Indossavo ancora i calzoni corti, quando mio padre, in un pomeriggio di una domenica dell’agosto 1969, con mia grande sorpresa, mi disse: – Oggi vieni con me, andiamo a giocare a bocce a Cuvio, con i grandi.
Ricordo l’emozione nel vedere quel campo lungo e stretto dove si sentiva un grande brusio, interrotto dai colpi sordi delle bocce. Un silenzio assoluto precedeva ogni tiro. Il giocatore di turno si concentrava, sceglieva la traiettoria desiderata, calibrava la forza e finalmente i “rigoli”, cioè i tiri rasoterra, partivano per bocciare. Subito dopo riprendevano i commenti: si misurava, si valutava, si controllava il terreno di gioco.
Nel vedere papà, gli zii e i loro amici arrabbiarsi, dire la propria su come si dovevano tirare le bocce, sentire i loro commenti spesso molto animati, mi sentivo confuso, non riuscivo a capire, ma maggiore era la soddisfazione di essere lì con papà, in mezzo ai grandi. Dopo la partita i commenti continuavano al bar.
Seduti tutti intorno ad un tavolino, discutevano su come si era perso o come si poteva vincere, ma intanto giocavano a scopa o a tresette. Sul tavolo la brocca di vetro, alta circa 35 cm con un bollo impresso sul vetro, piena di vino, era a disposizione dei giocatori che di tanto in tanto riempivano il bicchiere.
Il mio papà mi disse: – Oggi bevi con noi. Mi ordinò un bicchierino con dentro una bevanda scura, dolce, frizzante che poi scoprii si trattasse di spuma al chinotto.
Questo ricordo mi emoziona ancora, perché era la prima volta che papà mi portava con lui, finalmente mi dedicava un pomeriggio!
Ero solo un ragazzino e potevo solo guardare senza capire cosa fosse il gioco, ma non importava… Nel tardo pomeriggio tornai a Cavona seduto sulla canna della bicicletta di mio padre, se ricordo bene, era una Bianchi o una Legnano rosso scuro. Sulla soglia di casa mia madre mi chiese: – Dove sei stato oggi? Sei stato con gli uomini, ti sei divertito? Con grande emozione risposi: – Si…sono stato con papà.
Quella fu la prima volta che uscii con mio padre che vedevo sporadicamente. La mattina si alzava sempre presto e quando tornava per cena erano pochi i momenti che poteva dedicarmi. Ricordo che si sedeva sempre davanti al camino anche se era spento con mamma per parlare di noi, del lavoro, di come fare per andare avanti. Quella sera quando andai a letto felice, soddisfatto e forse, era la prima volta, mi sentivo importante.