Chissà perché, quando si apre un libro che parla di un luogo, una delle prime immagini che si presentano è la Chiesa con il suo campanile.
Forse perché la Chiesa per un piccolo paese è il fulcro della comunità, e lo è da secoli.
Affrescare una chiesa è come dare una forma, un colore ed un significato a ciò che in quel luogo si ama, all’edificio aggregante per eccellenza.
Affrescare una chiesa è come parlare con Dio.
Rendergli omaggio con un grande lavoro svolto con pazienza ed amore infiniti.
Si entra in una Chiesa e per istinto, si alza lo sguardo a volte affrescate secoli fa. Altri affreschi parlano di periodi storici all’insegna della devozione e dell’arte sublime.
Quella che eleva l’Anima al Cielo.
E dal Cielo forse, un grande uomo ed artista, si sentirà ricordato ed amato più che mai in occasione del trecentesimo della sua nascita.
Giovanni Battista Ronchelli nacque infatti a Castello Cabiaglio il 1 Febbraio del 1715 da nobile famiglia. Destinato da giovanissimo a studiare lettere, come era in uso ai tempi, Ronchelli mostrò invece predilezione e predisposizione per la pittura che lo portò all’età di 18 Anni a Roma per affinare la tecnica facendo pratica con pittori di pregio. Ma quando le mani sanno creare e trasformare muri grezzi in arte emozionante, qualsiasi luogo per esprimersi va bene, così, quando fu costretto, a causa della morte della madre nel 1739 a tornare al Paese di origine, portò con se il suo talento e lo mise nel cassetto delle esperienze per dedicarsi poi alla cura dei suoi 4 fratelli più piccoli rimasti soli. Per un po’ il cuore artistico maturò in quel cassetto famigliare ove lui divenne uomo. Passati anni di silenzio, il cuore riespose in arte, affrescando la Chiesa di Sant’Appiano in Cabiaglio e molti altri muri appartenenti ad edifici della nostra provincia, molti andati perduti come quelli fatti all’Antico ospedale in località Nifontano, affreschi per cui venne pagato in natura con 2 mogge di grano e 2 brente di vino; altri ancora ammirabili, come gli affreschi presenti nella Chiesa di S. Antonio Abate, altrimenti detta la “Chiesa della Motta” o quelli che impreziosiscono la sala delle assemblee di Palazzo Estense. La seconda parte della vita di Ronchelli fu allietata da un matrimonio e dalla nascita di 5 figli (esattamente il numero dei figli che dette alla luce sua madre). Uomo preciso e ben organizzato, trasferì per un po’ la sua numerosa famiglia a Santa Maria del Monte per svolgere una perizia sulle numerose opere d’arte del nostro luogo Sacro, in occasione della beatificazione di Caterina e Giuliana nell’Anno 1769. Molte cose ci sarebbero da enumerare in modo schematico ed approfondire riguardanti la sua arte. Ma amo pensare all’uomo Ronchelli, non solo all’artista. Quell’uomo figlio del suo tempo che girò in gioventù per imparare e far conoscere la sua arte per poi tornare in età matura al suo paese. Quel piccolo borgo di serenità che lo vide nascere, fu teatro delle sue ultime opere d’Arte. I 4 Evangelisti della Chiesa Parrocchiale con al centro il discorso della montagna furono il suo testamento. Morì nel 1788 dove nacque. Tra le mura di quella casa che ancora oggi si può ammirare a Castello Cabiaglio. Non insegnò la tecnica ma lasciò il cuore tra i boschi delle nostre prealpi. Come tutti gli uomini di montagna, riservati, che non si risparmiano in fatica senza pretese di riconoscimenti, lasciò solo ciò che avrebbe voluto: ammirabile arte eterna viva sui muri da lui affrescati. Pochi artisti oggi si spenderebbero in maniera così intensa per dare personalità e valore ad opere pubbliche. Gli edifici moderni hanno facciate e volte spogli. L’arte è nel passato. L’arte è di artisti come Giovanni Battista Ronchelli.
Mi vöri mia scriv e parlà
Anca se vialter disii che al devi fa
Mi vöri imparà, pruà a disegnà
Al so che a l’è düra
ma vöri imparà l’art de la pitüra.
Inscì pudarò scavalcà ur temp
Andà innanz in d’ul mund
Fa vidè ur me cör a la gent.
Ecu, ur penel al scarliga in sül mür
A l’è ur me destin, mo sun propri sigür
M’han ciamà, devi turnà a Cabiej
Devi andà a sta insema ai me fradej
i me penell i a pörti a drè
anca là gh’in mür a speciam
In dua sun nassüü in mezz ai muntagn
Gh’è ra me Gesa che la ciama i me man
E mi ga rispundi e coluri i me Ann
I ann impurtant chi de ra cuscienza
I ann dur co a post
In dua spanteghi sumenza
Ai ann pitürà ga curi a drè
E in ra me strava incuntri ra me miè
E i me penell van innanz a laurà
par i me fiö e ra me cità ,ur me paes.
I palazz, i Ges
ciapan furma e culur
inscì i gent in di Ann che rivarann
pudaran fa un suris
al me cör e ai me man.
Diana Ceriani
dedicata a Giovanni Battista Ronchelli
Castello Cabiaglio, Marzo 2015
Fonti attinte da materiale di ricerche datemi dallo storico e scrittore Diego Rossi.