Con la sua attività, in questi ultimi cinquant’anni, ha attraversato millenni. E’ come se avesse instaurato un colloquio ininterrotto con i nostri progenitori che abitavano i nostri laghi, avesse letto, interpretato i segni che ci hanno lasciato, rendendoli vivi. Ne ha incontrati tanti, non ha lasciato “tacere” nessun reperto perché fosse sempre più completa la conoscenza della loro vita con la consapevolezza che la cultura primitiva, non è sinonimo di selvatichezza, ma di quella forza che ha permesso di vivere a noi dopo millenni. Paolo Baretti, archeologo, ex ispettore onorario incaricato dalla Soprintendenza Archeologica delle Belle Arti e del Paesaggio ad operare in diverse ricognizioni sul lago di Varese, ha ben presente il suo fondale. Ha lavorato nell’acqua torbida con quella passione che già fin dall’ultimo giorno dell’anno 1973 gli fece percorrere tutta la riva alla ricerca di pugnali, punte di selce, frecce, coltelli, raschiatoi. Ora si vuole dedicare a un mistero, che, se la sua ipotesi fosse valida, arricchirebbe le acque di una valenza sacra. E’ naturale o posizionato dall’uomo quel cerchio costituito da massi che si trova tra la cosiddetta Volta d’Amore a Cazzago e il pontile a una profondità di 70/80 cm, soprattutto ora che il lago è basso? E’ perfetto, formato da una quindicina di pietre rettangolari e trapezoidali, dalla misura di 50 cm. di lunghezza e 20 di larghezza. Poco più distante entrando nel golfo di Cazzago, altre due perfettamente parallele. E’ difficile non pensare alla mano dell’uomo. “C’è un grosso deposito di ciottoli morenici lungo la sponda del lago, eredità delle glaciazioni -spiega l’archeologo- tutti posizionati in modo disordinato. Questo isolotto, posto sopra un rialzo del fondo, invece, parla con un altro linguaggio. La sua forma è misteriosa”. E’ da tempo che lo studioso pensa che sia un Cromlech, cioè uno di quei siti particolari, formati da menhir, associati all’idea di una sepoltura. Dunque un tempio sotto l’acqua. “Non risale all’epoca delle palafitte. E’ posteriore e risalente, se l’ipotesi fosse confermata, all’età del ferro (1200/1100 a. C), prima che il lago si alzasse”, spiega. In questi giorni Baretti ha posto una boa, sopra quel tratto di acqua, in modo che sia protetto. L’incontro con il pescatore Luigi Giorgetti, detto Negus, che ha attraversato la vita sulle acque di Cazzago, non ha fatto altro che confermare una presenza familiare per i cazzaghesi. Quando lui era bambino con gli amici giocava su quei massi. Ora inizieranno le indagini di Baretti per comprendere dapprima se i massi si trovano nella loro sede naturale, cioè quella legata alle glaciazioni, o se sono stati adagiati lì per un motivo. Poi, al via i confronti con altri cromlech, l’approfondimento di studi già effettuati. Se l’ipotesi fosse una realtà, allora la storia del lago aprirebbe un altro capitolo.
Federica Lucchini
Un lago di Varese immaginato, molto diverso da quello che ci appare, la cui vita è testimoniata sul fondale. E’ una geografia particolare e affettiva quella presente sotto le acque, legata a quei pali che costituiscono gli indicatori della vita intensa dei nostri antenati, fin dal Neolitico. Ottimi carpentieri che sapevano ben trattare la quercia, il frassino, l’ontano, l’olmo per costruire le loro palafitte, erano interessati alle rotte commerciali a sud e a nord delle Alpi. Ci parlano attraverso gli studi effettuati fin dalla metà del secolo XIX per arrivare ai giorni nostri da eminenti archeologi. E ci dicono di quanto le istituzioni hanno creduto nel loro recupero: dal 2007 ai giorni nostri con bandi regionali che hanno raggiunto ben 650mila euro (non è mancato, in parte più ridotta, il contributo di alcuni comuni) sono stati realizzati ben 10 progetti. In questo momento l’attenzione è dedicata nel museo di Villa Mirabello a una fase di studio collegata all’esplorazione di una grande palafitta del Neolitico antico (4800 a. C.) i cui resti, l’anno scorso, necessitavano di essere messi in sicurezza con la posa di un campo di boe. Sono dei privilegiati gli archeologi subacquei, primi a toccare, come Francesco Tiboni l’anno scorso all’isola, dopo 7 mila anni i pali con millenni di sedimentazione, di rami, di terra. “Noi andiamo a cercarli con trepidazione -aveva detto- Chi li ha scolpiti sono state mani che progettavano una vita”. Stesse emozioni provate da Sabrina Luglietti con Paolo Baretti, alla scoperta fin dal 2017 della palafitta Ponti a Cazzago Brabbia e successivamente quella di Galliate Lombardo. “il nostro compito è di portare alla luce e far conoscere quello che solo in pochi vediamo e di raccontarlo con rispetto”, spiega Sabrina. L’isolino Virginia, la stazione di Bodio Centrale, o delle monete, sono state inserite nel sito seriale transazionale dell’Unesco “Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino”. Avete mai pensato di visitare queste palafitte? A Bodio la palafitta è raccontata da un suggestivo pannello vista lago, mentre al sito Gaggio Keller possiamo immergerci virtualmente tramite un video subacqueo disponibile su YouTube. Se vogliamo fare due passi nella storia del lago, alla darsena di Cazzago è allestito un percorso di visita con pannelli informativi che ci portano a conoscere come si viveva sul lago nell’età del Bronzo e tramite un qrcode possiamo partecipare virtualmente alle scoperte degli archeologi. Senza dimenticare la guida alla ricca mostra “La civiltà delle palafitte”, attualmente aperta a Villa Mirabello.
Federica Lucchini