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Orino – Dialetto e mele: Museo Pom Pepin

 21 Gennaio 2019 |  Pippo | |

Dialetto e mele: Museo Pom Pepin. E’ una denominazione curiosa quella assegnata dall’amministrazione comunale a questo luogo, cuore pulsante di un progetto inserito nel programma elettorale per rivitalizzare le tradizioni. Situato all’interno della biblioteca comunale, raccoglie molti testi in dialetto, ha un arredamento che risale alla civiltà contadina. E’ centro vivace di incontri per parlare esclusivamente nella lingua degli avi e per accogliere alunni e appassionati. Si irradia anche lungo le vie del paese, dove in cantine che si affacciano lungo le vie è sufficiente premere un pulsante accostato ad una finestra per illuminare spazi in cui si ammira l’autenticità del mondo rurale con oggetti salvaguardati e consumati dall’uso. Qui a Orino, ogni richiamo ad un passato che è stato all’insegna del lavoro e di una vita comunitaria vivace è sacro. Non poteva non esserlo la mela poppina, una pianta autoctona, che ha sfamato gli orinesi in tempi difficili e di cui si stavano perdendo le tracce. Ora questa vecchia varietà grazie all’intervento dell’agronomo Fabrizio Ballerio ha ripreso vigore: cento piante si trovano in un orto didattico, di proprietà comunale, gestite dall’azienda agricola Milesi, che si occupa della manutenzione, della potatura ed è fornito di una telecamera che registra lo stato di crescita dei frutti. Quest’anno le attese sono grandi, considerato l’interesse della Fondazione Minoprio, degli alunni e docenti dell’Istituto Newton di Varese e di Slow Food. Altre piante sono sparse in orti privati: “Sono gialle, rosse nella parte in cui sono colpite dal sole. Resistenti alle malattie, si mantengono sane per tutto l’inverno”, spiega il sindaco Cesare Moia, che ha voluto fortemente la realizzazione dell’intero progetto. Il logo di Orino è una grande mela al cui interno vengono spiegate le bellezze e le caratteristiche del paese, anche in lingua inglese. Lo si può ammirare nella piazza del municipio. Per giungervi, si può ammirare la prima cantina, quella “du la Gesa”, dove sono ben disposti tutti gli attrezzi per il taglio della legna, quella “dul Fael” (Raffaele) dove l’attrezzatura per pigiare l’uva dà l’immagine di quanto un tempo questa attività richiedesse fatica. A proseguire, quella “dul burget di ratt”, che ricorda un luogo dove i topi proliferavano. Qui, fanno bella mostra di sé i carri da trasporto, con una “baroza”. Poco distante la cantina “du la Mariana” dove sono esposti gli attrezzi agricoli. Ora, si sta cercando di individuare un’altra cantina, visibile sulla strada, tanti sono gli oggetti inconsueti per la nostra epoca che potrebbero essere esposti per completare quel viaggio nel mondo rurale che il paese offre. Non solo come esposizione, soprattutto per conoscere meglio le nostri radici. E poi si arriva alla biblioteca, dove sono custoditi dalla bibliotecaria Raffaella Meroni oltre duecento testi e vocabolari in vernacolo, acquistati grazie al contributo della Comunità Montana delle Valli del Verbano, dalla Fondazione Comunitaria del Varesotto e con il supporto della rivista culturale “Menta e Rosmarino”. Alcuni volumi sono di grande pregio, acquistati grazie al rapporto con il Centro di Dialettologia di Bellinzona a partire dal “Lessico dialettale della Svizzera Italiana” per passare al “Vocabolario del dialetto della Svizzera Italiana”, giunto alla lettera “C”. Fra tanti altri libri appartenuti al narratore in vernacolo Gregorio Cerini di Arcumeggia, occhieggia una “batela”, uno strumento in legno che serviva per suonare le ore o un “sugaman de cànuf” (un asciugamano di canapa). Mentre si è in attesa che questi volumi entrino nel circuito dell’interprestito provinciale, come consultazione, vivace è la vita culturale: un incontro quindicinale vede tanti appassionati di dialetto come il poeta Mauro Marchesotti. A registrare tutto il conversare in dialetto, attorno ad un argomento, ci pensa Giorgio Roncari, la cui anima di scrittore in vernacolo non viene mai meno. A dare il via alla vita del museo ci ha pensato il sindaco, invitando nel maggio dell’anno scorso Angela Clivio, che in quell’occasione compiva cento anni. A Orino tutto deve essere in sintonia.
Federica Lucchini

 

 

 

 

Video

Fondazione Minoprio – BIODIVERSITÀ NEL COMUNE DI ORINO

 

 

Orino – Il dialetto la nostra lingua, le nostre tradizioni

 

 

 

 

 

 

 

La signora Angela Clivio festeggia i suoi 100 anni e inaugura il museo del dialetto – Una vita lunga come una scala


 

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