Domenica 12 giugno alle ore 15 nel Museo Salvini si vivrà un privilegio: verrà aperto in via straordinaria lo studiolo del pittore Innocente (1889-1979), definito dal critico Innocente De Grada “il piccolo Van Gogh locale”, mentre Piero Lotti, con il pittore Michele Ferrari, avvalendosi di frammenti di spolveri e cartoni originali, illustreranno l’opera di restauro del ciclo degli affreschi del maestro. L’iniziativa è organizzata nel contesto di “Archivifuturi”, festival degli Archivi del Contemporaneo, di cui il capofila è il Maga di Gallarate. Bisogna entrare in punta di piedi in quell’ambiente minuscolo, raccolto e privatissimo: si deve bussare alla porta quando si penetra nell’intimo di una persona. Le sue segrete cose, anche quelle che mostrano l’uso quotidiano -quei tubetti di colori piegati e conservati in scatole di legno consunto- sono lì a testimoniare il suo fervore creativo. Era il locale più caldo del mulino sul torrente Viganella, che gestivano i genitori e i fratelli. Ma era soprattutto il più caldo perché qui sono conservati su un tavolo i suoi “lari”: quelle maschere funerarie dei suoi famigliari, realizzate da lui stesso in gesso. Qui, nei recessi dell’animo di Salvini, si manifesta il suo rapporto con la morte: durante la veglia funebre dei famigliari stendeva sui loro volti con gesti delicati, che trasudavano affetto, un velo che ricopriva con il gesso. Così sono tutti lì, nel luogo dove hanno lavorato, si sono amati. Intense le parole di Angela Viola che accompagnerà nella visita, assumendo le vesti di Salvini: “E fra tutti, forse la più importante e preziosa è la mano di mia madre: ogni volta, sfiorandola, rivedevo le sue fatiche, l’operosità silenziosa di questa piccola grande donna alla quale ho sempre saputo di dovere molto, quasi tutto. Amore grande della mia vita, complice e tenace, ha guidato i miei passi e mi ha sorretto nelle cadute, come una roccia solida alla quale mi sono aggrappato”. La religiosità del pittore emerge in quell’immagine della Madonna datata 1885, appesa accanto alla finestra. Ma è poi negli strumenti da lavoro che si comprende la creatività e la manualità sicura. C’è quel macinello, ancora così ben conservato, che attira l’attenzione: simile a un pestello, con la forma piatta, il pittore lo faceva roteare su una lastra di marmo, appoggiata su un piano. Serviva a dare origine ai colori ad olio. Domenica l’altro grande capitolo riguarderà la conclusione dei restauri degli affreschi, simbolo dell’universo di Salvini sulle pareti esterne del mulino, ad opera del Lotti. Rappresentano “La famiglia”, dipinta nel 1946, “La quiete” nel 1947, “L’attesa”, nel 1960, il “ritorno a casa” nel 1961, “Giuseppe e mamma Francesca” nel 1968. Il progetto è stato finanziato dalla rete “Archivi del Contemporaneo – Lombardia Terra di Artisti, che è risultato vincitore dei P.I.C. (Piani Integrati della Cultura) 2020/2022, attuati da Regione Lombardia, con Fondazione Cariplo, e con capofila il Museo Maga di Gallarate. “I restauri che seguono a distanza di venti anni gli ultimi, realizzati con fondi di Fondazione Cariplo -spiega Lotti-si sono resi necessari per fermare le cause di degrado (umidità di risalita e polverizzazione del colore) e per restituire la corretta lettura del testo pittorico. Questo perché la tecnica del pittore non era a buon fresco. Aveva concluso le opere con abbondanti ritocchi a secco”.
Federica Lucchini
Da Internet
Foto da internet di Doride Sandri