Da RMFonline
In un breve volgere di anni, l’avvento delle nuove tecnologie di comunicazione e con esse dei social networks ha brutalmente ridotto la nostra socialità nel mondo reale a favore dell’espansione quasi illimitata della socialità virtuale. Il nostro tessuto di relazioni è cresciuto a dismisura. Tutti ci sentiamo personaggi in certo modo «pubblici» proprio perché le relazioni virtuali ci forniscono un «pubblico». Ma, nel mentre siamo sempre più visibili nell’arena del mondo digitale, di fatto diveniamo sempre più invisibili nella cerchia delle nostre relazioni reali. Più ci sentiamo protagonisti – anziché, al massimo, semplici ospiti – di una realtà lontana ma apparentemente non frantumata e anzi poliedrica, più ciascuno di noi si percepisce come visibile a tutti gli altri in un numero di relazioni potenzialmente illimitate, più i segnali che lanciamo sono intercettabili ipoteticamente da chiunque, e più cessiamo di fatto, in tutti questi casi, di essere i protagonisti della vita di prossimità, la sola che conti, la sola entro la quale possiamo interagire con gli altri mediante un’esposizione in carne ed ossa.
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