Un’altra pagina della vita millenaria del lago di Varese si è decisamente aperta: si sono, infatti, concluse, in questi giorni le ricerche archeologiche subacquee preliminari nella palafitta Gaggio Keller, condotte da Archeo Solution nelle figure di Sabrina Luglietti e Paolo Baretti. Autorizzate dalla dott.ssa Daniela Patrizia Locatelli della Soprintendenza Archeologica, con la collaborazione del Comune, guidato dal sindaco Angelo Bertagna, e della Fondazione Comunitaria del Varesotto, finanziatori dei lavori, completano la conoscenza della ricchezza di vita che c’è stata sulle acque. Si tratta di un sito associato Unesco, a pochi metri dalla riva. “La visibilità delle acque è stata buona, durante la ricerca, nonostante il rapido accrescimento della vegetazione lacustre, tipica di questa fase stagionale, come si può evincere dal filmato pubblicato su Youtube -spiega la Luglietti- Sono stati raggiunti tutti gli obiettivi prefissi che consistevano nella perimetrazione e nella topografia del periodo di massima estensione del sito; inoltre nell’individuazione della profondità del lago, nel prelievo dei campioni di pali per le analisi che permettono la loro datazione, mediante gli anelli di accrescimento, e nell’osservazione della dislocazione dei manufatti. Sono stati individuati pali di quercia e ontano, residui di probabili recinti, resti ceramici, litici e ossei, lasciati per ora in sito in attesa di specifiche campagne stratigrafiche”. Ad una prima valutazione l’abitato sembra appartenere ad una fase del bronzo medio (1600 a. C.). Un’area posta più ad ovest sembra presentare caratteristiche più antiche. “Le attuali ricerche -riprende- hanno fornito due eccezionali elementi inediti nel contesto degli studi delle palafitte varesine. Il primo è costituito da un paletto, infisso nel fondo con la sommità forata, atta al passaggio di una corda che presumibilmente tratteneva elementi strutturali di una capanna. Il secondo è costituito da un frammento di asse infisso verticalmente e accostato ad un palo di sostegno. Si tratta probabilmente del primo caso di ritrovamento di un elemento della parte laterale di una capanna. Entrambi questi resti testimoniano che gli abitati erano costruiti su terraferma, in riva al lago. Si deve quindi abbandonare la tesi romantica delle palafitte costruite mediante impalcature sulle acque? -si chiede- Solo ulteriori studi potranno confermare o smentire le varie ipotesi”. “La giunta comunale -spiega l’assessore Alessio Crespi- ha contribuito con entusiasmo alla ricerca per arrivare a definire i confini della palafitta sul nostro territorio. Abbiamo il tratto di sponda più lungo del lago e probabilmente ci potranno essere altri siti, considerato che il nostro territorio si è già rivelato ricco nella zona collinare e paludosa. Organizzeremo una serata per portare alle conoscenza di tutti le scoperte”.
Federica Lucchini