Dahomey. Per un bambino che negli anni Cinquanta frequentava il convento di Nostra Signora degli Apostoli a Bardello questo era il nome di uno dei tanti stati africani in cui le suore missionarie passavano diversi anni della loro vita ad evangelizzare e ad aiutare le popolazioni. Quando tornavano, raccontavano di un mondo difficile, ma stupefacente. Non avrebbe mai immaginato quel bambino che, decenni dopo, quando ormai quella terra aveva assunto il nome di Benin e dal 1960 aveva ottenuto l’indipendenza dai francesi, lui ne sarebbe diventato il console a Milano, estendendo la sua funzione nel nord ovest dell’Italia. E’ una vita interessante quella di Valentino Del Grande, 69 anni, insegnante, sindaco di Biandronno dal 1980 al 1995 e dal 1999 al 2009 a Bardello e fino al 2014 assessore a Bardello e a Cerro Maggiore. Ha ricevuto a Roma, presso il Circolo Ufficiale della Residenza Militare Pio IX, il premio internazionale alla carriera rilasciato a Ginevra dell’Istituto Superiore di Finanza e Organizzazione Aziendale per meriti sociali e il diploma di Accademico di questa Università alla presenza del Magnifico Rettore e di monsignor Giulio Cerchietti della congregazione dei vescovi. Un riconoscimento riferito alla sua intensa attività in campo diplomatico che lega l’Italia allo Stato africano. E’ interessante conoscere come dalla piccola realtà in cui è cresciuto sia riuscito ad entrare a far parte viva di una comunità con usi e costumi radicalmente diversi. Figura determinante nel suo percorso è stato monsignore Emiliano De Vitali, parroco di Bardello dal 1963 al 1969, profondo conoscitore di questa terra. Con lui fece il primo viaggio a fine anni Settanta, “in un mondo agli albori di quello attuale -spiega- Allora le strade erano di terra battuta, il treno viaggiava a 25 km orari. A parte gli aspetti naturalistici, quello che mi aveva da subito colpito era l’istituzione familiare solida, il legame sociale e la natura docile di ogni singolo individuo. Certo, c’erano anche gli aspetti feticisti e animisti che attiravano la mia curiosità. Una visita ai Tata-Somba con le case fortificate di argilla, costruite a mo’ di castelli in funzione anche di granai, denotava la presenza dei feticci, costituiti da materiali semplici, sassi, legni e con la funzione di allontanare le negatività. Era una cultura semplice, ma affascinante, in un mondo dove per la prima volta vivevo in uno spazio e in un tempo dilatati. E da parte mia è iniziata un’opera di volontariato nell’organizzare raccolte di materiali necessari per gli orfanatrofi, gli ospedali. I miei viaggi sono divenuti più frequenti per verificare che arrivassero regolarmente a destinazione, in modo che i donatori si rendessero conto del fine benefico della loro opera”. Quando nacque l’associazione “Amici del Benin”, presieduta da monsignor De Vitali, a Biandronno e a Bardello, giunsero figure di rilievo della vita beninese: da monsignor Isidoro De Sousa, la cui storia rappresentò un caso rarissimo: fu esentato momentaneamente dalla sua funzione religiosa quando divenne presidente dell’assemblea costituente del suo Stato. Poi monsignor Paul Vieira, monsignor Bernardino Gantin, prefetto delle congregazione dei vescovi e decano del Sacro Collegio a Roma. “Entrai in contatto con Marisa Badinotti, console del Benin -riprende Del Grande- Divenni suo collaboratore, primo assistente a Torino. Poi quando lei decise di lasciare, la sostituii per due anni. Fui nominato agente consolare nel 2014 e infine console nel 2017. La mia attività si svolge a contatto dei tanti italiani che lavorano in Benin, con le Ong italiane. Grazie a loro è stato costruito il più grande e attrezzato ospedale nel nord del Benin che è un’emanazione del Fatebenefratelli di Milano. I beninesi sono inseriti lavorativamente in Italia. Abituati ad essere indipendenti, sono molto dignitosi, sinonimo di intelligenza, di capacità di lavoro, di mitezza. Non dimentichiamo che nella città di Ouidah è stata costruita la cosiddetta “porta del non ritorno”, in memoria delle centinaia di migliaia di schiavi condotti nelle piantagioni del Brasile”. Quale è la bellezza della sua scelta? “Il potersi confrontare con altri mondi. Allora ci si rende conto che i nostri problemi sono spesso legati a liti di cortile”.
Federica Lucchini
Consolato della Repubblica del Benin – Console Valentino Del Grande