IL SEGNO DEL DESTINO
Al risveglio il mio impegno più importante è riempire la ciotola del cagnolino meticcio. Cosa c’è di buono da mangiare? Croccantini con le vitamine? Paté al fegato di manzo? Devo farlo felice perché da un po’ di tempo a questa parte è la creatura con la quale socializzo più di frequente. Eh sì, sono rimasto vedovo tanti anni fa e il mio unico figlio ormai è andato a lavorare all’estero e non lo vedo più da anni; ha fatto bene ad andarsene, qui è rimasto un mondo di vecchi con qualche badante che viene dall’est e gli ambulanti magrebini che vendono cianfrusaglie al mercato del venerdì mattina.
Gli amici del circolo mi sembrano ogni giorno più stanchi di passare il tempo sempre allo stesso modo: partita a scopa d’assi, qualche lavoretto in giardino, tanta (troppa) televisione, la passeggiata lungo il viale tra le villette a schiera tutte uguali e anonime come le nostre vite di pensionati. Questa mattina cade la pioggia sottile dell’inizio d’autunno e in giro non si vede nessuno; vuol dire che mi metterò al computer per riordinare le foto del mio archivio. Era più divertente quando le fotografie erano “vere” fotografie, ma oggi funziona in un altro modo, si scatta in digitale, si scaricano i files, si aggiustano con il fotoshop e poi si salvano in attesa di farle vedere non si sa bene quando e a chi.
Rientro in casa e già sta squillando il telefono. Mi precipito a rispondere: “Pronto?” E’ il venditore di una casa vinicola che tenta di rifilarmi un set di bottiglie dei suoi intrugli; lo liquido in fretta dicendogli che ho il fegato in disordine. Il tempo di togliermi le scarpe e arriva la seconda telefonata: “Pronto?” E’ un gestore telefonico che mi propone un piano tariffario incomprensibile con fisso, mobile, internet, chiamate in Italia, all’estero, nel mondo, nel sistema solare e Dio solo sa dove; lo tronco senza alcuna esitazione