C’è stato un momento della nostra vita civile in cui l’educazione viaggiava a trecentosessanta gradi. Tutto o quasi era sotto la lente d’ingrandimento, persino una canottiera in un centro storico avrebbe allertato il buon costume o le forze dell’ordine. Figuriamoci se qualcuno si fosse azzardato a girare a torso nudo, la multa sarebbe piovuta senza neanche un preavviso. Il decoro, il pudore, la dignità personale in relazione a quella pubblica, erano all’ordine del giorno. Si partiva dalla scuola primaria, ma ce n’era per tutti,soprattutto per i supponenti e i menefreghisti, quelli che pur non avendo un fisico alla Steve Reeves si cimentavano nell’esposizione frontale dei propri pettorali. C’era chi lo faceva per una questione di puro esibizionismo, chi invece perché era convinto che l’appartenenza alla classe lavoratrice gli consentisse ogni tipo di libertà oppure chi lanciava la propria sfida alle regole della civile convivenza per dimostrare che le libertà potevano essere anche altre. Erano tempi in cui l’autorità metteva gli occhi un po’ su tutto e ogni trasgressione, anche la più ingenua, si pagava a caro prezzo. Il sistema regolativo del paese aveva gli occhi molto bene aperti su tutto.
Ricordo di un amico che, appollaiato sulla panchina di un viale con la sua bella in atteggiamento romantico, fu richiamato dal vigile che voleva accompagnarlo in questura. E si trattava solo di una testa appoggiata alla spalla, ma l’amico dovette mostrare la sua carta d’identità e dopo una lunga contrattazione fu invitato a lasciare la panchina e a tornarsene a casa. Decisamente esagerato, ma erano tempi fatti così. A scuola comandavano il preside, il maestro e la maestra, il professore e la professoressa, un genitore non si sarebbe mai permesso di mettere in discussione il loro operato o di alzare la voce, c’era nella gente, anche in quella più semplice, un sano timor di Dio e non solo, i ruoli erano ampiamente rispettati per tradizione, per cultura familiare e sociale. Il prete, il questurino, l’insegnante e il medico erano amatissimi dalla popolazione, guai criticarli, nelle persone era preminente quella sana educazione materna e paterna ereditata dalla storia personale. Se volevi affidare tuo figlio alla squadra di calcio dovevi rispettare il ruolo dell’allenatore. Quello che decideva era vangelo, nessuno si sarebbe sognato di intromettersi. Il mondo aveva le sue regole e le regole non guardavano in faccia a nessuno. La verità era che nessuno ti copriva le spalle, i pesi erano tutti a carico tuo, dovevi avere le spalle molto buone se non volevi finire male, nell’aria si respirava il rispetto delle istituzioni e ogni persona costituiva un’autorità: il cittadino era già un supergraduato, uno a cui bisognava portare rispetto, figuriamoci il resto. Chi avesse mandato a quel paese un poliziotto o il prete o un adulto qualsiasi si sarebbe trovato molto male sotto tutti i punti di vista, di solito i genitori erano un retroguardia attentissima, che sapeva amministrare molto bene l’ordine familiare in relazione all’ordine pubblico. Non si dava del tu, tantomeno alle persone più grandi. Ogni persona valeva in quanto persona, tutti avevano il diritto al rispetto della dignità personale e il saluto aveva una sua scala esponenziale, aveva anche lui le sue regole. Nell’aria si respirava una libertà ragionata, coscienziosa, si potevano fare tantissime cose, ma sempre attenti a non sgarrare. Tutto sommato la cosa andava benissimo, perché a quel tipo di educazione siamo stati abituati con le buone maniere, ma anche con qualche scopaccione dato nel posto giusto al momento giusto. La pedagogia era semplice nelle sue linee fondamentali, la capivano tutti, anche quelli che non l’avevano frequentata nei salotti bene o nelle aule universitarie, bastava poco per rendersene conto.
I ragazzi vivevano all’aria aperta, respiravano ossigeno tutto il giorno, si rinforzavano, praticavano sport, uno sport che non aveva nessun costo, perché si basava sulla buona volontà individuale, sul gioco, sul vivere con entusiasmo l’adolescenza. I problemi? C’erano anche allora. Il gradasso c’è sempre stato, così come il trasgressivo o il pieno di sé, ma trovavano strade sbarrate un po’ ovunque e nella maggior parte de casi dovevano retrocedere verso forme più consone a un gentile approccio con la realtà. Oggi la realtà è molto cambiata, siamo un po’ tutti schiavi della tecnologia informatica, crediamo di avere il mondo in mano, chiudiamo spesso gli occhi e facciamo finta di niente, siamo sempre pronti a proteggere e a decolpevolizzare, ma in realtà, in questo modo, facciamo il gioco di chi, nella confusione dei ruoli e delle idee, ci gioca con grande furbizia, mettendo spesso in crisi l’amatissima democrazia, con tutte le sue belle regole.