QUATTRO CHIACCHIERE CON SILVANO CONTINI, IL CAMPIONE DI LEGGIUNO CHE NEL 1982 HA VINTO LA LIEGI-BASTOGNE-LIEGI, LA PIU’ ANTICA DELLE CLASSICHE MONUMENTO (LA DOYENNE)
Domenica prossima si corre la Doyenne (la decana) la classica del Nord che ha consacrato il campione di Leggiuno nel panorama ciclistico europeo
di felice magnani
Dopo la Milano Sanremo, il Giro delle Fiandre, la Parigi Roubaix e prima del Giro di Lombardia c’è proprio lei, la Doyenne, la più antica delle classiche monumento, creata nel 1892, di 259,1 chilometri. Oltre cento anni di edizioni, nomi che hanno fatto la storia del ciclismo, quello antico e quello moderno, come Leon Houa, Alfred De Bruyne, Ferdi Kubler, Stan Ockers, Rik Van Looy, Eddie Merckx, Carmine Preziosi, Moreno Argentin con tre vittorie consecutive (85/86/87) e poi via via Michele Bartoli, Paolo Bettini, Davide Rebellin, Danilo Di Luca. Nel 1982, il campione di Leggiuno, Silvano Contini, portacolori della Bianchi, la mitica Bianchi di Fausto Coppi, sprintava nel centro di Liegi, battendo i grandi di casa e lasciando il pubblico belga in uno stato di vero e proprio torpore da incredulità. 1° Silvano Contini. 2° Alfons De Wolf. 3° Claude Criquielion. 4° Stefan Mutter. Dopo diciassette anni, dopo la vittoria di Carmine Preziosi, un altro italiano poneva il sigillo sulla corsa monumento del trittico delle Ardenne, mettendo alla gogna, a casa loro, indiscussi campioni delle classiche del nord e non solo. Una volata vinta di forza, ma studiata nei minimi particolari, da parte di un campione di casa maturo per far parlare di sé il mondo del ciclismo. Silvano Contini è stato un campione che ha saputo muoversi con destrezza su qualsiasi tipo di percorso, dotato di quella elegante versatilità che gli permetteva di piazzare il colpo anche contro avversari fortissimi. Il 1982 è stato il suo anno d’oro e la Liegi-Bastogne-Liegi ne ha consacrato la celebrità, in un momento in cui i campioni erano tanti e tutti molto agguerriti. Ripercorriamo con Silvano, oggi bravissimo falegname alla Baraggia di Leggiuno, quei momenti di grande maturità agonistica e di intensità sportiva.
L’INTERVISTA
Silvano, come hai vissuto quei momenti?
Arrivavo da un periodo in cui stavo molto bene. Avevo corso la Parigi-Roubaix da protagonista insieme a Moser e a Kuiper, mi ero piazzato bene e quindi affrontavo la Doyenne con lo spirito giusto. L’anno prima ero stato con Hinault, ma avevo dovuto arrendermi a causa di una crisi di fame. A Liegi sono partito con la convinzione che potevo farcela. Anche il tempo è stato dalla mia parte, le difficili condizioni climatiche hanno valorizzato al massimo le mie doti, hanno fatto la differenza a mio favore. Durante la corsa abbiamo infatti trovato di tutto, pioggia, neve, grandine, è stata una corsa durissima. Quando nel momento decisivo della gara mi sono trovato con i migliori il mio pensiero è stato quello di poterla davvero vincere, quindi me la sono giocata al massimo delle mie potenzialità.
Com’è nata la fuga decisiva?
La Liegi si svolge su un percorso molto particolare, caratterizzato dalle Cotes, veri e propri muri che si snodano in successione e che vanno affrontati ad alta velocità. Fin dall’inizio c’è stata una fortissima selezione, siamo rimasti in venticinque, trenta corridori, poi quando siamo arrivati alla Redoute, che è il punto cruciale della Liegi-Bastogne-Liegi, è partito Criqueilion e io l’ho raggiunto, poi si è aggiunto De Wolf e via via gli altri, così ce la siamo giocata allo sprint. In quel momento ero molto determinato, non ho lasciato nulla di intentato.
Che emozione hai provato quando ti sei reso conto di aver vinto?
E’ stato un momento di grandissima gioia, mi sono reso conto che tutte le fatiche che avevo fatto per preparare quella corsa avevano dato il risultato sperato.
La Liegi-Bastogne-Liegi capitava in un momento molto importante della tua vita ciclistica, è così?
1979, 1982, 1985, sono stati gli anni migliori della mia carriera. Le Liegi capitava a pennello, ero al massimo della mia forma fisica e mentale, quindi ho potuto dare il meglio sotto tutti i punti di vista.
Con la vittoria della Doyenne sei riuscito a rigenerare il tifo italiano, molto presente a Liegi e in tutto il Belgio. Ricordiamo infatti che moltissimi nostri italiani hanno scelto le miniere del Belgio per poter lavorare. Vincere a Liegi è stato un grande motivo di gioia anche per loro?
L’incontro con i nostri emigrati è stato bellissimo. Ce n’erano tanti e molti erano visibilmente commossi. Ne ho visti parecchi con le lacrime agli occhi. Molti di loro lavoravano nelle miniere di carbone, ma anche nel campo della ristorazione, avevano aperto bar, con loro presenti mi sono sentito a casa, ho provato emozioni fortissime. Mi sono reso conto che la mia vittoria li aveva rincuorati, potevano finalmente ritornare in miniera a viso aperto, senza il timore di essere presi in giro e con un orgoglio tutto italiano. E’ stato un momento di italianità vera e lì ho capito la grande forza del nostro paese.
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