E’ Primavera, tempo d’amore. Un tempo era scandito in modo evidente e dolcissimo. C’era il tempo del corteggiamento che in Lombardia si traduceva nell’innamorarsi e cercare di far innamorare una “tusa con lo sponton”, ossia una ragazza a cui i genitori avevano regalato quello spillone distintivo che raccoglieva i lunghi capelli e che faceva intendere di non esser più “tuseta” ma sufficientemente grande per avere un eventuale benestare dalla famiglia di fidanzarsi, nel caso la tusa trovasse un bravu fiö.
Poi il fidanzamento con il regalo più ambito ed emozionante: i cogiaritt nel numero che corrispondeva all’età di fidanzamento della tusa.
Seguivano una serie di riti in attesa dell’imminente matrimonio: l’accurato completamento della “schirpa” (la dote) e la consegna di tutto quel ben di Dio che si era riusciti a conquistare a fatica per corredare la casa e la persona di cose preziose, prevalentemente di tessuto pregiato e ricamato a mano con amore.
Prima delle nozze i genitori (della sposa o dello sposo) acquistavano la Maria Bambina: la Madonna in fasce protetta da una campana di vetro che veniva posta sul comò della camera da letto della nuova coppia con la speranza, pregandola ogni sera, che la coppia si trasformasse presto in famiglia, con figli sani, sempre desiderati ed amati.
Una volta nata la prole, il prodigarsi nelle Primavere seguente per il mantenimento della nuova famiglia, coinvolgeva entrambe i coniugi, ognuno con i suoi compiti decisi dalla tradizione: la miè impegnata nei mestè de ca e nell’allevamento dei Bigatt o cavaleer (bachi da seta) per poter star vicina al nuovo o nuova nata e guadagnà un quei coos par sbarcà ur lunari,
ur marì, o era fortunato e aveva bastie da allevare e campi da coltivare a sufficienza per mantenersi senza lavorare altrove (se gh’eran tri vacch in stala eran sciuri) oppure doveva lasciare la famiglia, a volte per lunghi periodi par pudè andà innanz.
Attorno a tutto questo la vita di ognuno, scandita da sacrifici che si sopportavano grazie a riti e tradizioni che radicavano. Intanto la Maria Bambina vegliava sul nuovo nucleo famigliare, la Schirpa attendeva nel baüü di essere adoperata ma la spusa la g’aveva pagüra de ruinala, i bigatt sütavan a mangià föi da murun. Le campagne ricolme di gelsi, profumi di stalla aprivano le narici e facevano sperare in un buon raccolto insieme alle giromette fatte benedire al Sacro monte durante i primi pellegrinaggi e le prime processioni primaverili.
Un tempo remoto definitivamente scomparso? Forse sì, ma è la nostra storia. Sono le nostre origini. Impregnano i nostri cuori istintivamente facendoli sussultare emotivamente. Buona primavera a tutti!
Diana Ceriani
Maria Bambina