“Sarai fiero di noi! Finalmente siamo in silenzio pensando a te”. Questa frase scritta sul banco di Alex Preia, il ragazzo che ha perso la vita sabato scorso sulla sp 1 tra Gemonio e Caravate, simboleggia quello che è stato il giorno dopo la tragedia nell’istituto in cui lui studiava. Occhi lucidi e tanto tanto silenzio nella sua aula. Quel silenzio, saturo di pensieri e di nodi alla gola, che avvolge come una cortina tutto l’ambiente. Seduti in circolo, a tentare di ricordare l’amico-compagno, i ragazzi sono immobili come statue. La ventata della tragedia che si è abbattuta su di loro li sta facendo crescere improvvisamente. Hanno bisogno degli abbracci. Intensi, lunghi. Durante la ricreazione sono come gruppi scultorei. Stretti tra di loro a infondersi a vicenda conforto, non si muovono. Attorno all’amico del cuore, disperato nel suo silenzio, si forma come una cortina di protezione. Tante mani si protendono verso di lui a far sentire la loro condivisione: chi gli tocca i ricci, chi lo accarezza, chi si avvicina cercando di farlo sorridere. In fondo, sull’angolo sinistro dell’aula c’è il banco di Alex: un cestino di fiori evidenzia la poesia del dolore. Attorno un mare di scritte: il dolore si riesce ad esternarlo meglio cosi. Sono dediche che hanno il sapore dell’intimità, di un percorso vissuto assieme. Anche poche voci, comunque, riescono a ricomporre un ritratto dell’amico, colto nella sua più profonda umanità: “Il suo modo di fare non ce l’aveva proprio nessuno”. L’affermazione di una compagna trova subito l’approvazione generale. “Sapeva ascoltare -conferma un’altra- e cercava sempre di aiutare chi era in difficoltà”. “Nessuno -interviene un’altra- aveva un brutto legame con lui. Non si poteva. Era senza pregiudizi”. “Io e lui eravamo rappresentanti di classe. Ci capitava di uscire per discutere dei problemi della classe. Un giorno ero triste. Mi ha dato una pacca sulle spalle e mi ha detto: “Io ci sono sempre!”. Questo era lui!”.
Federica Lucchini