Chi è attento ai fatti di casa nostra si è reso conto che i giovani guardano alla politica con diffidenza, quasi con rabbia, non ne sopportano le ambiguità e una storia che spesso diventa conflitto, antagonismo, malessere, diffidenza. Hanno torto? Certo che no, esprimono con la chiarezza tipica dei giovani quello che il cuore suggerisce loro in base a quello che vedono, sentono, osservano, perché i giovani non sono sprovveduti e superficiali come certi adulti pensano. Abbiamo attraversato tutti quel periodo meraviglioso, ma anche un po’ sfuggente e imprevedibile che è la giovinezza. Tutti ci siamo buttati in quell’energia sociale dell’idealismo con l’intento di cambiare il mondo, ci siamo messi a disposizione, abbiamo creduto e partecipato, ma com’è stato difficile far capire che tu eri diverso dagli altri perché nella legalità, nell’onestà, nell’impegno sociale e morale ci credevi davvero, ne eri convinto e coinvolto, vivevi quell’entusiasmo che passava sotto i tuoi occhi e dentro il tuo cuore con la gioia di chi si scopriva improvvisamente importante come persona e come cittadino. Dare importanza, valorizzare, motivare sono infiniti che contengono la saggezza del mondo.
Spesso le persone, i giovani soprattutto, vengono giudicati in modo approssimativo. Chi ha il difficilissimo compito di farlo, a volte non ne conosce fino in fondo le potenzialità, così diventa più facile volgere lo sguardo dove il terreno è già fertile, predisposto a varie forme di proselitismo. Ogni giovane ama sentirsi importante. L’importanza non è quella che si lega alle cariche, al successo, alla ricchezza, ai ruoli, ma al riconoscimento della propria identità sociale, sentirsi riconosciuti come membri attivi di una collettività, utili, capaci di realizzare, collaborare, di essere cittadini che vogliono capire se il mondo che li attende è quello di cui hanno sentito parlare in famiglia, a scuola, nelle associazioni e nella vita di tutti i giorni. Una società in crisi perde di consistenza etica, viene a mancare quell’armonia che alimenta il sistema relazionale, le distanze si fanno sempre più profonde, fino a creare “pianeti” tra loro antagonisti, che possono arrivare al punto di negarsi, di creare vuoti difficilmente colmabili. Un tempo esistevano i “filtri”, creati per ridurre le distanze, per mutuare le attese e le aspettative, per dimostrare che si diventa grandi ridisegnando ogni volta un percorso che assume via via nuovi volti e nuovi significati. In parrocchia, ad esempio, i grandi stavano spesso con i più giovani, condividevano le attività sportive, gli eventi, le passeggiate, i momenti di crescita intellettuale e sociale. Si creavano utilissimi passaggi di umanità e di esperienze.
La presenza del mondo adulto nelle attività di noi ragazzi dava valore a quello che facevamo, ne eravamo fieri, ci sentivamo seguiti, osservati, anche richiamati, ma sapevamo che quei grandi erano lì per noi, per condividere sul campo, rinunciando spesso alla famiglia o alla fidanzata. Non ci sentivamo mai soli. L’attività sportiva occupava una parte fondamentale della nostra vita. Nello sport e con lo sport imparavamo a conoscere meglio noi stessi e gli altri, si creavano momenti di grande passione, di grandi entusiasmi, al punto che anche un semplice campetto di periferia diventava uno stadio olimpico. Uno dei grandi segreti del buon vivere era la vita all’aria aperta, le mille iniziative vissute, i programmi, i progetti, tutto contribuiva a unire, a incrementare, a far maturare personalità in cerca di affermazioni. Diventare grandi non è mai stato facile per nessuno, ha sempre richiesto attenzione, presenza, generosità e disponibilità. Un tempo creare un sistema educativo convergente era fondamentale, lo sapevano tutti, la famiglia, la scuola, la società civile e lo stato. L’unità era fatta di condivisione. A scuola, ad esempio, se avevi sette in condotta, andavi a ottobre con tutte le materie, dovevi studiare durante l’estate, con pochissime possibilità di spuntarla. La scuola non scherzava e la famiglia pure. Il rispetto era la fonte e la base della formazione comunitaria: rispetto per i genitori, per le autorità, per l’arredo urbano, rispetto nei confronti di se stessi e degli altri. I ragazzi crescevano con una forte dose di autostima, la cercavano continuamente e spesso la incontravano, sapendo però che se la dovevano guadagnare a testa bassa, dimostrando di esserne all’altezza. Famiglia, scuola, società civile e stato erano agenzie convergenti sui valori da seguire per vivere in una società a misura d’uomo.
C’era un forte impegno comune su diversi fronti. Si cercava in tutti i modi di ridurre al minimo i tempi morti e le solitudini conseguenti. Molto importante era lo studio, non solo a scuola, ma soprattutto a casa. I compiti erano molti e impegnativi, ma creavano le condizioni per sviluppare la fantasia, l’arte, il disegno, la pittura, la musica, la ricerca storica, i lavoretti pratici, la vita in comune, creavano anche momenti di riflessione sulle opportunità, su cosa poteva suscitare interesse o curiosità. Si imparava a studiare insieme, a fare i compiti insieme, a volte si coinvolgevano gli adulti di casa: genitori, nonni, zii, cugini, parenti, insomma la società era molto organizzata, compatta, ben amalgamata. Le famiglie erano piccole aziende dove ognuno aveva un ruolo specifico da gestire e il lavoro era la chiave di volta della felicità. Studiare, lavorare, tutto era convergente rispetto all’assunzione di responsabilità sociali da esercitare. DARE IMPORTANZA è una straordinaria risorsa educativa che riscalda l’animo e aiuta a crescere. Ogni essere umano ama sentirsi valorizzato. Chi ha insegnato sa quanto i giovani, soprattutto quelli provenienti da situazioni familiari difficili, ci tengano a essere protagonisti della storia che stanno vivendo. Il problema vero è che a essere valorizzati non sono sempre quelli che meritano. I bravi e i meritevoli in molti casi danno fastidio a chi ha già la strada spianata. Ci vuole più fiducia. Purtroppo viviamo in un mondo che ha perso per strada la stima, che ha perso di vista la missione e che preferisce deviare, riducendo così la sua spinta motivazionale. Bisogna guardare alle persone come a esseri umani. La persona vuole sentirsi accolta e amata e per questo ha bisogno di chi la sappia orientare. Mettere al centro l’uomo è fondamentale per ripartire, per ridisegnare un mondo meno ipocrita e più democratico. Deve cambiare soprattutto il modo di far cultura. Bisogna affrancarsi da varie forme di predestinazioni elitarie, dal servilismo e dalla schiavitù intenzionale, dalle prevaricazioni e dalle furbizie, restituendo all’essere umano la sua dignità, la sua capacità di essere, di poter diventare parte attiva e operosa di una comunità sempre più grande. Oggi mancano moltissimo l’entusiasmo e la gioia di vivere, in molti casi si fanno le cose per continuare a farle, per dimostrare a noi stessi che siamo molto bravi, ma non riusciamo più a trasmettere quell’energia motivazionale dal volto umano che potrebbe fare la differenza.
Motivare è sinonimo di incoraggiare, stimolare, aiutare a capire, orientare. Ci sono diversi modi per motivare, lo si può fare con la parola o soprattutto con l’esempio. Chi è stato giovane sa quanto gli esempi positivi abbiano giocato ruoli fondamentali nella crescita e nella vita delle persone. La società in cui viviamo è troppo individualista, troppo legata all’interesse privato, troppo vincolata a schemi, strategie, archetipi, stereotipi, non incoraggia, manca di passione, di voglia di buttarsi, di provare, di mettersi a confronto. L’iniziativa politica non nasce da sé, ci deve essere qualcuno che la insegni e la coltivi. Avviare i giovani alla politica intesa come amministrazione della cosa pubblica è un dovere, è forse uno dei modi più importanti per far capire la realtà in cui viviamo, contribuendo a renderla sempre più attenta ai bisogni e alle necessità delle persone. Nonostante i tempi difficili bisogna tornare a insegnare, a credere, ad aver fiducia, a trasmettere valori, a far capire che la bellezza di un paese sta nella sua unità, nella sua capacità di saper attivare tutte le forze in campo, nella convergenza verso obiettivi comuni, capaci di ridare un volto alla forza coinvolgente dell’energia giovanile