Capita sempre più spesso di passare o di essere accanto a luoghi tradizionalmente sacri e di essere testimoni di una maleducazione sconfinata, quella che ti costringe a riflettere sulla condizione umana e sulle sue inadempienze. Come mai ragazzini e ragazzine bestemmiano? Come mai urlano emettendo suoni animaleschi che nulla hanno a che fare con il genere umano e le sue regole? Come mai ragazzi e ragazze dicono parolacce che farebbero rabbrividire persino i carrettieri di una volta? Come mai invece di insegnare l’educazione, di insegnare a pregare, a riflettere, a pensare, a studiare, a impegnarsi, si pensa di risolvere tutto con varie forme di arroganza aziendale, come se bastasse aumentare la quantità del prodotto per dimostrarne la qualità e l’efficienza. Come mai invece di ricostruire un’identità spenta da anni di incongruenze, inefficienze, incapacità, si pensa sempre in economia, come se il mondo fosse solo quello che ci appartiene e non ce ne fosse uno in attesa, molto più attento e pronto a offrire il proprio contributo? Come mai l’arroganza è diventata talmente grande che non permette più di decodificare la realtà, cogliendone gli aspetti che meritano un’ assoluta attenzione, per rimettere in moto un patrimonio educativo che altrimenti rischia di disperdersi e di annullarsi tra rifiuti e rovine? Mentre il mondo guarda al mondo e non sa come fare per dare un ordine umanamente logico alle iniziative che si prendono, i giovani in molti casi crescono nella più assoluta inconsistenza etica, non conoscono il valore di un comportamento, di una parola, di una frase, non rispettano se stessi e il prossimo, vivono come se intorno avessero il nulla. Dunque il problema di una maleducazione diffusa, che in molti casi rasenta la paradelinquenza, esiste ed è molto diffuso, perché la società in cui i giovani vivono e manifestano la loro esuberanza tollera tutto, è disposta a far finta di niente, pur di mantenere intatto quel pizzico di potere che galleggia in un mare di guai, in attesa che il mondo, quello che ha voce in capitolo, si ricordi del suo ruolo costituzionale e rimetta le cose a posto. Senza ordine, senza regole, senza coscienza di ruolo, senza educazione non si va da nessuna parte, non solo, si rischia di affondare una democrazia che con grandissima fatica, ma con molta dignità umana, cerca di dimostrare che la libertà non è un bene strumentale con cui ognuno può fare tutto quello che vuole, ma è un dono che presume intelligenza, disponibilità, attenzione, fermezza, autorevolezza e anche quel pizzico di autorità necessaria per far capire al prossimo che siamo tutti responsabili del buon o del cattivo andamento di una società che si presenta al mondo con l’etichetta di civile. Forse quel mondo che con troppa disinvoltura guarda alle ultime propaggini del consumismo, dovrebbe ricordarsi che si diventa grandi passando attraverso una formazione in cui la coscienza assume un ruolo individuale e collettivo, di grandissima importanza. Tornare al rispetto delle regole e alla disciplina è l’unica via possibile per dare un senso a chi ci guarda, aspettando l’imbeccata giusta.
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