San Francesco d’Assisi, l’amore per la Creazione.
Francesco ha insegnato al mondo ad amare la terra come una madre, esprimendo sotto forma di lauda la gioia di questa straordinaria maternità. L’assolutismo sentimentale di Francesco non lascia dubbi su cosa significhi realmente amare l’ambiente, sentirlo fisicamente e spiritualmente coinvolto in un amore filiale unico nella sua straordinaria complementarietà. Anche la materia ha un’anima e vive nella dimensione primaria o nelle forme che l’originalità creativa dell’uomo le ha trasferito, in un connubio d’amore e passione fraterni. Dio lo si può amare in tanti modi ma, forse, il modo migliore è proprio quello di rispettare la Creazione, tutti gli esseri e le creature che ha voluto distribuire sulla terra nella sua infinita tolleranza e magnanimità. Il catechismo del rispetto ambientale è forse il miglior catechismo possibile, se è supportato da esempi concreti. Francesco attirava a sé nobili e straccioni, intellettuali e cavalieri con la forza dell’esempio. Non si può insegnare il rispetto se non siamo noi i primi a edificarlo con buona volontà e fatica. Francesco insegnava ad amare la natura vivendola, condividendo con essa le lodi al Creatore. Da lei otteneva tutto senza estorcere nulla e di lei amava tutto, persino gli esseri meno belli, solitamente relegati in ruoli marginali e subalterni. Non aveva bisogno di comunicati stampa, di orazioni di piazza, di cartelloni pubblicitari, di confinare gli esseri viventi in spazi definiti, il concetto di spazio di Francesco superava le barriere legislative e politiche, le diatribe tra pubblico e privato, tra estinzione e sopravvivenza, perché lui era convinto che l’ordine divino fosse già straordinariamente perfetto e non avesse bisogno di interventi riparatori. L’amore secondo Francesco è una realtà complessa che comprende tutto, perché il Tutto è il principio e l’origine delle cose, l’uomo è solo un frammento piccolissimo di un preziosissimo mosaico. Nasce dalle piccole cose, da forme di rispetto guidate da un cuore sensibile, la cui voce passa attraverso l’esempio quotidiano. Tenere pulita una casa, una classe, una scuola, una via, una piazza, un oratorio è espressione e acquisizione di coscienza civica, passaggio di contributi educativi individuali e collettivi al benessere della società, significa anche rispettare quel bene prezioso che è “sora nostra matre terra”, nel grembo della quale trascorriamo la nostra vita. L’educatore deve saper giocare tra divertimento e consapevolezza, tra idea e concretezza, libertà e diritto, diritto e dovere. Nello sviluppo dell’opera educativa non esistono recinti o barricate, ideologie o strategie che dividano, esiste solo la buona volontà di comunicare all’uomo le sue responsabilità, nelle modalità e nelle forme più consone a ciascuno. Chi non rispetta l’ambiente in cui vive e chi non educa al rispetto compie una gravissima mancanza nei confronti della comunità, diventa negatore dei principi più elementari che governano i rapporti relazionali all’interno dell’ambiente in cui viviamo.
Il Santo della bellezza interiore
Francesco ha saputo amare ed essere amato in un mondo dominato dalla ricchezza e dal potere. E’ stato considerato un idealista, un sognatore, un perditempo, uno che non aveva capito niente del progresso e delle nuove virtù economiche e politiche del suo tempo, eppure il suo modello di santità ha scavalcato i secoli, la scienza, la filosofia, l’arte, la musica ed è rimasto unico, non solo per l’Umbria o per l’Italia, ma per il mondo intero. Oggi il mondo s’incontra ad Assisi per rinnovare il suo immenso bisogno di pace. Ad Assisi l’uomo cerca se stesso, il senso della vita e la forza del perdono. Una radicalità d’azione quella di Francesco, che ripropone il tema dell’austerità, del vivere semplice, di una fraternità sentita e condivisa. La dolcezza e la tenerezza con le quali cantava e amava la sua terra, i fiori, gli animali, Dio e gli uomini scuotono ancora il bisogno di comprensione e di tenerezza delle creature. Nella società della corruzione, Francesco ripropone la santità di amare senza chiedere, di servire obbedendo. Ancora una volta la storia del menestrello umbro apre le porte di una rinascita che va ben oltre sistemi e strategie. Ci richiama alle cose semplici, al calore di una famiglia più umana. Il santo della poesia delle creature e di madonna povertà, che ha camminato lungo le vie del mondo per portare la sfolgorante ricchezza del Vangelo, ci indica la via del rinnovamento interiore. E’ come se ci ricordasse che la vera forza degli uomini sta in un’interiorità ricca e propositiva ed è sul tema della bellezza spirituale che gioca le sue carte, è sul vangelo di Cristo che indica la sua terapia della gioia terrena. E’ nel momento in cui la bellezza sfiorisce sotto l’incalzare dei disastri ambientali, della cementificazione selvaggia e dell’incuria umana che il Cantico delle creature diventa l’inno della rinascita, l’unica forza capace di ridare fiato e speranza a pensieri e consapevolezze delusi. C’è un rapporto da ricostruire, ci sono relazioni da convertire, comportamenti da cancellare, dove trovare l’esempio? Forse nel rispetto francescano delle cose, nella capacità di saper rinunciare alla protervia del denaro, all’inganno della corruzione, a chi vorrebbe usare la creazione a proprio uso e consumo. E’ nel segno della speranza che rileggiamo l’armonia del menestrello più conosciuto al mondo, che ha saputo restituire all’uomo un’ opportunità, vivere con la gioia di credere nel miracolo dell’amore.
Per arrivare al cuore dell’uomo
Per arrivare al cuore dell’uomo ci sono diverse strade, ma la via maestra resta sempre quella dell’amore. L’amore può avere diverse facce, espressioni, sensibilità, flessibilità, ma anche autorevolezza, fermezza, educazione, rispetto. Esiste un amore ascetico, estatico, emotivo, ma anche un amore attivo, operativo, dinamico, costruttivo. Ci sono momenti in cui si esprime con uno sguardo, una parola, una frase, un gesto, altri in cui ha bisogno di diventare sostanza, forma, esempio, capacità di trasformare il sentimento in qualcosa di umanamente vivo, capace di sdoganare lo stupore, la meraviglia, la voglia di fare, di concorrere, di partecipare, di dimostrare che la vita è soprattutto azione, energia, concretezza, praticità. Mai come in questi momenti l’amore di san Francesco per la creazione assume uno straordinario valore non solo poetico, ma narrativo, comunicativo, compensativo, celebrativo, ordinativo e pratico. Ciò che sembra incarnarsi in un’ estasi contemplativa fine a se stessa, diventa pensiero e riflessione nel quotidiano rapporto con quella creazione di cui conosciamo ancora pochissimo, di cui dimentichiamo spesso la dimensione umana e quella divina, una creazione che spesse volte sfiora e sussurra, parla, interloquisce, avvisa, suggerisce, propone, ma che incontra ancora troppa negligenza, superficialità, arroganza, presunzione, cattiveria, ignoranza e indifferenza, per potersi compiutamente esprimere. La creazione accoglie, protegge, sorregge, anima, risveglia, suscita, ma chissà perché l’animo è sempre troppo duro, il cuore troppo impegnato, la mente troppo confusa per poter vivere ed esprimere in tutta la sua bellezza la forza profetica di un colore, di una fragranza, di un aroma, di un albero, di un fiore. E’ nel rapporto dell’uomo con la creazione che si aprono i richiami magici e un po’ esoterici della catechesi cristiana, incarnata nella sua vocazione ambientale dallo spirito profetico di san Francesco, il santo di madonna povertà, della spoliazione e della ripartenza, che vive un rapporto assoluto con il mondo che lo circonda. E’ come se con il suo canto della riconoscenza volesse rendere più umani i rapporti, capaci di scuotere, rianimare, stupire, dimostrare quanto sia mirabilmente grande l’offerta della creazione. Quando l’uomo sembra aver varcato la soglia della tolleranza, ecco che improvvisamente riappare la voce di un fraticello che risveglia la natura umana per aver accarezzato un lupo di montagna, per aver predicato agli uccelli, per aver lodato le creature come fratelli e sorelle. Ogni cosa, anche la più piccola o insignificante, nel linguaggio francescano si riveste di prestigio, di umanissima regalità, di autorevole riconoscimento. E’ incredibile come Francesco coinvolga l’uomo nel suo rapporto terreno, aprendogli una strada oltre le ambiguità di una natura spesso accentratrice ed egoista. E’ contro la natura egoista della società che la filosofia francescana utilizza la sua vocazione, la sua ansia di rinnovamento, la sua voglia di andare oltre la ricchezza e il consumismo, oltre l’arroganza e la presunzione, affermando il dono della bellezza come valore umano, la volontà di crescere nell’educazione e nel rispetto, un rispetto che impone una considerazione sempre un pochino più alta delle cose e delle persone. Anche papa Francesco, nella sua enciclica Laudato SI’, apre lo sguardo sulla creazione in una dimensione autenticamente religiosa, ma non per questo poco attenta alla dimensione legalitaria di un rapporto che sull’umano gioca la sua straordinaria forza educativa. Ricordare san Francesco è rimettersi in gioco, restituendo alla sensibilità umana la possibilità di ritrovare una giusta coesione con quella natura che spesso giace trascurata, maltrattata e dimenticata.