RICORDO DI GIOVANNI BATTISTA MONTINI, A QUARANTATRE’ ANNI DALLA MORTE
di felice magnani
E’ molto significativa la riflessione di Ferdinando Citterio quando parlando di Giovanni Battista Montini, nel suo breve inserto dal titolo: Montini ed il mondo imprenditoriale, afferma: “La religione di domani – per Montini – dovrebbe essere esattamente questa: riconoscere la voce dello spirito che palpita nella materia, mentre se ne scoprono le leggi strutturali. Sarebbe per lui sommamente errato e tragico impedire al lavoro quest’esito, quando esso è l’esploratore più assiduo ed ardito della natura, che è l’opera di Dio”. Per Montini lo spazio tra il mondo del lavoro dell’essere umano e il mondo di Dio è estremamente esiguo, al punto che il lavoro opera e scava nella natura, in quella natura che è opera di Dio stesso, come afferma l’arcivescovo al Teatro Alfieri: “Il lavoro è già incamminato sulla traiettoria che mira alla religione: perché sbarrargli il passo? Perché negare alla vita la facoltà di incrociare, alla fine, col cammino della sorella maggiore, la vita contemplativa, e fare con lei gli ultimi passi verso la grande mèta comune?”. E’ un Montini che cerca di rimettere al centro l’uomo e la sua umanità, la sua capacità di capire e riconoscere l’elevato contributo di una condizione che, esprimendo la sua intelligenza, ne sottolinea anche l’origine e la provenienza. E’ la svolta sociale di una Chiesa che guarda all’esterno senza rimanere prigioniera di pregiudizi e condizioni, convinta che tutto possa ricomporsi e riposizionarsi dentro il grande miracolo della creazione. Nello spirito verbale dell’arcivescovo sono chiari i segni di una volontà che va oltre gli steccati dell’antagonismo di classe propinato da varie forme di materialismo ideologico, politico e filosofico, uscendo in tal modo dalla subalternità del lavoro e del mondo del lavoro a varie forme di pragmatismo violento e antagonista. Con Montini l’intelligenza umana si posiziona nell’intelligenza divina e quel tanto vituperato lavoro, diventato in molte occasioni soggetto di odi e rancori, lotte e rivoluzioni, assume un significato più umano, più aderente alle nuove condizioni di vita delle persone, allo spirito di tempi che mutano rapidamente. L’arcivescovo dimostra una notevole lungimiranza e con il suo esempio determina un incontro tra la sfera teologica e quella del pragmatismo umano, legato a varie forme di attività e di operosità. Ferdinando Citterio sottolinea lo slancio profetico di Montini: “Con uno sguardo lungimirante, ma forse eccessivamente ottimista, l’arcivescovo si immagina che si vada inaugurando un altro grande ciclo: quello capace di ricongiungere”le due auree parole” ora et labora proprio dentro l’operosità umana. Il lavoro moderno diverrà capace di camminare oltre se stesso, verso Dio. A suo dire, meglio di quanto avveniva una volta quando la religione era accostata al lavoro e l’una e l’altro si spartivano la giornata e la settimana in un tempo sacro ed in uno profano, mentre adesso ( citando le parole di Montini: “uno spirito nuovo fonderà i due momenti, quando dal mondo stesso del lavoro, voglio dire della natura, della scienza e del suo impiego, sorgerà lo stimolo dell’estrema scoperta; il bisogno cioè e la possibilità dell’adorazione”. Con Montini dunque si apre una stagione nuova del Vaticano secondo, la stagione del rilancio della condizione umana, della sua capacità di riflettere i doni e le bellezze di cui è entrata in possesso. Si respira l’aria di una libertà intelligente, fondata sulla fiducia nelle capacità umane, nella necessità di andare oltre, oltre gli steccati dell’incomprensione e di un proibizionismo esagerato, che impedisce allo spirito di incarnarsi nella storia e di qualificarla. In Montini scienza e fede si riconciliano e determinano nuove vie e nuove strade d’ incontro e di emancipazione, di rispetto e di fiducia reciproca. L’idea di poter accedere a Dio attraverso vie inesplorate è una grande opportunità che il nuovo corso determina, offrendoci un’immagine di ottimismo e di libertà ritrovata, fuori da un ordine pragmatico e gerarchico, vincolato a vecchie forme di intransigenza. Con l’arcivescovo s’inaugura la stagione di una rivincita sulla clausura concettuale e morale che ha determinato divisioni e lotte di potere e di sopravvivenza. Afferma con grande chiarezza Fernando Citterio: “Non c’è nessun accenno in Montini che riveli nostalgia del tempo andato, non infrequente in uomini di Chiesa; anzi assicura che anche nel mondo moderno Dio ha sparso i segni del suo riconoscimento. A cominciare dall’attività umana, informata dalla scienza e dalla tecnica, che diventa così una novella rivelazione naturale. A patto però che l’uomo abbia voglia e cuore, magnanimità e coraggio di leggerli e di andare sino in fondo alla sua esperienza”. Una via nuova, una condizione nuova, una storia che si apre e di cui forse solo oggi comprendiamo gli aspetti profetici, quelli che fanno di Montini un grande saggio della condizione umana, l’uomo di Chiesa che ha saputo orientare la bussola in un momento in cui la rotta era ampiamente compromessa. Dell’arcivescovo colpiscono la grande attenzione per il mondo del lavoro, per le persone che lo cercano come occasione di realizzazione fisica e mentale, umana e morale, un lavoro che diventa sempre più importante e indispensabile per un’ umanità piegata spesso dalle intemperanze e dalle iniquità di chi sfrutta il potere del lavoro per disattivare quella meravigliosa capacità umana di coglierne la misura, la forza e la bellezza realizzativa. E’ estremamente attuale il suo discorso contenuto nella lettera pastorale per la Quaresima del 1956. Osservazioni sull’ora presente: “i malanni gravissimi, che tutti dobbiamo sforzarci di togliere, come la mancanza di abitazione e di pane. La miseria in una società cristiana non dovrebbe essere tollerata. Così le due grandi aspirazioni del mondo lavoratore: la sicurezza del suo lavoro e del suo pane, e la chiamata ad una graduale associazione nei profitti e nella disciplina dell’impresa (salvo il principio dell’iniziativa privata), vanno sostenute col concorso degli stessi imprenditori sagaci e generosi”. Dunque un radicale cambiamento nella preconfigurazione di classi sociali che diventano simbolo di un grande impegno comune, dove ciascuno opera al servizio dell’altro, in un solidale rapporto di bene comune, di solidarietà e di comprensione reciproca, dove le posizioni si stemperano nella certezza di essere protagoniste di una storia che riconosce la forza emancipativa delle competenze e delle regole che al lavoro sovrintendono. Montini lavora dunque per una società più umana, meno conflittuale, meno antagonista, più capace di riconoscere la propria interdipendenza, la necessità di unire le proprie capacità e le proprie forze all’interno di quel grande progetto umano in cui abbiamo l’opportunità di manifestare la bellezza della nostra condizione. Molto bello è il commento di Ferdinando Citterio quando afferma: “Agli operatori economici cattolici ricorda che hanno l’opportunità di offrire “un loro contributo positivo ed originale”, se sapranno collocare la sfera economica in un orizzonte più comprensivo. Come del resto ha sempre insegnato il Magistero della Chiesa, di cui rivendica la competenza in campo socio-economico”. L’arcivescovo dimostra le sue doti intuitive, la sua capacità di cogliere i segni dei tempi e le opportunità da realizzare, in particolare quando afferma che la sfera economica deve contemperare le necessità e i bisogni delle persone e quando invita il mondo imprenditoriale a essere attento alla condizione umana e alle sue difficoltà. Una grande opera mediatrice quella di Montini, che tende a rimettere in gioco un equilibrio fortemente provato da lotte e incomprensioni, il pensiero illuminato di un uomo di Chiesa che ha saputo riconsiderare e riposizionare la forza e la bellezza di una natura umana spesso subalterna e vittima di una demagogica gestione del potere.
(Stralci dal libro di Adriano Caprioli – Luciano Vaccaro, Lavoro ed Economia in G.B. Montini Arcivescovo di Milano)