Luigi Broggini (Cittiglio, 28 gennaio 1908 – Milano, 27 gennaio 1983)
Nel 1953 disegna per la Supercortemaggiore il famoso cane a sei zampe dell’Agip.
Chi è l’autore del cane a sei zampe, marchio e simbolo dell’Agip? E’ proprio lui, Luigi Broggini, uno dei più grandi scultori contemporanei. Ecco uno spaccato della vita artistica del grande scultore lombardo, nel ricordo di Giovanni Testori, Mario Pancera e Stefano Ghiberti.
Luigi Broggini, nato a Cittiglio nel 1908, da genitori milanesi, fu allievo di Adolfo Widt, all’Accademia di Brera. Collega di Lucio Fontana e Fausto Melotti, andò in Belgio, Svizzera e in Francia. Parigi lo deluse al punto che tornò a Milano, in quella via Garibaldi nella quale trascorse tutta la sua vita di scultore, incisore e poeta. Ecco come lo ricordano tre grandi critici italiani.
Giovanni TESTORI: “In silenzio, con pudore, quasi temesse che la notizia potesse uscire troppo in fretta dalle pareti dello studio, da quelle di casa ovvero dai lunghi, interminabili colloqui che, da anni, intratteneva coi gessi, i calchi e i bronzi delle sue sculture, Luigi Broggini se n’è andato. Difficile sapere in questo momento, l’onore che si deve alla sua statura morale da quello che si deve alla sua statura d’artista. Ciò che ci par necessario riconoscere è che il mondo della cultura, che pure molto lo stimava, non seppe mai dargli ciò che pure ampiamente aveva meritato; in proposito, anche chi scrive si sente invaso da un amaro rimorso. E non basta certo scoprire, nella bibliografia, un testo che reca la nostra firma e la data: 1941. Da quel tempo son passati quarantadue anni giusti…”.
Scrive ancora Giovanni TESTORI sul Corriere della Sera: “Molto, invece, ne ha che i comuni di Varese e di Milano, magari per la bisogna unendo ragioni e sforzi, si ricordino di questo loro figlio, reale o adottivo, di questo loro solitario, sdegnoso, ma verissimo artista perché, almeno in morte, gli venga dedicata quella mostra che la sua probità d’uomo e la sua irripetibilità di poeta, con dignità ma con imperio, reclamano”.
Così Luigi Broggini rispondeva a Stefano GHIBERTI, sulle pagine del settimanale Gente: “Ho scelto fin da giovane, un genere di affermazione diversa da quella comunemente creata. Ho capito cioè che il successo vero è costituito dalla stima e dall’affetto di poche persone capaci di capirti veramente, senza chiederti di mutare il tuo carattere o il tuo modo di pensare e di agire, senza chiederti di posare a artista, a maestro”.
Ecco come lo scultore giudica l’artista, rispondendo a GHIBERTI: “Già, perché io non vedo la ragione per cui gli artisti debbano prestarsi a essere considerati dei fenomeni, delle bestie rare; mentre in realtà sono uomini come gli altri, e cioè come gli operai e gli impiegati, con le stesse passioni e gli stessi problemi”.
Scrive Mario PANCERA in un’intervista sulla Domenica del Corriere: “Era magro come certe sue sculture, il suo volto affilato, gli occhi penetranti”. E poi ancora: “Broggini è anche poeta e, se è lecito dirlo a me, che sono soltanto un lettore, di straordinaria finezza. L’artista ha raccolto proprio ora in un volumetto edito da Scheiwiller le poesie già apparse nel 1956 e nel 1973 sotto i titoli Due cipolline verdi e Sparsi come neri fiori. Il volume attuale è intitolato In fondo al Corso e reca due scritti del poeta Vittorio Sereni, preziosi per chi voglia capire sia la personalità di Broggini sia il mondo artistico milanese che, negli anni trenta e quaranta, gravitò intorno al corso Garibaldi, via Solferino e via Brera con annessi vicoli di buoni e mali affari”.
Difficile dire quanto Cittiglio fosse presente nella sua storia di uomo e di artista, ci piace pensare che il suo pensiero assomigli molto a una certa filosofia prealpina tipica di queste zone.