
Santa Caterina sotto la neve (foto dell’Eremo)
Una lunga amicizia religiosa e intellettuale con la Comunità di oblati e oblate benedettini presenti all’Eremo
Capita spesso di chiedersi: “come mai?”. Come mai mi trovo in questo luogo e dico queste cose, chiamando “padre” un uomo che non ho mai conosciuto prima e per nome giovani donne che vivono una condizione molto diversa da quella che vivo io? Ventidue anni fa, all’ingresso di questo sparuto manipolo di religiosi, l’Eremo più conosciuto della Provincia di Varese ritemprava la sua vocazione all’essere e al fare, si proponeva per una nuova missione con l’intraprendenza di chi ottiene una consegna e deve dare tutto per esserne all’altezza. E’ nella fase iniziale di questa esperienza che mi sono trovato per puro caso all’Eremo con mia moglie, fuori dalla religiosità convenzionale, in un luogo dove la fede si misura e si legge in una radicalità che riconduce e ritempra, rimettendo tutto a precise scelte di vita. E’ in questa circostanza che ho rispolverato un nuovo modo di vedere e di giudicare, lasciando che fosse il tempo a determinare e a chiarire. Un incontro davvero inebriante, capace di restituire un’idea di vita che non fosse quella calcolata, predefinita, bensì quella di uomini e donne animati da uno spirito forte, capaci di riprodurre in piccolo anche solo una parte di quel pensiero benedettino che aveva gettato le basi per la nascita di un grande continente cristiano. E’ in quell’attimo che ho colto al volo la possibilità di unire all’immediatezza intuitiva la voce della bellezza religiosa. Propongo al priore l’idea di un video, qualcosa che non sia la pedissequa ripetizione di quelli precedenti, qualcosa di generato dall’emozione pura, che coglie di sorpresa e invita a fare passi in punta di piedi, per capire se quella che hai scelto può essere la strada giusta per tentare di dare la tua risposta alla bellezza. Mi sarei aspettato una gentile reticenza o un diniego diplomatico, in realtà ho incontrato un’accettazione ampia e profonda, accompagnata dal sorriso assertivo di chi è abituato a leggere oltre le righe dei sottili e sofisticati formalismi. Il gruppo di lavoro di cui facevo parte chiede il permesso alla Provincia di Varese, che lo concede. Ci “impossessiamo” dell’Eremo e cominciamo a respirarne la fragranza di giorno, di notte, con la luna o senza, la scena è sempre affascinante e si presta a puntuali interpretazioni. Con i membri della Comunità i rapporti sono ottimi, noi rispettiamo loro e loro rispettano noi. Ci scambiamo punti di vista, pareri, opinioni, è bellissimo sentirsi apprezzati come se di quella Comunità fossimo parte integrante. Le modalità narrative incontrano assenso immediato. Si lavora senza intoppi e nella distesa collaborazione scopriamo lo spirito benedettino, la regola, quella umanissima vocazione al lavoro e alla preghiera che lo caratterizza da secoli e che ancora oggi s’incarna in uomini e donne che vogliono vivere quello spirito di santità. Ognuno è al proprio posto, pronto a darti la mano, a farti capire che la forza di un tutto è in quella delle sue parti e che la collaborazione è qualcosa che va oltre l’impegno quotidiano. Il video sull’Eremo è il primo passo di un rapporto destinato a diventare amichevole, capace di farti sentire uno di casa, che bussa, entra e si muove rispettando il silenzio e il lavoro di tutti. Lo spirito comunitario è molto vivo, si legge nella forte vocazione al fare, al rinnovare, a rendere sempre un pochino più “benedettino” quel luogo straordinario preso in consegna dalla Provincia di Varese e sottratto così all’incuria degli uomini e del tempo. La collaborazione prosegue con la presentazione del video e si rafforza anche nella comunicazione personale, quella che rende più familiare e normale il rito domenicale, correlato sempre a una buona parola, a una frase o a un pensiero che restituiscano il senso di una quotidianità più bella e stimolante. Nell’amicizia c’è un rispetto profondo non solo per il pensiero intellettuale di ciascuno, ma per la disponibilità religiosa, umana e solidale delle persone che si dedicano alla costruzione giornaliera della regola, passando attraverso attività, iniziative, accoglienza e attenzione nei confronti di chi scende all’Eremo per ritemprare la propria fede, aspettandosi la parola giusta in un momento difficile della propria vita. La forza del pensiero religioso è soprattutto nello sguardo accogliente di chi ti viene incontro per farti capire che l’essere cristiani non è solo rito o circostanza, ma fraterna obbedienza, disponibilità, capacità di pensare e di vivere secondo regole che il tempo, giudice e arbitro, restituisce sempre nella loro profetica identità. Tanti sono i momenti di condivisione, alcuni di natura intellettuale, altri di natura sociale, morale, culturale, altri ancora di lavoro manuale, di voglia di ammodernare, abbellire, rendere più umanamente vivibile non solo lo spazio dello spirito, ma anche quello fisico del movimento, della vita pratica, dell’azione concreta, riportando in luce gli aspetti di una storia che ha insegnato moltissimo. E’ interessante scoprire come dentro quello spirito si muova quel fine desiderio del bello, correlato all’idea di conservare, promuovere e approfondire, come se il passato avesse come dovere primario quello di proteggere una civiltà cristiana diventata a tratti troppo superficiale e inadeguata. Scrivo tantissimo di Santa Caterina per La Prealpina, l’Eco del Varesotto, per alcuni siti Internet, mi piace entrare in sintonia con quel mondo che nel corso della sua storia ha fatto moltissimo per la crescita del nostro paese e dell’Europa e che cerca ancora sulle sponde del lago Maggiore una voce per continuare a vivere. Le interviste al padre sono sempre una sorpresa. Ti rendi conto che quelle parole scandite con sanguigna coesione, hanno all’origine un pensiero ampio e profondo, odorano di visione, sono impastate di progetti e prospettive, di cultura morale e religiosa. Con la presenza della Comunità benedettina qualcosa all’Eremo assume i contorni di un passato ricco di cultura e innovazione, come la farmacia/erboristeria di Ildegarda con suoi preziosi medicamenti naturali,il ristoro del Quicchio, riammodernato e reso accogliente, quel capolavoro di ingegneria ambientale che è l’ascensore, che dal Quicchio porta direttamente all’Eremo. Un’idea trasformata in realtà, dove politica e religione convergono per rispondere più direttamente alle necessità di chi non è in grado di scendere gli oltre duecento gradini, come gli anziani e i disabili. Santa Caterina si colora di nuove iniziative e cerca di rispondere alle chiamate della fede e delle necessità pratiche con l’attenzione e la determinazione della sua Comunità, mossa dalla volontà di aprire l’eredità e la prassi a nuove forme di coesione religiosa e sociale e anche a nuove forme d’incontro, diventando così laboratorio di idee e di possibilità. Ho provato una gioia immensa quando mi hanno voluto come testimone di fede alle riprese televisive sull’Eremo, da parte di RAI Uno, per la trasmissione estiva di A SUA IMMAGINE, condotta da Rosario Carello. E’ stato piacevole spiegare la motivazione di fondo che mi conduce spesso con mia moglie a intraprendere la via dell’Eremo e a fermarmi a scambiare parole e impressioni con quegli oblati e oblate benedettini che di Santa Caterina sono solerti custodi di fede. All’Eremo trovi sempre un sorriso e una buona parola, anche quando le nuvole si affacciano all’orizzonte e annunciano una tempesta in arrivo, ma fino a quando? Nel frattempo il negozietto dell’Eremo, adibito alla vendita delle cose sacre, dovrà tassativamente chiudere il quindici di agosto e la Comunità dovrà lasciare il campo entro il primo di ottobre di quest’anno. Sulle rive del lago Maggiore il clima non è più lo stesso, qualcosa sta cambiando, ma c’è ancora chi attende una risposta che possa rendere giustizia a un impegno determinato e costante, durato ventidue anni.