NEL VOLTO DELLA POESIA, L’ANIMA DI UN POPOLO
di felice magnani
La Letteratura italiana ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella nostra vita, anche in quella apparentemente legata a una quotidianità prevaricante. La scuola ci ha insegnato ad amarla poco per volta, ma con grandissima determinazione e caparbietà, ci ha fatto capire che l’animo umano ha anch’esso bisogno di essere alimentato, di cibarsi in modo adeguato e coerente, per poter esprimere tutta la sua ricchezza, quella che nasce da una fonte inesauribile di magia spirituale, fuori da quei vincoli terreni che limitano e in molti casi opprimono quei doni che madre natura ci ha voluto gentilmente consegnare perché ne facessimo buon uso. Ma dove sta di casa esattamente la poesia? Come si fa a trovarla? Nella maggior parte dei casi sta scritta in un buon libro e per buon libro s’intende capace di attrarre, affascinare, emozionare, sviluppare una visione più ampia e approfondita di noi stessi e di quel mondo che insieme a noi apre la porta della bellezza, allargando lo sguardo sull’orizzonte, tra visioni mai prima osservate. Leggere il testo poetico, introdursi nel fascino suggestivo della parola, è un po’ come porgere l’orecchio all’ascolto di un brano musicale, lasciando che l’interiorità si lasci condurre e sedurre dal ritmo unico e suggestivo del verso. E’ la parola con la sua infinita magia che riveste la poesia, le dona fragranza e aroma, aprendo l’animo a esplorazioni senza confini, lasciando che la suggestione erompa in tutta la sua bellezza e la sua particolarità e che l’immaginazione non limiti la sua ascesa verso nuovi mondi e nuovi significati. Ma chi è il poeta? Un euforico esploratore di suggestioni o un amabile costruttore d’immagini? Un raccoglitore di emozioni o un artiere sempre pronto a limare e a ripulire le parole e il verso per rendere più splendente l’umore siderale di un suono. Chi incontra un poeta è un fortunato, soprattutto oggi, in una società che snatura spesso la propria sottile e amabile affidabilità affettiva. Chi sa cogliere l’essenza della vita è un virtuoso, è uno che non si accontenta di volare radente sulla superficie delle cose, è uno che vuole conoscere, sapere, inventare, costruire, ascoltando tutte quelle voci che se rese libere si alzano in volo, dimostrando quanta ricchezza ci sia nell’animo umano, quanta voglia di scrivere, suonare, cantare in una forma garbata e sottile, elegante e raffinata. Ecco uno dei grandi temi dell’educazione letteraria, sollecitare la curiosità del discente, fare proposte degne di nuove e più approfondite esplorazioni, condurre a una vera e propria drammatizzazione del testo in una forma teneramente teatrale, rivalutare l’uso e i significati delle parole, i mille sensi di una frase, frugare nell’umanità del poeta per conoscerne più a fondo la ricchezza, passando attraverso la sua storia, riabilitando il sentimento, l’audizione, valorizzando il potere educativo della recitazione, la capacità autoctona di creare versi o racconti, prendendo le distanze da tutto ciò che non alimenta la forza propulsiva della bellezza. La poesia aiuta l’umanità ad alzarsi in volo per alleggerire i pesi dell’iniquità e quelli dell’incongruenza, lasciandola libera di ritagliarsi momenti unici di osservazione e d’immedesimazione, momenti di libertà vera e profonda, dove il tempo e lo spazio celebrano la forza dell’intuizione e quella dell’esplorazione. Si può sempre trovare il tempo per una riservata ma costante riabilitazione spirituale, perché è anche nello spirito magico della semantica che si nasconde il seme della ricerca e della riflessione. La poesia è un atto di fede? Per capirlo basterebbe leggere il Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi, ritrovare così la leggerezza di un’unione fraterna che abbraccia la bellezza in tutta la sua espressione fraterna, materna e paterna, lasciandosi rimescolare dalla forza straordinaria di uno spirito che parla con le sue mille voci, con i suoi suoni, le sue visioni, i suoi colori, la sua innata passione. Fede umana e fede divina, espressioni di un amore che sovrasta e che alimenta, che converte e alleggerisce, che leviga e ripulisce, lasciando nell’anima la voglia di intonare, scrivere, lodare. All’origine della poesia c’è una fonte religiosa d’inesauribile energia, quasi un vincolo tra il creatore e le sue creature. Ritrovare il canto della poesia è un po’ come accogliere l’ombra estiva dopo un lungo cammino, lasciandole il tempo della riconversione. In una società dove spesso i racconti quotidiani sono impregnati di violenza fisica e verbale e dove l’umanità si spegne aggredita dai venditori di morte, il canto melodioso della poesia lancia la sua sfida, riattivando la sottile dolcezza della parola e dei suoi straordinari segreti. Riattivare la dolcezza, la melodia, la forza evocativa di una parola o di una frase, lasciarsi prendere e condurre per mano dal desiderio di un’emozione, vincere l’iniquità e abbracciare di nuovo la voglia di uscire puliti, accendendo il sacro fuoco antico della memoria è un po’ come riabituarsi ad ascoltare tutto quello che abbiamo dimenticato, ma che ci manca moltissimo. Dunque dopo mesi di navigazione pandemica, di prigionia fisica e di castrazione mentale, di ascolti appesantiti dal timore della malattia e da quello della morte, un po’ di poesia non guasta. Non guasta rileggersi Leopardi, Pascoli, Manzoni e tutti quei poeti che con le loro autentiche prodezze letterarie ci hanno insegnato a vivere con pacatezza e dolcezza quelle straordinarie ricchezze che abbiamo ricevuto in eredità da insegnanti e genitori che credevano nella loro missione educativa, sicuri che un giorno quei sentimenti e quelle emozioni avrebbero contribuito a cambiare in meglio le ruvide asprezze di una vita spogliata delle sue più nobili essenze.