“Noi offriamo un’area di protezione, rispettando la loro libertà”. Sta parlando dei pesci persici Paolo Giorgetti, amministratore della Cooperativa Pescatori del lago di Varese. Fra poco, assieme al padre Ernesto, pescatore professionista, stando ognuno su due barche separate e quindi a debita distanza, posizionerà nelle acque tra la riva di Cazzago Brabbia e l’isola Virginia, a quattro/cinque metri di profondità, un grosso cubo di 8 metri per lato e 5 di profondità, costituito da una rete e ancorato al fondo. Si tratta di un rifugio posizionato in prossimità delle legnaie, luogo preferito, assieme ai canneti sempre più rari, per la deposizione delle uova di questa specie che avviene ora in primavera. La finalità della realizzazione, ideata dal papà e finanziata quattro anni dalla Fondazione Cariplo, quando per la prima volta questo riparo è stato immesso nelle acque, è quello di consentire ai branchi dei piccoli persici di sopravvivere all’assalto dei predatori, principalmente i cormorani che ne fanno razzia nei primi mesi di vita. In questo modo si innesca un ripopolamento progressivo dei persici e si riequilibrano le specie ittiche all’interno del lago. “Per i piccoli l’opportunità che noi offriamo diventa interessante -afferma Paolo- considerato che rispetta la loro libertà. Lascia loro agio di muoversi in 320mila litri d’acqua. Le maglie larghe della rete non permettono ai predatori -luccioperca, lucci, persici stessi di grosse dimensioni- di potervi entrare. Appena dischiuse le uova, dopo 15/20 giorni dalla deposizione, c’è necessità di protezione. Rispettiamo -sorride- il loro “libero arbitrio”. Potrebbero anche uscire, ma il loro istinto di sopravvivenza fa sì che rimangano all’interno”. Oltre i canneti rimangono loro pochi posti dove sentirsi al sicuro, come la parte inferiore delle barche o sotto i pontili. “C’è un altro luogo per loro utile -continua Paolo- ed è rappresentato da una specie infestante che sono i fiori di loto. Si nascondono sotto le foglie e i lunghi steli assumono per loro la funzione delle canne. Nelle estati scorse con la telecamera ho voluto documentare la vita all’interno del rifugio. Ed è stata impressionante la vista del numero di pesci: un ribollire d’acqua dovuto alla loro presenza” C’è inoltre una curiosità: il luogo dove è posizionata questa “antigabbia” è privilegiato dai pescatori dilettanti. I predatori dei persici, che si aggirano attorno, senza riuscire nell’intento di catturarli, finiscono loro stessi preda dei pescatori. La rete, costruita da un retificio sul lago di Iseo, seguendo le indicazioni dei Giorgetti, verrà tolta nel mese di novembre, quando i persici, giunta la stagione fredda, si saranno riparati nel fondo delle acque alla profondità di 10/12 metri. Padre e figlio ne cureranno la manutenzione, avendo l’obiettivo di usarla per molti anni a venire. “Il nostro progetto -termina Paolo- ha anche la finalità di dimostrare la reattività dell’ecosistema lago che cerca, stagione dopo stagione, di ritrovare un equilibrio compromesso”.
Federica Lucchini
I persici, della famiglia dei Percidi e dell’ordine dei Perciformes, si riproducono in primavera deponendo uova in un nastro gelatinoso di colore biancastro che viene generalmente deposto sulla vegetazione acquatica o sui sassi in prossimità delle rive. “La deposizione sulla vegetazione -afferma il professore Marco Saroglia, coordinatore di progetti di ricerca presso il Dipartimento di Biotecnologie e Scianza della Vita (DBSV) dell’Università dell’Insubria- garantisce una migliore sopravvivenza rispetto alla deposizione sul fondale, presumibilmente per una migliore ossigenazione. Oltre all’eutrofizzazione e alla presenza non controllata di numerose specie alloctone in competizione, una cattiva gestione della vegetazione sommersa e le oscillazioni di livello delle acque sono tra le cause della diminuzione delle specie nel lago di Varese. Infatti, tra i principali fattori che possono incidere negativamente sulla sua diffusione e abbondanza sono il degrado della qualità dell’acqua e il prelievo eccessivo- A questi vanno aggiunti la modificazione degli habitat, come le alterazioni delle sponde, la riduzione della vegetazione acquatica, le oscillazioni di livello. Da ultimo l’introduzione di specie ittiche esotiche , tipo scardola, pesce gatto, boccalone, siluro. Il persico reale -continua il docente- è un predatore anche se non al vertice della catena alimentare. Infatti è predato a sua volta da alcune specie di maggiori dimensioni, quali il luccio e il siluro. Inoltre -termina- è molto sensibile a tutti i cambiamenti che coinvolgono la sua catena alimentare che nei primi stadi di vita si basa su larve di insetti, per poi passare ad una alimentazione ittiofaga”.
Federica Lucchini
“Presso l’Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Biotecnologie e Scienza della Vita (DBSV) gli studi sulla biologia dei pesci proseguono sotto la direzione della prof.ssa Genciana Terova -spiega il prof. Marco Saroglia, coordinatore di progetti di ricerca- Benché in questo periodo l’attività sperimentale sia forzatamente bloccata, il gruppo di lavoro continua, pur da remoto, a lavorare su progetti di ricerca finalizzati allo sviluppo di mangimi sempre più sostenibili per l’allevamento ittico in condizione di benessere, grazie al progetto europeo Horizon 2020 AquaImpact, in collaborazione con 19 Paesi europei. Inoltre, coordina il progetto nazionale delle Fondazioni di origine Bancaria AGER 4F. Non appena le attuali restrizioni di sicurezza sanitaria verranno rimosse, il gruppo della prof. Terova sarà pertanto immediatamente pronto a ripartire con la ricerca di laboratorio e su campo, al fine di sperimentare le formulazioni ed applicazioni biotecnologiche da economie circolari, progettate a tavolino. Si tratta di tecnologie atte a consentire la produzione ecologicamente sostenibile di pesce di elevata qualità nutrizionale, ricco di acidi grassi polinsaturi omega-3 ed antibiotic-free. Le stesse ricerche, utilizzando il pesce come modello animale, non mancano di produrre nuove conoscenze applicabili anche nell’alimentazione umana -continua- Sono queste conoscenze che derivano dagli studi sul metabolismo e sul potenziamento delle difese immunitarie, mediante il controllo del microbioma intestinale, una linea di ricerca ormai universalmente riconosciuta prioritaria per la salute umana, oltre che degli animali in allevamento. Un indirizzo di ricerca di così ampia visione, è reso possibile grazie alla particolare configurazione del DBSV dell’Insubria, Dipartimento Universitario dove biologi, biotecnologi e medici, lavorano a fianco a fianco sotto la direzione del prof. Luigi Valdatta”, termina.
Federica Lucchini