NEL REGNO DELLA TECNOLOGIA INFORMATICA, DEL TUTTO SUBITO, C’E’ CHI RICHIAMA L’ATTENZIONE DEI GIOVANI E DELLA SCUOLA SULLA BELLEZZA DELLA LETTERATURA, SULLA OPPORTUNITA’ DI INSEGNARE A FARE DOMANDE, A MOVIMENTARE IL TESORO DEL PENSIERO GIOVANILE, SEMPRE PIU’ ISOLATO E ABBANDONATO A UNA MODERNITA’ CHE CREA SEMPRE PIU’ SOLITUDINE E SI SA, QUANDO I GIOVANI, NON SONO MOTIVATI, FANNO DANNI.
di felice magnani
Che il mondo dei giovani viva un momento difficile lo vedono tutti, a scuola, in famiglia, in oratorio, nelle vie, nei parchi, nelle strade, nella dimensione pubblica in generale, la vetrina forse più attrezzata per farci rendere conto di quanto la gioventù di oggi, quella della tecnologia, dei telefonini e dei computer viva uno stato di profonda frustrazione e di profonda solitudine, determinata anche in parte dall’assenza educativa delle principali agenzie educative. Si vedono sempre più spesso giovanissimi e adolescenti che vivono per strada urlando, mancando di rispetto alle persone, soprattutto nei confronti di quelle che avrebbero bisogno di sostegno morale e sociale e questo è ancora più grave, perché significa che molti ragazzi sono allo sbando, possono fare tutto quello che vogliono in barba alle regole, alle leggi, al buon senso, alle famiglie, alla scuola e alle autorità in genere. Esiste ancora l’autorità? Certo che esiste, ma i ragazzini dei tempi moderni non hanno più rispetto di nessuno, nemmeno dell’autorità, vivono allo stato brado, infischiandosene di tutto e di tutti. Incredibile! Qualcuno qualche domanda dovrebbe porsela. Dove sono gli educatori? Cosa fa quel mondo degli adulti che nella maggior parte dei casi è assente ingiustificato? Sempre più spesso bande di ragazzini e ragazzine scorrazzano per il paese di sera dopo cena e suonano i campanelli, costringendo persone anziane, ammalate, a dover affacciarsi alla finestra, per vederli scappare. Siamo sempre più spesso spettatori di una gioventù che non sa partecipare alla bellezza di un mondo che ha tutto, ma che non sa vedere più in là del proprio naso. Si tratta di un mondo che non sa più parlare, che non sa più farsi capire, un mondo che soffre di malesseri profondi, che non è più capace di dire un no secco, che si fa mettere sotto da ragazzini maleducati, che non si interessa a quello che fanno, perché lo fanno. Il mondo degli adulti non parla con i giovani, preferisce rivolgersi ad altro, preferisce non immischiars, far finta di niente, aspettando che le generazioni passino e che magari quella che viene sia meglio di quella che se ne va. La domanda sorge spontanea:“Ma il mondo degli adulti sa chi sono i giovani, conosce i loro problemi?”. Si è mai posto l’interrogativo di chi siano quei ragazzi e quelle ragazze che spesso trascinano le loro giornate, senza dare un senso concreto a quello che fanno, a come lo fanno o perché lo fanno? Il mondo degli adulti è ancora capace di educare o ha perso per strada le proprie responsabilità genitoriali. I genitori sanno come si comportano i propri figli? Hanno ancora tempo per dialogare, per spiegare loro la bellezza della vita, la sua capacità di generare orgoglio e bellezza, stima e consapevolezza, lo sanno i genitori delle tecnologie informatiche che i ragazzi hanno bisogno di attenzioni particolari, hanno bisogno di persone che parlino costantemente con loro, che li aiutino a conoscersi, a entrare nella complessa e meravigliosa realtà della condizione umana e delle sue necessità? Come mai i luoghi deputati alla crescita morale e sociale sono sempre meno frequentati? Come mai non si educa più alla collaborazione, a capire cosa significhi essere uomini e donne che vivono e operano in una società, quali siano le ricadute negative di un comportamento sbagliato. Siamo sicuri che la scuola, la famiglia, prediche a parte, facciano tutto quello che devono fare per mettere i giovani nella condizione di conoscere se stessi? Cosa può fare la scuola? Insegnare significa entrare nel cuore e nella mente dei ragazzi, aprirli all’ascolto, al desiderio di porsi delle domande, di chiedersi quale sia l’importanza di una vita creata con tanto amore da due genitori che per la vita danno tutto se stessi. Quanto contano le materie di studio? E’ importante la letteratura? Conoscere la vita degli altri può aiutare a comprendere meglio la propria? Quanto conta la passione di chi è delegato al passaggio della comunicazione verbale e a quello della comunicazione culturale? Quanto conta la cultura nella storia dei ragazzi? Quanti sanno che cosa significa conoscere? Quanto conta l’educazione nella crescita morale e sociale di una comunità? E’ giusto lasciare che dei ragazzi e delle ragazze vivano dei mesi, dopo la fine della scuola, senza fare nulla di concreto per se stessi e per gli altri? Cosa fanno le associazioni per invogliare i giovani ad assumersi le proprie responsabilità? L’oratorio è ancora il luogo dove s’impara a conoscere meglio la propria identità o non è diventato l’espediente estivo per poter fare tutto quello che si vuole in barba alla buona educazione? Quanto conta oggi l’educazione religiosa all’interno del mondo giovanile? Come deve essere il professionista che ha il compito di educare i giovani? Quanto conta nella nostra storia didattica la condotta? E’ importante far conoscere ai giovani le regole che governano una società civile? Quanto è importante non perdere tempo? Siamo sicuri che le agenzie educative di oggi facciano tutto quello che deve essere fatto per migliorare la condizione educativa di un paese lasciato per troppo tempo in balia di un errato concetto di libertà? Conoscere la vita degli altri può migliorare la nostra? Che valore ha oggi una predica? Siamo sicuri che il nostro modo di comportarci aiuti il mondo dei giovani ad acquisire una conoscenza più vera e più diretta di come si dovrebbe vivere? Forse è tempo di ripensamenti, di riposizionare una scuola che sta diventando troppo “globale”, troppo informatica, troppo schiava di profonde solitudini morali, troppo proiettata verso l’internazionale e poco cosciente del nazionale, forse c’è bisogno di una scuola meno condizionata dagli esterismi e più attenta a riprendere in mano l’educazione delle persone, ritrovando nella condizione umana la fonte principale sulla quale far convergere l’impegno e le volontà. I giovani hanno bisogno di essere impegnati, hanno un’assoluta necessità di capire il senso del tempo, devono imparare a distribuire la loro energia, devono soprattutto imparare a dare un senso compiuto alla loro vita, per questo il mondo degli adulti deve saper orientare, indirizzare, deve capire le necessità, trasformare il qualunquismo inconcludente in una realtà che abbia un senso e che sappia fornire le risposte del caso. Famiglia e scuola devono riprendere in mano la loro autorevolezza e quando è necessario anche la loro autorità. Lasciare i figli allo sbando è l’anticamera di fallimenti che coinvolgono tutto l’asse societario, significa non fare il proprio dovere, mancare di rispetto alla popolazione, alla Costituzione italiana, quel bellissimo documento di cui si parla spesso, ma che non viene quasi mai rispettato come dovrebbe. La maleducazione parte da lontano e se non la si argina al momento giusto arriva nelle famiglie, nella scuola, nella società civile, manifestandosi per quella che è, un’assoluta mancanza di senso di responsabilità. I malesseri dei paesi si collegano principalmente alla mancanza di autorevolezza educativa da parte di quelle agenzie che hanno dei precisi doveri nei confronti della società e dei giovani in particolare. I genitori spesso urlano a sproposito, gl’insegnanti spesso urlano a sproposito, non è necessario urlare, occorre parlare, dialogare, conversare, confrontarsi, capire, aiutare, essere vicini, dimostrare che l’adulto c’è sempre, soprattutto nel momento del bisogno, ma perché la soluzione migliori è assolutamente necessario che genitori e scuola aiutino sul serio i loro figli, insegnando ad amare la vita, ad amare la conoscenza, a diventare guide sicure in un mondo che troppo spesso diventa preda della furbizia e di ogni tipo di maleducazione e di violenza. Educare è il compito fondamentale di una comunità che diventa grande, che vuole diventare protagonista di tutte le cose belle che la riguardano, ma occorre che tutte le persone della comunità si ricordino di avere dei diritti e dei doveri, si ricordino che il bene bisogna costruirlo ogni giorno anche con fatica, ma con la convinzione che i giovani vanno seguiti, capiti, aiutati, ma occorre anche educarli all’assunzione di precise responsabilità, altrimenti ci ritroveremo con una società a gambe all’aria, nella quale prevarrà l’anarchia rispetto alla bellezza della tanto decantata democrazia.