La natura ha una voce, anzi, ha diverse voci, voci che s’inseguono e si liberano nell’aria e che hanno bisogno di ascolto, ma l’ascolto, anche quello più immediato, necessita di predisposizione interiore. Le voci possono essere altisonanti, flebili, sottili, sonore, leggere, sfumate, per coglierle bisogna allenarsi, saperle individuare, attendere, sollecitare e cogliere con il giusto moto dell’anima. Dunque la natura parla continuamente e lo fa in mille modi, lo fa per dimostrare quanto sia bello e importante fermarsi a riflettere sulla realtà che ci ruota attorno, per restituire a uno spirito umano in molti casi privato della sua entusiastica corrispondenza, la voglia di cogliere suggerimenti, ammonimenti, di lasciare che le emozioni, anche quelle più recondite, tornino a scuotere quel senso della purezza di cui l’essere umano sente il bisogno, dopo aver invano travalicato tra sentieri aspri, alla ricerca di un bene di cui spesso non conosce quasi più né la forma e né la sostanza. Tra le intemperanze di una società sempre più rumorosa e incerta, spesso il cuore si ferma per trovare un battito meno frenetico, meno convulso e più allineato, si ferma per assaporare l’umore disponibile del silenzio, la necessità di parlare con quelle parti che nel gioco dei primati rivoluzionari occupano posizioni sempre più arretrate, sempre meno determinanti, aggredite dalla ricerca spasmodica di verità che di solito non hanno ricadute positive sulla storia personale e su quella collettiva. Per ascoltare bisogna rianimare, rimettere in circolo, ritrovare, lasciare che la natura faccia il suo corso, si riappropri di una disposizione d’animo, di una vocazione alla ricerca che oggi si è un po’ persa per strada. Ma cos’hanno da raccontare quelle voci che scuotono la nostra coscienza e la nostra intimità, quali messaggi ci vogliono lasciare e dove ci vogliono condurre? Beh, già il fatto di riuscire a scuotere una coscienza, magari da anni abbarbicata a speranze deluse, è senz’altro un sussulto di vittoria e di felicità, è come nascere di nuovo con la certezza che tutto sia ancora possibile, come ad esempio amare la vita per quello che è, con le sue variopinte alternanze, con la certezza di poter ancora essere moderatamente felici, capaci quindi di ridare fiato a stupori e convinzioni che forse ci erano scappati di mano. Quando la coscienza si sveglia, la vita si rinnova, procede senza timori e senza paure verso nuove vie e nuove strade sulle quali confermare una innata voglia di riscatto. Molti dei mali infatti in cui naviga la nostra società tecnologica sono frutto di una mancanza di coscienza, di uno stato in cui sono assenti quasi del tutto la condizione razionale e quella spirituale e dove spesso la verità diventa il risultato di un profondo egoismo, di una esasperata voglia di primati. Ritrovare la voce della coscienza è un po’ come riposizionarsi, ritrovare un equilibrio, rimettere in moto la volontà, rianimare tutte quelle parti della ricchezza interiore che avevamo accantonato, convinti che avrebbero rallentato o persino annullato quello slancio verso il benessere di cui, in alcuni casi, siamo prigionieri. Nella coscienza c’è benessere, anzi c’è molto benessere, ma non sempre il bene percorre strade scontate, c’è sempre un prezzo da pagare, un prezzo che molti non vogliono pagare, perché forse troppo pesante, come la rinuncia ad esempio. E’ quasi prassi comune infatti pensare che ogni lasciata sia persa, quando invece in realtà, per raggiungere scopi e fini elevati bisogna saper fare delle scelte, scelte che costano rinuncia e sacrificio. E’ così facile saper rinunciare o sapersi sacrificare per ottenere un risultato? Certo che no, di solito le mete dell’anima hanno prezzi elevatissimi, richiedono di saper andare controcorrente se necessario, anche quando magari, cedendo al richiamo delle sirene, si potrebbe avere un immediato ritorno di benessere, un profitto sicuro, una fetta di potere rassicurante. Succede spesso nella vita di incontrare persone che in nome del profitto sarebbero disposte a vendere l’anima al diavolo. Chissà quanti personaggi che noi riteniamo tali si saranno piegati al prezzo di un manipolatorio potere pur di veder realizzate le proprie ambizioni e i propri egoismi. Di solito però i messaggi portano sempre con sé indicatori abbastanza chiari, facilmente permeabili, si possono leggere in tutta la loro ampiezza, offrono infatti il campo a disamine e confronti, si prestano a ponderate investigazioni. Da che cosa si può capire la validità di un messaggio? Forse dalla sua leggerezza, dalla sua semplicità, dalla sua lettura, dal richiedere un’attenzione approfondita, dalla volontà di ricreare una connessione, un rapporto, un dialogo, una voglia di saper andare oltre i muri e le difficoltà che spesso gli uomini seminano, senza sapere quali riverberi i muri possono generare. Nella società dei muri e dei conflitti personali, delle diaspore e dell’aggressività verbale la natura offre una sua versione dei fatti, rilancia emozioni e sentimenti, offre la propria immagine come sfondo a una ripresa di purezza espressiva, si pone come strumento di mediazione per cercare di rimettere in campo la centralità della vita, la sua bellezza, la sua capacità di trasformare l’egoismo in altruismo, il potere in opportunità di condivisione, la fede in forza di rigenerazione umana. C’è un grande bisogno di umanità, lo si evince facilmente dalla facilità con cui gli uomini pensano e si attivano per rafforzare il proprio potere personale, un bisogno che nasce dalla comune convinzione di aver dovuto subire spesso l’oppressione di chi usa il potere per iniettare veleni, per rendere la vita difficile a chi tenta di proporre soluzioni diverse, magari non sempre allineate con l’eterna presunzione del potere. Saper ascoltare resta comunque una fondamentale via di riappropriazione, una via ancora troppo poco praticata, ma che rappresenta un buon motivo per rimettere in campo una parvenza di ordine, dentro la quale il cittadino ritrovi la speranza e la fiducia nel lavoro, nella cultura, nella possibilità di ristabilire una convincente ed educata vita di relazione.