Nell’ultima seduta del consiglio comunale, presieduto dalla sindaca Silvana Alberio, è stata approvata una variazione di bilancio, proveniente dall’avanzo di amministrazione, che ammonta a 260 mila euro per il rifacimento del tetto della sala cinematografica comunale, conosciuta da tutti come cinema Garden, e gestita dall’associazione “L’Immaginario”. La notizia offre l’opportunità di portare alla luce un documento, finora mai pubblicato, inerente alla storia di questo edificio e nel quale compare il nome di Gianni Rodari. Solo dal 1961, questo edificio assunse l’attuale funzione: era nato, infatti, come sede della “Società Operaia di Mutuo Soccorso fra gli operai di Gavirate e dintorni”, molti anni dopo la costituzione dell’associazione nell’ambito della quale nel 1922 fu istituita la scuola serale di disegno a indirizzo edile in quanto la maggioranza degli operai delle nostre zone lavorava in tale settore anche all’estero. Venti anni più tardi, in base al documento ritrovato, sempre presso la stessa sede -negli anni Trenta ampliata per ospitare la sede del partito fascista, del dopolavoro e delle aumentate esigenze della scuola- era attivo un corso biennale di istruzione per lavoratori per meccanici generici. La scuola professionale era intitolata all’ingegnere Carlo Roncoroni, deputato del Regno, deceduto quattro anni prima e fondatore di Cinecittà a Roma. Nel verbale degli esami, avvenuti il 28/29/30 giugno e 1° luglio 1942, compare, tra i nomi dei docenti il maestro Giovanni Rodari, accanto alla collega Sandra Clivio, figlia del direttore della scuola, e conosciuta successivamente a Gavirate come titolare della tintoria Falchi. Quando era iniziato il corso, il futuro Premio Andersen per la letteratura infantile, era ventenne, mentre i suoi 16 alunni avevano una età tra i 12 e i 17 anni. Provenivano per la maggior parte da Gavirate, due da Cocquio, tre da Brebbia, uno da Biandronno, uno da Arsiero. Per la maggior parte già lavoravano: chi alla S.A. Astra di Gavirate, chi alla S.A. Utensileria di Gemonio. Adolescenti il cui pensiero era il lavoro. Come insegnante sarà stato ben lontano dal Rodari che tutti conosciamo: non era ancora emersa la sua potenzialità creativa, ma certo questa sua esperienza di cui, peraltro, nelle sue note biografiche non aveva mai parlato, gli avrà aperto un mondo che avrà sviluppato anche nell’esperienza giornalistica. “Sa d’olio la tuta dell’operaio”, avrebbe scritto nella filastrocca intitolata “L’odore dei mestieri”. E’ bello pensare che questo pensiero gli sia scaturito dopo aver frequentato anche quei ragazzi. Lui, studente dell’Università e maestro, che era abituato, come scrive da adulto in dialetto nelle sue carte più intime, a sedersi, tra mezzogiorno e la una, con gli operai dell’Astra su un marciapiede. “Non era bello farsi vedere seduto per terra dai miei scolari. Hinn vegnù anca a dimell, ma i mè amis eren lì, i amis in d’ure vita hinn pusé impurtant de tusscos” (Sono venuti anche a dirmelo, ma i miei amici erano lì, gli amici di una vita sono più importanti di tutto).
Federica Lucchini