Spesso i problemi, prima di diventare grandi, sono piccoli e nessuno li prende sul serio, è come se non avessero un peso e fossero quindi destinati a risolversi da soli, senza bisogno di avere quell’attenzione che si riserva ai grandi. Il problema vero però è che i grandi, all’inizio sono talmente piccoli che non destano preoccupazione, per cui l’atteggiamento più comune è: “Non è il caso, va bene così, vedrai che si risolverà tutto” insomma, si cerca sempre di minimizzare, di sdrammatizzare e in molti casi di far finta di niente. Il fatto è che spesso la gente non vede, non perché sia cieca, anzi, vede benissimo, ma non sa più andare a fondo nelle cose, non è preparata a capirne il senso, si limita a vedere quello che vuole, quello che fa comodo, accetta tutto, infarcendo il tutto con la paura, il timore delle ritorsioni, un quieto vivere che ha tutta l’aria di un abbandono. Di solito l’illegalità nasce proprio da una sottovalutazione o da una sopravalutazione, dall’idea che tanto non importi niente a nessuno e che comunque andrà come dovrà, accompagnando così la vita verso varie forme di fatalismo e di qualunquismo. Manca la forza coesiva di un’educazione permanente, un’occasione per mantenere vivo quel piccolo budget costituzionale che ci è stato consegnato da una famiglia e da una scuola che sono validissime istituzioni, ma non sempre all’altezza della situazione. Viviamo un’epoca in cui la gente crede di sapere tutto, ma in realtà non sa, crede di essere educata, ma in realtà non lo è e tutto questo nasce da una superficialità di fondo, dove tutto, in particolare l’illegalità, trova svariate forme di tolleranza che invece di dissuaderla, la fanno crescere al punto che diventa intoccabile o quasi, tanto da essere difficilmente individuata e perseguita, perché si riproduce e si trasforma rapidamente, non teme confronti, è intollerabile al buon senso, alle leggi e all’educazione. Si ha la netta sensazione che ciascuno promuova il proprio livello personale di democrazia e guai a metterlo in discussione, non esiste più una piattaforma comune da cui partire per creare una rete solidale e, soprattutto, non esiste più l’autorità vera, quella che insegna, accompagna, guida e impone, se necessario, il rispetto delle regole. L’illegalità non è solo la corruzione, quella che appare sistematicamente sui giornali o alla tv, ma è anche quella che si consuma ogni giorno davanti ai nostri occhi esterrefatti e di fronte alla quale si cerca sempre di minimizzare, perché lo stato in cui siamo costretti a vivere oggi fondamentalmente uno stato di paura. L’illegalità non ha più età, la puoi trovare ovunque e a buon mercato. Ogni stagione ha le sue illegalità, ma il problema vero è che diventa oltremodo pericoloso combatterla, perché il senso civico è limitato e l’autorità o è tendenzialmente e furbescamente complice o prende le distanze e fa finta di niente. Il fronte dell’educazione esiste, ma non ha la forza necessaria per essere riconosciuto e tutelato, a tratti sembra persino un peso sociale, qualcosa che sminuisca il desiderio di arbitrarietà che cerca di farsi largo in ciascuno. E’ illegale rubare, corrompere, truffare, prevaricare la legge, mancare di rispetto. Le vie della illegalità sono infinite, ma nonostante tutto è sempre più difficile insegnarla, poter dimostrare che la bellezza di un modello di vita non stia nell’abusivismo libertario, ma nella capacità di sapere che cosa sia giusto e che cosa non lo sia, quali siano i principi su cui costruire una vita giusta, bella e armoniosa. Il consumismo ha contribuito moltissimo a far decadere il livello legalitario, ha diffuso infatti l’idea che bastasse avere dei soldi da spendere per essere bravi e onorati cittadini. Il consumismo ha diffuso la pratica di un arrivismo scriteriato, cancellando ogni forma di meritocrazia e di buona condotta morale. Tutto diventa lecito pur di raggiungere il proprio tornaconto. Un eccesso di consumismo ha sistematicamente cancellato tutto quello che la società post bellica ha costruito con grandi sacrifici, cercando di dimostrare che alla base di tutto dovevano esserci valori come l’impegno, la serietà, l’ordine, il rispetto delle regole e la solidarietà sociale. Il consumismo ha messo al centro il prodotto e la produzione, relegando l’essere umano in una sorta di limbo sperimentale da cui non riesce più a staccarsi. Oggi risulta estremamente difficile riattivare la legalità, riproporla come strumento di riedificazione, come punto di partenza per la costruzione di una società morale, in cui il cittadino si senta protetto, promosso, valorizzato, ma è un impegno che va preso e portato avanti con estrema determinazione, se vogliamo lasciare una testimonianza di pulizia e di ordine sociale ai nostri figli e ai nostri nipoti. Bisogna che le istituzioni si occupino meno di euro e più di umanità, meno di rivalse e di diatribe politiche e più di educazione civica e di rispetto, bisogna che le famiglie e le scuole siano fortemente impegnate sul terreno della ricostruzione educativa di un paese che soffre ancora di vincoli e di complessi che gli rendono difficile la vita. Snellire, semplificare, sburocratizzare al massimo, ridare fiducia, smetterla di insultare, intimorire, prevaricare, rimettere in carreggiata l’efficienza di uno stato che soffre di complessi di inferiorità e che non sa più in quale direzione orientare la propria intelligenza e la propria creatività. E’ in questa direzione che dobbiamo sostenere chi si mette in gioco, chi ha ancora l’onorevole bontà di tentare una trasformazione in positivo della nostra realtà, quella che ci fa conoscere, amare, stimare fuori dai confini, dove l’ordine e la pulizia, l’impegno e la determinazione, l’organizzazione e la fratellanza, quella vera, giocano un ruolo determinante nella nostra storia presente e futura.
QUANTO CONTA RIVALUTARE L’EDUCAZIONE?
di felice magnani
Moltissimo. L’educazione ha una valenza fondamentale in tutti i settori della vita, privata o pubblica che sia. Un paese ben educato, cosciente del proprio valore e dei propri mezzi ha la capacità di rinnovarsi, di rimettere in moto un motore che il tempo e l’usura hanno in parte messo fuori combattimento. Chi ha occhio sulle cose si rende conto che il sistema delle relazioni sociali e quello della comunicazione hanno perso di autorevolezza. Un’errata interpretazione della condizione democratica, fondata su un eccesso di flessibilità e di arbitrarietà gestionale, dove tutto o quasi trova sempre una giustificazione, ha creato varie forme di spaesamento e di disorientamento. Ci sono persone che faticano a capire, a rendersi conto di quale condizione stiano vivendo, in molti casi non sanno più distinguere ciò che è lecito da ciò che non lo è. Giustificare sempre non crea democrazia, amplificare la libertà fino all’eccesso non giova alla libertà, né a quella personale né a quella comunitaria. I valori dati in pasto alla commercializzazione democratica non si elevano, non evolvono, si pianificano, si fossilizzano, non hanno più ali per volare, per librarsi in volo, ma restano prigionieri di strategie inventate da chi tenta sempre di adeguarli alle proprie richieste. L’educazione intesa come rispetto di un sistema di regole che sovrintende le nostre azioni è il sale di una democrazia compiuta, dove tutto risponde a finalità collettive, a stili di vita che richiedono osservanza, rispetto, adesione, comprensione, ma anche una forte volontà attuativa. La società in cui viviamo si lascia spesso sorprendere da chi si fa scudo della democrazia, da coloro che minimizzano sempre per svuotare l’educazione democratica e finalizzarla alle proprie mire, a ciò che fa comodo. L’educazione non è comodità, ma impegno e in qualche caso anche fatica. Osservare le regole comunitarie non è cosa da poco, ma richiede intelligenza, razionalità, capacità critica, fede nel bene comune, nella capacità degli esseri umani di collaborare, di unirsi nella pratica dell’onestà e della lealtà, operare insieme per migliorare la nostra condizione umana. Le devianze diseducative partono sempre da condizioni di non chiarezza, in cui si annidano varie forme di accondiscendenza o di interessata disonestà, lo vediamo quotidianamente grazie anche alla martellante azione informativa dei mezzi di comunicazione di massa. Oggi diventa difficile anche soltanto dire: “Hai sbagliato”, ci troviamo nella condizione che pur di salvaguardare la nostra incolumità personale siamo costretti ad accettare tutto, anche quando siamo oltremodo convinti che quel tutto sia illegalità spacciata per bontà e generosità, qualunquismo spacciato per buonismo. Il buonismo non è una forma educativa convincente, non crea cultura, serve solo a tentare di creare una temporanea tregua, per continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto. La maleducazione strozza la visione, la rende incolore, priva di slancio, la cementifica, trasformandola in logo museale, fa comodo ai potenti, agli arroganti, ai maleducati, a tutti coloro che per non perdere di vista i propri interessi sono sempre pronti a mettere in campo predicazioni e panegirici che non hanno nulla di vero e di umanamente valido. La maleducazione è sempre frutto di chi ha lasciato correre facendo credere che il tempo e la storia fossero sempre dalla parte del buon senso, senza peraltro immaginare che tutto, anche il minimo, rientra in una fermezza cautelativa che prende forma grazie a un comune sistema di regole da osservare e rispettare. Chi pensava che la democrazia fosse solo un fatto politico si sbagliava, l’ha sottovalutata e così facendo l’ha resa fragile, incolore, facilmente biodegradabile, l’ha svilita, togliendole quella fierezza e quell’orgoglio che la rendevano fiduciosa e convinta di poter fare qualcosa di utile e di bello per una società senza presente e senza futuro. Certo sarebbe auspicabile che ciascuna persona avesse coscienza della propria condizione, dei diritti e dei doveri che la governano, sarebbe oltremodo utile e moralmente stabile se ciascuno applicasse la propria dose di convinzione educativa alle cose che pensa e a quelle che fa, forse non avremmo bisogno di sentir urlare, inveire, offendere, minacciare, forse ci sentiremmo uomini e donne diversi, meno rassegnati e più sicuri, più capaci di realizzare la nostra porzione di felicità, senza calpestare quella degli altri, ma il terreno va arato, coltivato, protetto, conservato, seminato, concimato, senza demordere mai, perché è nella lungimiranza del contadino che alla fine c’è pane per tutti. Riedificare è fondamentale, ma per farlo occorre essere convinti e soprattutto è necessario aver imparato la lezione, con la speranza che è dall’impegno determinato di tutti che può nascere una società più attenta e capace di mettere in pratica quei valori che sono il sale di una democrazia matura, vera, compiuta, che non teme di dire si o no, all’occorrenza, senza cadere nelle beffarde strategie di chi vorrebbe addomesticarla e renderla sempre più simile alla propria disonestà.