Entusiasmo e mecenatismo: dietro ai restauri che hanno riguardato anche la parte strutturale della chiesa di S. Apollinare c’è una bella storia di comunità che merita di essere conosciuta. Tutto è iniziato nel 2012 con l’arrivo in parrocchia di don Renato Zangirolami che ha messo in moto la macchina organizzativa per riportare all’antico splendore l’edificio. Attorno a lui si è coagulato un gruppo di volontari che ha coinvolto diverse energie. E il miracolo è avvenuto. Grazie, dunque, ai parrocchiani che non hanno mai mancato di dare il loro contributo, alla ditta ICSA di Sesto Calende, per il rifacimento del tetto e della messa in sicurezza dell’edificio, all’azienda Goglio di Daverio, alla TECNIPLAST di Buguggiate, che vede in prima fila i fratelli Bernardini “nipoti di Giovanni Testori -spiega don Renato- il quale, da critico, studioso d’arte e autore di saggi e opere teatrali sarebbe ben lieto di questo loro generoso mecenatismo”. Grazie a tutti questi contributi è stato possibile l’intervento dell’archeologo Roberto Mella Pariani e dei collaboratori Monica Motto e Mariagrazia Vitali nel recupero di tombe medievali. Fanno parte del comitato, presieduto da Carlo Canziani, oltre don Renato, Pietro Bernardini, Silvia Crugnola, Giorgio Belli, Giordano Gozzi, Attilio Bosetti, Marco Famlonga. Il rappresentante legale è il parroco don Valter Sosio.
Federica Lucchini
Si è come avvolti dalle figure dei tanti santi rappresentati sulle pareti appena si entra nella chiesa di sant’Apollinare. Un colpo d’occhio che invita ad apprezzare nel dettaglio questo tesoro di arte e di fede, reso così affascinante da due artisti che hanno operato a distanza di un secolo l’uno dall’altro, entrambi con mano felice e attenta. Sono due le date che il sacerdote residente don Renato Zangirolami indica, mentre lo sguardo vaga curioso. C’è bisogno di ordine per ricostruire la ricca storia pittorica di questo edificio le cui origini sono addirittura preromaniche. Ci ha pensato Galdino da Varese nel 1505, sette anni dopo dopo aver affrescato la cappella di santo Stefano a Bizzozzero, ad offrire ai visitatori, grazie ad un committente che non ha lesinato in denaro, un’immagine che inaugura la galleria dei santi sulla parete destra. La data l’ha posta in alto a sinistra accanto all’effigie di sant’Apollinare, dallo sguardo statico, che regge il pastorale, accanto a santa Caterina d’Alessandria con una chioma fluente che incornicia il viso delicato, mentre sullo sfondo di intravede la ruota, simbolo del suo martirio. San Rocco, tanto venerato come protettore contro le epidemie, appare con la sua gamba piagata. E’ curioso che l’anonimo collega di Galdino, nel 1607 abbia voluto apporre la data delle sue creazioni poco distante da quella di Galdino. Data che è stata accolta con grande gioia dalla restauratrice Rossella Bernasconi con i collaboratori Simonetta Pagani e Stefano Russo quando due anni fa i lavori hanno portato alla luce sul cosiddetto “arco trionfale”, che separa il presbiterio dall’aula, la scena dell’Annunciazione con lo sguardo di Maria che accoglie, evidenziando un gioco di mani che sa di estasi e umiltà, mentre dal cielo scende lo Spirito Santo sotto forma di colomba, molto ben raffigurata. Lo stesso autore continua la sua enciclopedia di santi, raffigurando Carlo Borromeo in odore di santità (non ha ancora l’aureola). Sopra san Pietro e sant’Apollinare l’artista seicentesco ha dipinto nella lunetta di sinistra del presbiterio un personaggio, che, secondo alcune studiosi, potrebbe rappresentare un membro della famiglia Bossi, che governava la zona, nelle vesti di Caifa, sommo sacerdote che chiese la condanna a morte di Gesù. La parete dietro l’altare rappresenta “Gesù in agonia nell’orto del Getsemani”. Ma purtroppo il protagonista manca: al suo posto c’è una nicchia barocca di marmo che custodisce la statua dell’Addolorata. Sono rimaste le figure degli apostoli mentre dormono, peraltro ben raffigurate. Una delusione, dovuta ad una scelta incomprensibile. Ma se si procede nella visita nell’attuale vano del campanile appaiono i resti dell’antica cappella che, afferma don Renato, “permette di comprendere meglio la planimetria e la struttura dell’edificio medievale”. La chiesetta di sant’Apollinare: un edificio a più strati che ha visto una intensa vita monastica. Gli studi hanno tramandato il nome delle monache che ivi pregavano nel 1119. L’affascinante storia che ha caratterizzato la chiesetta ora ci appare nella sua ricchezza. Per chi vuole apprezzarla, le porte sono aperte.
Federica Lucchini
Video anno 2012
Chiesa Sant’Apollinare – Crosio della Valle – Visita virtuale al cantiere del risanamento