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Pillole di Architettura: Vi siete mai chiesto, transitando per il piazzale Carlo Maciachini, a Milano, chi fosse questo signore? Cosa ha mai fatto per avere dedicato un Piazzale in suo ricordo? Eppure migliaia di auto transitano tutti i giorni, per andare a Lecco, a Como, o a Varese – la città giardino – o nei tanti paesini che costellano i laghi, nella verde Brianza? Ebbene Carlo Maciachini era un architetto, nato a Induno Olona, il 2 aprile 1818, da Agostino e Rosa Cagnola – una famiglia poverissima, che obbligò Carlo, ancora adolescente, a lavorare come falegname, dove dimostrò un’attitudine all’intaglio. A 20 anni divenne intagliatore nel laboratorio dell’ebanista Carlo Invernizzi, frequentando la sera, l’Accademia di Brera, studiando Ornamento e Architettura. Sono sue le opere realizzate in questi anni: i capitelli della Chiesa di Bodio sul lago di Varese, e il pulpito della Basilica di San Vittore, a Varese. Fu in questo contesto culturale che Maciachini si avvicinò alle teorie del Nobile prof. Pietro Selvatico, noto docente di Critica e Storia dell’Arte, Storia e Teoria del Restauro e per la ricognizione dei Beni Artistici. Questo incontro ed affinità di pensiero favorirono nel giovane Carlo, la passione per l’Architettura, laureandosi, purtroppo a 43 anni, (date le ristrettezze economiche della famiglia), e dedicandosi per il resto della sua vita alla progettazione a realizzazione di grandi opere, come il nostro Cimitero Monumentale. Nel frattempo, nel 1842 oltre al matrimonio con una sartina, Maria Rosa Riva, aprì il suo primo laboratorio in via Terraggio, a Milano – e con il suo lavoro di ebanista, conquistò subito notorietà presso l’ambiente culturale milanese.
Nel 1859 vince il Concorso per la costruzione di una Chiesa serbo-ortodossa- San Spiridone a Trieste, nella quale Maciachini usò per la pianta del sacro edificio, la croce greca ed elementi orientali. Nel 1857 realizzò il letto a baldacchino dove l’Imperatore Francesco Giuseppe e la moglie Elisabetta di Baviera, nota come Sissi, riposarono, ospiti a Palazzo Reale. Nel 1860, insieme all’arch.tto Giovanni Brocca, partecipò al primo concorso per il completamento della facciata di Santa Maria del Fiore a Firenze.
Nell’autunno del 1860, fu bandito il Concorso per la realizzazione del nuovo Cimitero Monumentale di Milano. Per Carlo Maciachini determinante fu l’incontro con un autorevole esponente della Cultura Lombarda, l’arch.tto Camillo Boito, fratello maggiore del più noto musicista Arrigo. Camillo Boito, figura di spicco nel dibattito artistico italiano, esponente illuminato sulla ricerca dello stile nazionale, che avrebbe dovuto caratterizzare l’architettura, la scultura, la pittura e la decorazione nel costituito nuovo Regno d’Italia; Boito titolare a Brera, della cattedra di architettura, espresse un forte giudizio positivo sull’analisi del progetto presentato da Maciachini, così da confermarne la vincita con largo consenso. Sul tavolo della Giuria furono presentati 28 progetti, ma comparve nel suo progetto, un ulteriore interesse, la proposta di riutilizzo e recupero di strutture preesistenti. La prof.ssa Selvafolta scrisse nella sua guida (ormai introvabile) sul cimitero Monumentale ( Ed. Silvana, 1996), ” …è importante nell’architettura del Maciachini l’uso dei materiali, l’attenzione posta alle loro qualità funzionali e alla resa cromatica, giocando sull’alternanza del bianco del Botticino e il rosso scuro della pietra Simona nelle fasce orizzontali che cingono le costruzioni principali o sull’abbinamento tra il laterizio a vista con i graniti e le pietre marmoree del veronese…..L’impronta eclettica che governa il progetto di Maciachini, l’abile fusione di stili e motivi…” che qui, al Monumentale, si conferma il carattere definito Lombardo misto a elementi bizantini.
Il cantiere prese avvio nel gennaio 1865 e l’inaugurazione avvenne l’anno dopo, anche se i lavori proseguirono per diversi anni fino al 1887.
Opera ambiziosa, che si può definire eclettica, (come suggerisce il titolo del libro a lui dedicato: Maciachini – Un positivista eclettico per Jaca Book) per la commistione di stili che vedono fusi insieme il gotico, il bizantino e il romanico. Nel corso del tempo, molti scultori e architetti crearono opere d’arte per illustri cittadini milanesi, scultori come: Adolfo Wildt, Vincenzo Vela, Medardo Rosso, Giacomo Manzù, Lucio Fontana, Giò Pomodoro o le cappelle funerarie realizzate da architetti, quali Piero Portaluppi, Mario Labò, Giulio Ulisse Arata, e tanti altri, offrendo al visitatore un incredibile campionario di stili architettonici.
Il successo ricevuto con questa imponente realizzazione, che oggi possiamo ben definirla immortale, l’arch.tto Maciachini, assume così una forte considerazione nella cultura lombarda e milanese, considerandolo esponente di spicco della cultura eclettica di fine secolo, occorrono volumi per raccontare il Monumentale e le sue ricchezze artistiche e storiche, (forse in futuro mi azzarderò ad approfondire l’argomento con un ampio corredo fotografico, che meglio delle parole ci permetterà di comprendere la bellezza, la profondità di pensiero, le diverse espressioni del dolore terreno e la speranza della vita oltre la morte, espresse attraverso la scultura degli artisti che hanno indagato questi misteri.)
Ormai raggiunta la fama, e stabilità economica, Carlo Maciachini realizza la propria residenza a Milano, costruzione con forti caratteristiche determinate da elementi architettonici neogotici e richiami a caratteristiche edili, di tipo religioso (1867-1868). Piccola curiosità: durante la Seconda Guerra Mondiale, nei famigerati bombardamenti su Milano, dal 16 al 31 agosto del 1943 ad opera della Raf, la casa venne bombardata – era ubicata alla convergenza della via Turati con via dei Giardini, in Milano, in seguito l’arch.tto Giò Ponti, su questo terreno, realizzerà il Palazzo Montecatini 2, dove dal 1985, è ospitato il Consolato Generale degli Stati Uniti. Con i suoi progetti e realizzazioni, Carlo ha dimostrato come la sua fantasia abbia fortemente influenzato la sua creatività, rielaborando stili, reinterpretando elementi antichi negli stilemi definiti dai canoni architettonici di quei tempi. Ha saputo fondere il lavoro dell’artigiano-artista, cesellatore nel legno, con quello più potente del cesello nella pietra dimostrando così una profondità di conoscenza dei materiali. Gli venne conferito il titolo di Cavaliere dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (11 febbraio 1866), oltre alla prestigiosa nomina a Socio Onorario della Reale Accademia di belle arti di Brera (31 marzo 1868).
Dal 1870 al 1877, Maciachini si occupò prevalentemente di restauro e completamento delle facciate delle chiese più belle e ricche di storia di Milano, come la chiesa di S. Simpliciano, legata alla battaglia di Legnano (1176) o la chiesa di San Marco, ricostruita – per riconoscenza dell’aiuto ricevuto dai veneziani, nella lotta contro Federico I° Hohenstaufen meglio noto come Federico Barbarossa(1162).
Il 30 ottobre 1877 il Comune di Varese decise di affidare l’incarico della progettazione e realizzazione del nuovo cimitero cittadino all’arch.tto Carlo Maciachini, professionista ormai noto per il Cimitero Monumentale milanese. L’area prescelta per il più grande cimitero del varesotto, fu la sommità del colle di Giubiano, lungo la via Paolo Maspero, ed il 2 maggio 1880 fu inaugurato. Nello stesso anno a Maciachini viene dato l’incarico di progettare la facciata della chiesa di S. Maria del Carmine edificata nella seconda metà del sec. XV, autore l’architetto ducale e scultore rinascimentale Bernardo da Venezia, che non riuscì a completarla, incarico affidato a Pietro Antonio Solari. Maciachini ristrutturerà anche la Cappella del Sacro Cuore, a suggello di questo stile neogotico, ben documentato al Carmine.
Negli anni seguenti 1882-1885 Maciachini voltò la Cupola, in muratura a doppia calotta, per la quale utilizzò travature e una catena perimetrale metalliche, struttura concepita per contenere le spinte trasversali e scaricarle sui pilastri dell’ottagono. A questo intervento collaborò l’architetto ed ingegnere Alessandro Antonelli, (progettista della Mole torinese) per dare una sua consulenza in merito alle problematiche statiche della cupola. L’arch.tto Maciachini tra il 1895-1898 completò la facciata, (operando sul progetto iniziale del Bramante), senza apportare sostanziali cambiamenti ma, lasciando la muratura al rustico, con l’eccezione di due gallerie marmoree, per mancanza di fondi. Infine , dopo questo incarico, Maciachini concluse la sua proficua e lunga carriera d’architetto. Si ritirò a Varese, nella sua casa neorinascimentale costruita su un lotto di terreno posto all’angolo tra via Fiume e viale Aguggiari, ( oggi scomparsa) dove si dedicò con passione alla cura e coltivazione delle sue rose. Il 10 giugno 1899, all’età di 81 anni, si spense in questa casa, e le sue spoglie riposano nel suo capolavoro, il Cimitero Monumentale di Milano, in una sobria tomba da lui disegnata per la sua famiglia.
(marzo 2025 – Maria Grazia Luisetti)