La parola ordine assume significati diversi, a seconda del suo impiego. Può essere comando, disposizione morale, prassi comportamentale, stato d’animo, condizione materiale, modo di essere, sottintende un intervento di natura razionale che si concilia con il senso dell’equilibrio e quello della misura. Quando si parla di ordine di un paese, il riferimento primario è alla sua capacità di essere in linea con il suo asse legislativo, con la determinazione dei singoli di saper interpretare e attuare quelle disposizioni che la natura democratica dell’ordine mette in campo. Inutile affermare che il contrario dell’ordine sia il disordine, cioè l’incapacità di fare le cose secondo quanto definito nella Costituzione o dallo statuto di un paese. Ci sono diversi tipi di ordine, quello morale, quello materiale, quello mentale, quello democratico.
C’è poi l’ordine sociale, l’ordine pubblico, l’ordine militare e l’ordine domestico, l’ordine intellettuale e quello costituzionale, l’ordine si sposa sempre a un sistema definito con regole precise. A cosa serve l’ordine? A evitare che i cittadini si dimentichino chi sono, quali siano i loro diritti e i loro doveri, che cosa sia giusto fare per dare un senso compiuto alle cose che vivono e a quelle che progettano. La prima cosa che colpisce di un paese è il senso di responsabilità di chi lo governa, è un dato che lo si può rilevare attraverso uno sguardo attento sulla realtà. Ogni dato ha una sua fonte di provenienza, tutto quello che cade sotto la diretta osservazione definisce il tipo di ordine, la capacità di chi, dell’ordine, ha la diretta responsabilità. Se cammini nelle vie di un paese e ti rendi conto che sono sporche, piene di rifiuti, se vedi che i nuclei abitativi sono obsoleti, se le persone schiamazzano, urlano, imprecano, litigano o dicono parolacce, tutto converge verso una destrutturazione dell’ordine. Il disordine è un segnale che sta a indicare uno stato d’ immaturità, d’ inconsapevolezza e definisce in negativo il modo di essere delle persone, soprattutto di chi ha la responsabilità diretta dell’ordine. L’ordine più comune è quello democratico, che si fonda sugli articoli della Costituzione, la Carta fondamentale dello Stato. Ma c’è anche un ordine morale che spetta alla natura stessa del cittadino, al suo livello di interiorità, al suo livello culturale, alla qualità della scuola che ha frequentato, all’impegno che la famiglia di provenienza ha messo per contribuire a formarne la personalità. Si tratta di un ordine importante, perché costringe a fare i conti con la natura stessa di un comportamento, di una scelta, di un’azione, di un pensiero o di una parola. Oggi il disordine morale è ampio e colpisce in profondità l’assetto affettivo e sociale delle persone, ne mette in discussione il modo di essere e di operare, tutti quei valori sui quali hanno costruito la propria maturità.
C’è poi un tipo di ordine estetico che è facile da individuare, perché è visibile e quindi incontrovertibile, tutti lo vedono e tutti sono perfettamente in grado di esprimere un proprio libero giudizio. E’ su questo che spesso la politica cade, nell’incapacità di fare le cose con ordine, di non dare un’impronta ferma e decisa di come occorra operare per costruire quel bene comune in cui confluisce l’ordine, valorizzandolo. La politica, in particolare quella supponente e poco preparata sul piano delle identificazioni delle cose importanti da fare, agisce in misura confusa, disarticolata, pensando molto di più agl’interessi di parte che alle necessità del paese. L’ordine segue una scala di priorità, deve essere capace di individuare che cosa sia prioritario fare per affrontare i problemi che si interpongono e che spesso impediscono di restituire all’ordine il disordine. Capita spesso di osservare che le prese di posizione siano più di natura emozionale, più di natura strumentale che comunitaria.
Nella polis tutto assume un significato comunitario, ma spesso succede che non seguendo un ordine equilibrato si rischi di cadere nella frammentarietà, nella quotidianità, nel fare le cose tanto per farle, a discapito di una realtà che richiede ampia capacità intuitiva, comprensiva e operativa. Mi rendo conto che parlare di ordine oggi significa mettere in discussione molte cose fatte sulla base di impulsi, di temporaneità, di interventi limitati e frammentari e quindi soggetti a disfunzioni di vario ordine e grado. L’ordine fisico presuppone quasi sempre l’ordine mentale e quello morale, dietro la materia c’è sempre lo spirito, quella parte spesso invisibile, che apre il cuore e la mente a un’ inaspettata qualità di sguardi e iniziative. Torniamo all’ordine quindi, partendo dalle cose che contano veramente, quelle che danno il senso prioritario della realtà e che la fanno amare da subito, lasciando aperto il campo a quello che si dovrà fare, ma senza precorrere i tempi.