Vararo, radice celtica var/acqua, è una località che pochi conoscono, pochi, che amano sul serio i gioielli prealpini, quelli che non appaiono, che vivono di umori ancestrali, di respiri leggeri, dove tutto si converte in compiacenze sottili, fatte di poco, ma vero, di pensieri e tradizioni che fanno sentire il loro peso, la loro bellezza, la capacità di riconciliare la confusione con la chiarezza, la stanchezza fisica e cerebrale con una distensione vera e profonda. Era la meta preferita di due fratelli che, al ritorno dall’allenamento ufficiale, rifinivano l’impegno quotidiano su quei tornanti che iniziavano appena fuori dal cancello di casa, dove l’amore per la bici prende subito forma e punta decisamente verso l’alto. Alfredo Binda il campionissimo e Albino Binda, il fedelissimo fratello delle mille battaglie, due uomini forti, legati da un vincolo di sangue e di lotta, di battaglie vissute su strade di fango. Lui, Alfredo, l’eroe del ciclismo mondiale, inarrivabile, imprendibile, capace di piantare in asso gli avversari e di correre come una locomotiva verso il traguardo. Lui, Albino Binda, un fratello /amico, pronto sempre a offrire la spalla per una ripresa di cuore. Due anime sparse nei giochi frenetici della vita, dove ogni vittoria è una conquista che lascia il segno, due fratelli con un unico amore: la bici da corsa. Alfredo l’invincibile, l’uomo dei tre campionati del mondo, dei cinque giri d’Italia, delle Milano Sanremo, il corridore che partiva e faceva perdere le sue tracce, lasciando al fratello l’incombenza di coprirgli le spalle. Alfredo, lo psicologo del ciclismo che doveva mediare, capire, conciliare, favorire il gusto di una comunicazione sempre un pochino più aperta, più adatta alle richieste di un mondo in rapida evoluzione, il direttore sportivo che doveva far coesistere due caratteri fieri e diversi come quelli di Coppi e Bartali, il ciclista che ha dimostrato quanto lo sport aiuti la vita, la renda più nuova, moderna, attuale. Albino, il fratello bravo che viveva nell’ombra, senza clamore, per non disturbare il genio del campione, il ciclista con l’amore per la musica, incollato al suo paese natale come una radice profonda, schivo, preso dalla cose semplici di un paese che vuole conservare intatte le sue storie, il suo passato e il suo presente. Sulla salita di Vararo i due fratelli rifinivano, parlottavano, respiravano a pieni polmoni l’aria di casa, quella che aiuta, che fa capire la sottile bellezza di quello che stai facendo, che sancisce ancora di più un vincolo unico e meraviglioso. La salita di Vararo è impegnativa, dura, a tratti spietata, ma suggestiva, gratificante, odorosa, restituisce emozioni vere, profonde, la gioia di ritrovarsi dove il mondo batte di umori e sapori di una volta, mai banali, scontati, stereotipati. Ogni albero ha il suo profumo, ogni fiore il suo colore, la sua naturale bellezza. Dopo ogni curva c’è sempre la voce suadente del torrente di montagna che ti segue, qualche casa e poi un camino che fuma ancora di legna bruciata. In questo paradiso prealpino Alfredo e Albino Binda rafforzavano i loro vincoli, univano le loro forze, il loro costume, la loro voglia di amare quel mondo in cui erano stati collocati da un destino comune. Vararo vive anche di questo, di essere stata per anni il percorso prescelto dal Campionissimo e da suo fratello Albino per concludere un buon allenamento giornaliero, sull’onda di un grandissimo amore comune.
Brinzio 1926 – Alfredo Binda
Albino Binda
Albino e Alfredo alla partenza della Tre Valli
Partenza della Tre Valli davanti al garage Ambrosetti
Binda e Giradengo
Binda e Guerra