DUE CHIACCHIERE CON IL DOTTOR MILOS KOGOJ, IL MEDICO QUASI NOVANTACINQUENNE CHE TI SORPRENDE OGNI VOLTA
Il dottor Milos Kogoj, un medico davvero speciale
Nella superficialità che ci contraddistingue siamo spesso portati a pensare che l’anziano appartenga a un passato ormai lontano, in realtà non c’è nulla di vero in tutto questo, perché il passato, anche quando sembra lontano, può diventare il punto di partenza per un viaggio alla scoperta di quel mondo interiore che non finisce mai di stupire, basta saperlo individuare e leggere con il dovuto amore. Un esempio? Certamente il dottor Milos Kogoj, medico quasi novantacinquenne, che vive con la freschezza mentale e la curiosità intellettuale di un giovane che scopre l’amabile bellezza di una cultura che si rinnova quotidianamente. Lo incontro in un fresco pomeriggio di agosto inoltrato, subito dopo la pennichella, nella sua biblioteca privata, dove non manca mai l’ultima edizione del quotidiano e il libro appena uscito. Il dottore ha le sue simpatie, ma ha uno spirito aperto, molto adatto al confronto intellettuale, non pone limiti o confini, continua a perorare la causa della multietnicità della cultura, cercando sempre di indagare se esista la possibilità di conferme attendibili, di risposte plausibili alla sua sete di conoscere e di sapere. Quando ci incontriamo parliamo di molte cose, i temi preferiti riguardano la sfera umana dei valori, la loro applicabilità, la difficoltà di una loro oggettiva incarnazione, ma il tema della vita gioca un ruolo determinante. Chi l’ha curata per molti anni con il giusto amore ne conosce perfettamente vantaggi e svantaggi, sa dare il giusto peso alla sofferenza, sa posizionare con garbo interrogativi e attese, sa stemperare l’ansia, quella strana forma di mistero emotivo che ci perseguita e ci attanaglia. E’ tra questa dialettica e un po’ sospesa dicotomia che inseriamo e affondiamo la nostra indagine personale, cercando di focalizzare il punto cardine, quello da cui partire per tentare una ricostruzione attendibile della nostra realtà. Inutile dire che il dottore ha la rarissima capacità di non prevaricare mai l’interlocutore, lo ascolta, ne elabora le definizioni e poi si svela, apre le porte del suo conscio e del suo inconscio, facendoti capire che la verità, quando esiste, ha sempre due facce, due modi a volte concomitanti e a volte contrastanti di confronto. Per questo lo ascolti volentieri, per capire come da quell’anima rimasta integra possa uscire così tanta capacità di elaborare positivamente la condizione umana, fornendo sempre una nuova chiave di volta per osservarla, definirla, alimentarla e renderla più capace di rispondere alle difficoltà del genere umano. Gli riporto il libro del cardinal Biffi, un rarissimo esempio di trasposizione teologica in chiave analitica del racconto di Pinocchio, glielo consegno con il mio giudizio personale, proferendo parole di avanzata accondiscendenza e lui ne ha subito pronti due, uno di Aramburu, che ha appena letto e uno di un famoso neurologo, sulla Musicoterapia. Quando te li consegna significa che forse esige un riscontro, si attende che tu gli dica qualcosa di tuo personale su ciò che lui ha già ampiamente elaborato anche sul piano critico. Inutile affermare che la sua preparazione classica lo aiuti e lo stimoli ancora tantissimo, non per nulla tra i suoi prediletti c’è la filosofia greca, la scienza mediterranea, la storia di Roma e poi c’è tutta quella bella letteratura slovena che lo riporta nei luoghi natii, dove ha respirato la cultura degli avi e dove ha imparato a dare il giusto peso e la giusta valutazione alle cose e agli eventi della vita. Spesso le nostre discussioni vertono sulla materia religiosa, sull’educazione che abbiamo ricevuto, si tratta di una conservazione necessaria per non perdere mai il filo, magari anche quando il filo a furia di essere tirato diventa sottile e richiede rammendi riabilitativi. C’è nel dottor Milos una profonda venerazione nei confronti della madre e del padre, dei quali conserva parole e frasi ripetute, che danno il senso di una umanissima e attentissima religiosità. E’ incredibile, quando ricordando la madre ne sottolinea una frase diventata mito: “Sarai come ti sarei messo la paglia”. Me la racconta spesso con orgoglio, riavvolgendola ogni volta di nuove sfumature, perché la metafora si presti al gradito gioco delle immagini, alla ricomposizione di ricordi che altrimenti finirebbero negli angoli polverosi dell’archivio privato. Mi piace ascoltarlo, perché il suo racconto è fluido, ricco, pieno, amabile, sempre nuovo, anche quando approda a lidi già conosciuti e indagati. Ieri era preso dall’articolo di Vittorino Andreoli, psichiatra e umanissimo coltivatore, indagatore e sollecitatore di comportamenti e di studi sulla psicologia e sulla meravigliosa espressività della natura umana. Abbiamo convenuto sulla positività dell’analisi dello scienziato e il passaggio alla valutazione di uno stato dell’arte della nostra società è diventato inevitabile. Il giudizio generale non muta, è sulle difensive, sono tempi difficili, in cui il mondo cambia rapidamente persino senza sapere dove andare e quale posizione precisa assumere, ma va, corre e stargli dietro diventa un’impresa quasi disperata. Ma il compito della cultura è anche questo, quello di tentare di anticiparlo per quanto è possibile, cercando rifugio, protezione, ma anche slancio per uscire dai luoghi comuni, dalle frasi fatte, dall’idea che nulla si possa modificare realmente. Il dottore è un grande assertore della dialettica, della costruzione, dell’analisi e della sintesi, cerca sempre una risposta di natura personale, suscitando il mio giudizio, la voglia di dire quello che penso, riconducendomi su strade già percorse, ma con l’animo sempre nuovo di chi si sente coinvolto, richiamato. Il dottor Kogoj è un medico quasi novantacinquenne con lo spirito acceso dell’educatore, è un trasmettitore di ebbrezza educativa, di entusiasmo, di voglia di esserci e di comunicare, ha la rarissima capacità di non farti mai sentire a disagio, neppure quando sull’esito scientifico della configurazione umana ti rendi conto che seguirlo non è sempre facile, richiede armi che non stanno nel tuo zainetto. Un pomeriggio pieno, un passaggio di dosaggi per cercare di rendere più vero e attento un mondo che tende a svilirsi, a consumarsi, a frantumarsi in una infinita serie di tecnologie irrisolte, incapaci spesso di dare risposte esaurienti alla richiesta di felicità umana.
Il dottor Milos Kogoj è nato a Bilje, in Slovenia, il 12 dicembre 1923. Dopo essersi laureato in Medicina all’Università di Pavia è approdato all’Ospedale di Cittiglio per tre anni. E’ stato quindi a Villa Adele per due e poi ha intrapreso la sua attività a Cittiglio, dove ha esercitato per 45 anni la sua professione medica. Molto amato dalla popolazione per la sua disponibilità ad aiutare il prossimo, è stato il primo medico dell’AVIS Medioverbano. E’ stato presidente del Corpo Musicale di Cittiglio e della Delegazione della Lega Italiana Per la Lotta Contro i Tumori, della Valcuvia. Per venticinque anni è stato responsabile medico del settore giovanile del Varese Calcio. Pensionato, è molto attivo nel volontariato sociale e nella promozione dei valori culturali della musica, alla quale dedica tutta la sua passione e la sua capacità organizzativa. Ha trovato a Cittiglio quell’identità italiana che è stata il sogno della sua vita.