All’epoca avevo solo 3 anni. Non sapevo cosa fosse l’asilo. Ricordo i racconti di mamma che nell’estate del 1960 mi portava alla scuola di Cavona ed io frignon, piangevo perché non ci volevo andare, ma poi, appena entrato, ……mi scatenavo!
La scuola materna era aperta anche d’estate per chi la voleva frequentare residenti o vacanzieri. Era un vecchio edificio dietro al bellissimo monumento ai caduti di tutte guerre dello scultore Giacomo Oleari. Ora lì c’è il museo civico degli indiani.
L’interno era molto semplice, un’unica grande stanza con pochi banchi dove noi bambini giocavamo, disegnavamo e imparavamo piccoli lavoretti manuali.
Ricordo lontanamente il piccolo giardino dietro la casa, un pezzetto di terra con un po’ di erba e sassi, dove correvo e puntualmente mi sbucciavo le ginocchia. Tutte le settimane andavo a casa con il grembiule strappato giocando nel grosso tubo di cemento che usavamo come nascondiglio o rifugio.
La nostra maestra era piccola di statura, ma grande di cuore. Era alta un metro e cinquanta ed aveva pazienza e grinta da invidiare. Aveva un nome altisonante, Italia, e una vocina un po’ stridula. Ci spiegava e rispiegava cosa fare con un pezzetto di carta o una pallina o semplicemente con un gomitolo di lana. Ci insegnava ad adoperare materiali semplici, comuni, per costruire una bambolina o un altro oggetto, riusciva sempre a farci portare a casa un lavoretto, cose semplici, come un piccolo soprammobile.
Con la fine dell’estate, anche le mie vacanze finirono. Bisognava tornare a Milano, papà allora lavorava come verniciatore alla “Lancia Autobianchi” e insieme ai miei fratelli e sorelle passavo tutte le vacanze scolastiche a Cavona con la mamma.
La mamma mi raccomandava sempre d’imparare, di non far tribolare la maestra. Ascolta l’Italia – mi diceva.
…..e adesso che ho compiuto 60 anni, ogni tanto vado a trovare la mia Italia, abita ancora oggi a Cavona, la vedo sempre trafficare non più con i bambini, ma con articoli di vario genere come le foglie di mais, carta, ecc. Mi dice sempre che il lavorare per lei è vivere. Quando la vado a trovare, parliamo di quel breve periodo. Per lei è una gioia……e tutte le volte che vedo quello scricciolo di donna, mi rivedo bambino, quando frequentavo l’asilo di Cavona. Bellissimi ricordi!