Emerge una pagina di storia recente osservando la copertina del libro pubblicato in questi giorni intitolato “Il mio papà”, scritto dalla gaviratese Raffaella Salvan. Una pagina felice di una persona che sapeva irradiare gioia e rispondeva con un sorriso ad ogni avversità. Era il momento in cui Lino, in qualità di banditore durante la festa della Madonna Addolorata, gestiva le operazioni con allegria, creando uno spettacolo con le sue battute e contribuendo ad alzare sempre la posta a favore della chiesa. E’ bello sfogliare il libro: si comprende come la semplicità e lo spirito di servizio siano doti potenti per dare origine a una vita ricca in cui le difficoltà diventano mezzi per elargire forza e inventiva. Ricordarlo mentre preparava la polenta in quell’enorme paiolo che conteneva 35 kg di farina, durante la festa degli Alpini al Lazzaretto, sudato, ma sempre energico, o quando preparava i tortelli di san Giuseppe all’Acli, una quantità enorme che veniva apprezzata, è solo la parte più conosciuta, come quando portava la statua della Madonna nelle processioni. Ricevette il “Giovannino d’oro”, quella onorificenza che veniva assegnata dalla parrocchia alle persone che si erano distinte per la loro preziosa opera. E lui la svolse per ben 50 anni. L’autrice, dietro questa immagine pubblica, ce ne svela diverse con quell’amore filiale che sa di gratitudine e orgoglio: così presenta il padre bambino, classe 1925, nato a Carceri d’Este, mentre soffre le disuguaglianze, come figlio di antifascista (ad eccezione di una maestra che dietro la lavagna gli offriva un uovo conoscendo le sue condizioni di denutrizione), il padre che diventa corriere dei partigiani del delta del Po: di giorno vive nascosto sotto le radici di un grande albero in campagna e di notte traccia solchi per deporre lumini accesi che indicano la via giusta agli alleati che gettano viveri e armi. Infine il padre archeologo, che per caso scopre una necropoli risalente al V secolo a.C. di 43 tombe. Così per due anni dal 1946 al 1948 il lavoro è stato assicurato.
Federica Lucchini