Un libro di storia che emoziona e in cui la memoria è considerata un estremo rispetto per chi non c’è più. C’è da immaginarlo il suo autore, Riccardo Ludovico Brunella (1888-1985), Ispettore onorario alle Antichità e Monumenti della zona di Besozzo, quando -fine anni Cinquanta del secolo scorso- cominciò a scriverlo, munito di inchiostro e pennino flessibile, con quella grafia elegante, arricchita di svolazzi: non voleva un libro di icone congelate con figure importanti che influirono sulla storia, ma una presenza pulsante di personaggi grandi e piccoli che contribuirono a costituire il fiume del passato, in modo che il lettore assistesse a ciò che lui raccontava. Se l’anima di Besozzo era emersa nel 1960 quando Brunella pubblicò “Frammenti di storia besozzese – Brevi notizie preistoriche e storiche di Besozzo e dintorni”, ora riemerge ancora più viva con questa nuova edizione rivista e ampliata, voluta dall’amministrazione comunale con la presenza della curatrice Angela Fiegna Sorel che fin nella premessa fa amare l’autore, e del figlio Maurizio che ha fornito ulteriori documenti. E’ affascinante questa figura di profondo conoscitore di antropologia, geografia, archeologia, storia. Aveva un’aria risorgimentale e questa epoca l’ha trattata con particolare dovizia. Soprannominato in paese “Chel di sass”, quello dei sassi, per la sua passione per la geologia, “con grande partecipazione e passione civile è capace di indignarsi se si è manifestata negligenza negli scavi, se un reperto è stato trascurato o occultato per opportunismo, se si è evitato di consultare le persone competenti”, annota la curatrice e si chiede lui stesso: “Quanto materiale archeologico rinvenuto nella nostra zona sarà andato distrutto senza che i competenti ne fossero informati? E quanto altro rimarrà ancora gelosamente custodito sotto terra?”. Libro particolare, questo, basato sui dati, ma che fa emergere la personalità spesso dirompente dell’autore, come quando descrive lo scioglimento dei ghiacciai, usando il tempo presente: “Nulla può resistere a tale furia, tutto è in moto, il frastuono è terribile, ogni cosa è travolta dalle acque irrompenti in una corsa folle e tutto va a colmare la vasta pianura padana, occupata dall’ultimo mare, il pliocene, fino a scacciarlo definitivamente”. Queste pagine parlano del forte impegno civico dell’autore nella salvaguardia del territorio, ma anche del suo umorismo, come quando descrive “quel roseo e fresco stuolo di ottomila prigioniere, vociante sciame femminile”, cedute ai Borgognoni, che per non perderle decisero di fermarsi nel luogo che avrebbe preso il nome di Besozzo. Brunella si è divertito a scrivere queste pagine, creando scene popolari nella quotidianità, tra sbornie, come quella presa dai monvallesi, quando scamparono il pericolo degli austriaci, beghe di paese e ritraendo figure con pennellate incisive, come il “gobbo de Pollee”, un Brunella, “che gironzolava tutto curvo sotto il peso degli anni”, uno dei pochi superstiti della campagna di Russia napoleonica, avendo partecipato alla battaglia della Moscova agli ordini del generale Beauharnais. Un personaggio così ricco di sfaccettature, come l’autore, non poteva non comprendere nei suoi più profondi palpiti la pietà che con parole accorate fa emergere descrivendo le condizioni misere dei contadini nella seconda metà dell’800. Besozzo si appresta a celebrare questa figura, grata del suo lascito.
Federica Lucchini