– Mettere in gioco la propria umanità portando Cristo nel lavoro. E’ stata densa di valori la serata nel salone dell’oratorio di Bobbiate durante la quale, invitato dal parroco don Mauro Barlassina e dal centro culturale San Grato, il professore Guido Bonoldi, primario di Medicina interna all’Ospedale di Busto Arsizio, ha illustrato la sua attività di medico, filtrata attraverso l’esperienza cristiana. “Testimonianza di un cristiano nella vita professionale”, questo il titolo dell’incontro che ha visto una partecipazione intensa. “Tutto quello che sono è dono di un Altro”: con questa premessa Bonoldi ha iniziato l’illustrazione della propria esperienza all’insegna dell’umiltà. “Scusate se parlerò di me stesso; non è per esibizionismo, ma perché raccontare di me significa raccontare di Lui. Il bello della medicina è il rapporto con il paziente: un aspetto impegnativo, che mette in gioco tutta la propria umanità, ma anche l’aspetto più affascinante. Cristo è venuto per svelare all’uomo il suo volto, il suo valore. E se questo lo comprendi su di te, lo scopri anche nell’altro. Avere il senso del valore tuo e dell’altro in un lavoro come il mio, in cui l’oggetto del lavoro è un soggetto, che è uguale a me, facilita il rapporto con il paziente, il quale si accorge subito dello sguardo che porti su di lui, dell’attenzione alla sua interezza; e inoltre evita la frustrazione di doversi occupare di qualcuno per il quale non si ha nessun interesse”. Bonoldi ha poi posto l’attenzione sull’esperienza professionale come parte della realizzazione di sé. “Il lavoro non ti esaurisce solo se ti costruisce. E il mio lavoro mi costruisce attraverso l’apprendimento continuo, attraverso l’esperienza clinica. E chi è che ti insegna attraverso la realtà, anche quella difficile e dolorosa? E’ il Signore. Ma che cosa si aspetta Gesù da noi? Solo che siamo bravi professionisti, o qualcosa di più?”. E il valore della testimonianza cristiana è stato nel percorso della fede vissuta quotidianamente, nell’importanza anche del più piccolo gesto, che acquisisce un valore incommensurabile nella memoria della sua Presenza. Vivere, dunque, la letizia anche nella malattia, nel gusto di ricominciare ogni giorno, nella disponibilità al nuovo. “Mia madre Marisa, che prima di ammalarsi era un membro attivo del centro culturale, in questo è per me un grande esempio”, ha concluso Bonoldi.
Federica Lucchini