“Abbiamo il dovere di raccogliere il desiderio di aiutare le persone in sofferenza che fortunatamente tanti giovani ancora manifestano e non ci dobbiamo meravigliare se questo desiderio è a volte connotato dall’impazienza, dall’ingenuità, dalla temerarietà, caratteristiche tipiche dell’età giovanile. Esse non generano solo disastri, sono anche quella forza che ha il potere di spingere la storia, di scardinare equilibri comodi, ma vecchi e mortificanti, che imprime alla vita di tutti una salutare scossa e comunica il coraggio della novità”.
E’ una riflessione serena e pacata, sviluppata con molta umiltà, quella del parroco don Piero Visconti sulle pagine dell’Informatore parrocchiale, di prossima distribuzione sulla vicenda di Greta Ramelli. Parole incisive, come è nel suo stile e nel solco dell’educazione di una “Comunità Cristiana chiamata a porsi come Comunità Educante”. Sono lontani i rumori della settimana scorsa: “Ciò che mi ha rattristato – prosegue nello scritto – sono state le parole fuori misura, frutto di un pensiero rozzo e non cosciente dei suoi limiti. Si è espresso con frasi di sicuro effetto, ma anche eccessivamente semplificatrici e non rispettose della complessità e quindi della verità delle cose. E ciò che più rattrista è arrivato all’insulto, che senz’altro non fa crescere nessuno e toglie dignità a tutti: a chi lo riceve, ma anche a chi lo pronuncia”.
E’ nel dialogo intergenerazionale la chiave perché le forte idealità dei giovani vengano indirizzate “ad esprimersi in forme concretamente sostenibili. Nell’amicizia e nella fiducia, l’adulto non mortifica il desiderio, ma aiuta il giovane a realizzarlo in una maniera credibile ed efficace”. Quindi l’adulto deve possedere “una credibilità a tutta prova, un qualcosa di bello, di grande, di concreto da narrare. Spesso noi adulti siamo ripiegati su noi stessi alla ricerca di un ben-essere, che è soprattutto stare bene nell’immediato, dipendiamo dal consenso dei giovani, che dovrebbero trovare invece in noi un punto fermo di riferimento”. Incisivo il passaggio in cui il sacerdote sottolinea il credo dell’adulto nella bontà del desiderio e la correzione senza mortificazione: “fa di tutto perché il giovane non sia schiacciato dalle conseguenze impreviste del suo agire. Questo lavoro non è solo un noioso imprevisto dovuto all’incoscienza di alcuni, ma è parte integrante di ogni vera opera educativa, come insegna il Vangelo. Siamo chiamati tutti a lavorare perché nessuno, in nessun momento della vita, si senta solo e abbandonato a se stesso”.
Parole di gioia esprime don Piero per la restituzione di Greta alla sua libertà, alla famiglia. “Sono contento perché la vita viene prima di qualsiasi altra considerazione. Sono contento perché non è stata abbandonata in questo momento di difficoltà e lo Stato, come ogni normale famiglia, ha fatto di tutto per portare a casa due sue cittadine”.
Federica Lucchini
Dalla Prealpina del 28 gennaio