualità che il geometra di Cuvio coltiva il suo amore per la montagna. <La montagna è molto di più di una madre energica e severa, è il banco di prova di tutto quello che occorre fare per creare un’armonia>. Dentro quest’ armonia Andrea depone il suo pensiero “Le montagne sono eterne, anche se non immutabili, plasmate dal tempo e dagli uomini, sembrano aspettarci per sostenerci nella fatica dell’ascensione e darci speranza, quando appagati dalla cima, lo sguardo si perde nell’orizzonte infinito, e ancora una volta una preghiera nasce dal cuore”.
Dal taccuin de Cuvi 2019