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Se all’uomo fosse stato insegnato il senso dell’equilibrio, dell’armonia, della bellezza, della solidarietà, dell’amore, e il bene anche economico della cultura e questi valori fossero stati anteposti alla logica della speculazione, del profitto, poteva anche non finire così. I poeti lo sanno da almeno cinquant’anni, quando le campagne si spopolavano di braccia forti che inseguivano il sogno industriale, sradicando non solo uomini e storie, ma tradizioni e costumi, per svanire nei quartieri dormitorio, asfittici e alienanti, nella emarginazione, e nella indigenza. Così come il vitello d’oro di Aronne e Mosè del Sinai, ben diverso dal vello d’oro che Ermes donò a Nefele, il primo segnò la prima trasgressione del popolo eletto, l’altro secondo la mitologia greca, la pelle di un ariete alato, la capacità di volare. Questi due paradigmi della società sembrano creare la metafora tra la realtà che è stata tutta proclami e distintivi e la fantasia al potere quella dei poeti e dei movimenti di liberazione degli anni ’70.
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PERCHÉ LA POESIA SALVERÀ IL MONDO dal RMfonline