Fra tutte le favole che si sono tramandate di generazione in generazione, quella che senz’altro appartiene di più alla nostra zona, alle nostre valli è senz’altro quella del Giuanin senza pagùra, un eroe delle leggende popolane dalle mille fantastiche avventure, capace di venire a capo di ogni situazione più inverosimile con artefici inimmaginabili, o risolvere difficoltà incredibili grazie alla sua forza erculea.
Il Giuanin sta sempre dalla parte dei deboli e dei poveri perennemente oppressi dalla fame, dalla miseria e dalla fatica; lotta contro i potenti e i prepotenti, sfida e vince le tenebrose potenze che intimoriscono i contadini; streghe, maghi, orchi facendo alla fine trionfare il bene e la giustizia.
E’ anche un perenne attaccabrighe sempre preso a rincorrere qualche gonnella, possiede uno stomaco insaziabile, una furbizia senza pari e non è mai stanco.
Si tratta di una saga trasmessa oralmente per secoli, che risale forse ai tempi dei Celti, raccontata, rigorosamente in dialetto, dai nonni nelle lunghe sere invernali, accanto al camino o al tepore di una stalla, e a ogni avventura, qualche nuova peripezia veniva aggiunta dal narratore per rendere sempre interessante la vicenda. Qualcosa che le moderne telenovelas della TV hanno copiato.
È stato Gregorio Cerini, istrionico affabulatore d’Arcumeggia, scrittore dialettale e autore di commedie, a mettere per iscritto le vicende del Giuanin che altrimenti, ne siamo sicuri, si sarebbero perse. E a lui cediamo la parola per sentire com’era il Giuanin senza pagura.
Tratto da “Ul Giuanin senza pagura d’Arcumeggia”
di Gregorio Cerini,
ASCK Edizioni.
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