Premessa ed introduzione: “Come dici tu ci sarebbe una marea di cose da scrivere sul nonno, ha fondato anche il teatro sociale di Varese, attore, regista e scenografo, pensa che un suo allievo è stato Enrico Maria Salerno….”
Queste sono le parole scritte a commento di questo articolo da Maria Talamoni, la nipote di Giuseppe, cui ho fatto leggere in anteprima questa dedica per avere un suo parere. Anche le foto me le ha date lei da allegare all’articolo. Per questo la ringrazio infinitamente.
Il tempo non ci ha fatti incontrare personalmente. Siamo stati destinati a vivere due periodi storici differenti. Ma lo considero un amico. Avrei tanto voluto guardarlo negli occhi, ascoltare la sua voce che esprimeva pensieri a me affini, percepire nell’aria la sua grande creatività proprio appena prima di concretizzare ciò che poi sarebbe diventato storia e culto. C’è chi avrebbe voluto conoscere Marilyn Monroe, chi Elvis Presley, io invece avrei voluto conoscere Giuseppe Talamoni.
Parlare di lui è un po’ come mantenere un filo logico identitario della storia artistica locale.
Giuseppe Telamoni fu un vulcano di idee, un artista a trecentosessanta gradi e riempì a suo tempo tutti i tempi di colori assortiti che attingeva dalla sua tavolozza di pittore e disegnatore, colmò il vuoto di parole musicate dedicandole alla terra bosina con sensibilità e amore infiniti, usando la lingua del luogo con rime a volte commoventi altre esilaranti, si attivò nella creazione di nuovi spazi, gruppi ed eventi, ove la creatività di ognuno potesse avere spazio adeguato per esprimersi, contribuendo alla nascita di quello spirito tutto bosino di attaccamento all’essere appartenente al proprio spazio. Ognuno ha il suo posto. Il posto a lui destinato, ove può essere se stesso rispettando gli altri. Lui lo ha trovato nella sua Varese e a Varese ha dato tanto.
Nato nel 1886 a Monza, fu artista poliedrico abbracciando la pittura e la poesia. In entrambe eccelse in maniera così esponenziale da essere ancora acclamato e ricordato per entrambe in egual misura. Nel 1927 creò il Gruppo Folkloristico Bosino, disegnandone i costumi dopo attente ricerche storiche e firmando buona parte del repertorio poetico musicale tuttora cantato con orgoglio dallo stesso gruppo. Disegnò anche la maschera bosina del Pin Girometta, che divenne ufficiale grazie ad un concorso che vinse nel 1956, ispirandosi, anche in questo caso, ad un personaggio eclettico tale Giuseppin (Pin) detto Girometta in quanto inventò nel 1700 questo portafortuna fatto di pane azzimo e piume colorate che vendeva come ambulante insieme a ciò che serviva alle massaie per cucire e rammendare. Inventò anche il concorso dei Presepi, per sviluppare la creatività di tutti i cittadini e per questo Varese ebbe un’onorificenza dal Papa. Non ho detto tutto. Quante altre cose probabilmente non so e vorrei conoscere…. Ora voglio fare parlare il cuore, ricordando il testo da lui scritto e musicato da Sciorilli che da dimostrazione della grande sensibilità ed attaccamento al suo paese, la sua terra, quella terra che dovrebbe ricordarlo un po’ di più con orgoglio.
“Ur me Paes l’è un Paradis”
(testo di Giuseppe Talamoni)
Sa ma disessan asculta un bott ti tusa
ta menum via da chi in d’un alt’ Paes
Par farti fa ‘na siura par ‘na a spusa
‘mi ti mo des un Princip o un Marches
Ma sii malà in dur co rispundaria,
mi sto tropp ben chi inscì ma mövi mia
Sun scià in d’un sitt c’al paar un Paradisi
in mezz a l’aria fina al verd e ai fiur
Cul lach ca specia i munt senza fa un sfrizz
in mezz a tanta grazia dur Signor
In dua gh’è pan salü paas e ligria
e mi mövas da chi ma insogni mia
Che Princip e Marches di me zibrett
‘n’hu assè dur me tugnin c’al ma vör ben
E ca l’è bell, l’è fört e balussett,
n’hu assè da vess contenta a fa i me fen
E pö s’al sa saves da vultà via,
mi no dur me Paes ma mövi mia!
Diana Ceriani