Pregare è un’altissima forma di meditazione e di conoscenza. Pregano gli asceti, gli ordini, i religiosi, i credenti, ognuno secondo gli insegnamenti ricevuti o secondo la voce dell’anima, quella che ci rende unici e diversi. Da sempre la preghiera accompagna il cammino dell’uomo, lo sostiene, gli conferisce dignità, gli fa capire quanto sia importante preoccuparsi con discrezione della formazione interiore, della creazione di percorsi dove la parola assume la dignità d’incontro con Dio. Ci sono diversi modi per pregare: c’è chi recita formule, chi inventa parole, espressioni, frasi, chi compie gesti, chi prega con lo sguardo e chi ascoltando la voce interiore trasferisce emozioni nella realtà che incontra sul suo cammino. La preghiera è un chiaro momento di riappropriazione interiore, di meditazione, di riflessione sulle cose fatte e pensate, su quello che il mondo si aspetta da noi. La preghiera è un filo sottilissimo con quella parte di noi che spesso neghiamo, che abbandoniamo al fuoco delle passioni terrene, rischiando di diventarne schiavi. E’ forse il modo più nobile di pensare a se stessi, di ritrovare la via d’uscita alle ansie di una condizione in cui non esiste nulla di scontato o di rigorosamente logico e dove spesso la verità si compone di sfaccettature, per offrire la possibilità di un’indagine caratterialmente espressiva.
Pregare fa bene alla salute del corpo e dello spirito, ma soprattutto aiuta a riattivare quel senso del limite che il consumismo brucia, lasciandoci spesso nell’illusione. Di solito la preghiera va dove il mistero è più fitto, dove la voce si ricrea per diventare luce, silenzio, appagamento interiore. Chi prega è più saggio, vive con più moderazione la storia del pensiero, riscopre vecchi tesori abbandonati, come l’educazione, la moderazione, l’equilibrio, l’armonia, relazioni umanamente responsabili. Chi prega conosce meglio la vita, impara ad amarla e ad apprezzarla, anche quando non è sempre quella che avremmo voluto. Nella saggezza della preghiera si compone l’ansia del mondo, un mondo che non dà tregua e che corrompe sempre più spesso una naturale predisposizione al pensiero divino. Pregare è ritrovare la parte più intima, quella di cui ci dimentichiamo, presi dal vortice della visibilità e di una ragione caratterialmente estetica delle cose. Pregare è ritrovarsi, seminare di nuovo un terreno divenuto incolto, incapace di risposte soddisfacenti. Si può pregare in ogni momento, anche quando le condizioni sembrano impossibili o inadeguate. La preghiera può essere individuale o collettiva, è energia capace di beneficiare, di far crescere, di custodire e di consolidare. In molti casi ci si affida alla preghiera quando il bisogno è più forte, perché sentiamo la necessità di riannodare un legame, di richiamare l’attenzione, di ridare voce a quella parte che trascuriamo. E’ nella preghiera che l’uomo ripristina il suo rapporto con la creazione, è con la preghiera e nella preghiera che si ricompone quel patto di alleanza che regola la vita degli esseri umani.