Un’immersione virtuale nelle acque del lago di Varese alla scoperta della palafitta Gaggio Keller a pochi metri dalla riva: questa è una delle proposte, effettuata ad opera dell’archeologa Sabrina Luglietti di Archeo Solutions, che arricchirà la serata di venerdì 6 marzo alle ore 21 in sala consiliare, organizzata dall’amministrazione comunale per illustrare le prime ricerche sulla palafitta, associata al sito transnazionale Unesco “Siti palafitticoli dell’arco alpino”. Finanziate dal comune, guidato dal sindaco Angelo Bertagna, e da Fondazione Comunitaria del Varesotto (bando Arte e Cultura 2018), le indagini si sono svolte sotto la direzione scientifica della dottoressa Daniela Patrizia Locatelli, della Soprintendenza Archeologica Belle Arti e Paesaggio che illustrerà l’importanza dell’intervento, mentre il dottor Paolo Baretti farà una panoramica sui villaggi palafitticoli del lago di Varese. Queste ricerche preliminari hanno permesso di aprire un’altra pagina della vita millenaria del lago. Infatti l’abitato, ad una prima valutazione, sembra appartenere ad una fase del bronzo medio (1600 a. C). “Abbiamo raggiunto gli obiettivi che ci eravamo prefissi -aveva detto la Luglietti al termine dell’intervento- Cioé la perimetrazione dell’area e la topografia del periodo di massima estensione del sito, a cui vanno aggiunti l’individuazione della profondità del lago, il prelievo dei campioni di pali per le analisi che permettono la loro datazione mediante gli anelli di accrescimento, e infine l’osservazione della dislocazione dei manufatti. Sono stati individuati pali di quercia e ontano, residui di probabili recinti, resti ceramici, litici e ossei, lasciati per ora in sito in attesa di specifiche campagne stratigrafiche”. L’archeologa aveva sottolineato l’importanza di due ritrovamenti eccezionali nel contesto delle palafitte varesine: il primo un paletto, infisso nel fondo con la sommità forata per il passaggio di una corda che presumibilmente tratteneva elementi strutturali di una capanna, il secondo un frammento di asse infisso verticalmente e accostato ad un palo di sostegno. La sua importanza sta nel fatto che probabilmente si tratta del primo caso di ritrovamento di un elemento della parte laterale di una capanna. “Entrambi questi resti -aveva evidenziato l’archeologa- testimoniano che gli abitati erano costruiti su terraferma, in riva al lago”. Quindi, può esserci l’ipotesi, che andrà confermata da studi successivi, che le impalcature non fossero costruite sulle acque, come si è pensato finora. Un dato: Galliate ha una tratto di sponda molto lungo: non è detto che non ci siano altri siti da scoprire, considerato che il territorio collinare e paludoso si è rivelato già ricco di scoperte.
Federica Lucchini