Paolo VI sarà santo prima della fine dell’anno. La notizia data da papa Bergoglio durante l’incontro con il clero di Roma, nella Basilica di san Giovanni in Laterano, rimbalza sulle pagine di Avvenire e riempie di gioia chi ha seguito con grande interesse il pensiero e l’azione di questo importante personaggio della chiesa lombarda, approdato nel 1963 al soglio di Pietro. Si tratta di un Papa che ha percorso per molti anni la storia di una chiesa vessata da mille difficoltà, di un abilissimo traghettatore, fine diplomatico e profondo conoscitore dell’animo umano, aperto a un mondo in rapida trasformazione, di cui sapeva cogliere le attese e le aspirazioni, senza mai rinunciare alla forza e alla bellezza della fede. Di lui ricordiamo i viaggi compiuti in Africa, America, Oceania, Australia, Asia, il discorso tenuto a New York nella sede delle Nazioni Unite, la lettera scritta alle brigate rosse per la liberazione di Aldo Moro, i suoi incontri epici con i grandi capi delle religioni, su tutti quello con Atenagora I°, le encicliche, la sua grande capacità di condurre in porto il Concilio Vaticano II° cercando sempre di unire e di consolidare l’apertura della chiesa sul mondo.
Ricordiamo tra l’altro la sua attenzione per la chiesa varesina, per il Sacro Monte di Varese, la sua grande attenzione per il mondo del lavoro, coltivata con grande ardore nella Milano di cui era diventato arcivescovo. Ricordiamo con lui don Pasquale Macchi, il suo fedelissimo segretario personale, espressione dell’intraprendenza varesina, raccolta anche in una particolare attenzione per l’arte. Scrive il cardinal Martini nelle pagine di Lavoro ed Economia in G.B. Montini Arcivescovo di Milano, a cura di Adriano Caprioli e Luciano Vaccaro: “Il colloquio che stiamo iniziando intende portare la riflessione su una dimensione particolare dell’attenzione e dell’amore che Paolo VI, già da arcivescovo, ha dimostrato verso il mondo moderno, con gli interrogativi che esso poneva e continua a porre alla coscienza dell’uomo e del cristiano. Veniamo in tal modo condotti a riscoprire una caratteristica della sua spiritualità e, quindi, a interrogarci sulle ragioni più profonde che l’hanno spinto a interessarsi del mondo dell’economia e del lavoro”. E poi continua: “A più riprese, fin dal primissimo discorso di Sesto San Giovanni, mette in luce quella estraneità che egli sentiva esistere tra la religione e il mondo del lavoro e dell’impresa e che costituiva uno dei suoi crucci più assillanti. Il discorso montiniano si fa puntuale non solo per quanto riguarda l’analisi delle ragioni storiche che, sia tra gli operai sia tra gli imprenditori, hanno portato a questa situazione, ma anche e soprattutto nella sottolineatura delle opportunità e delle necessità di riaprire nuove vie di incontro e nuove vie di evangelizzazione del mondo moderno”