Ci sono opere che non hanno età, che vivono nel tempo e nella natura umana perché ne sono parte integrante, viva, come se qualcosa di aprioristico fosse già presente all’atto di nascita, nell’evoluzione del pensiero, nelle sue dinamiche, nella sua capacità di cogliere i punti luce di un’esistenza magica e misteriosa, che ripropone ciclicamente quei temi ai quali ci siamo abituati, ma che non abbiamo mai preso sul serio, andando un po’ a fondo, alla scoperta di che cosa ci sia dietro un colore, un aroma, un’emozione, una scoperta, un sentimento, una gioia, un dolore, una voce che coglie di sorpresa e induce a riflettere e a pensare. A chi ha insegnato si è posto spesso il problema dell’attualità, di cosa sia, di quale riflesso avesse su una personalità in crescita, di come si posizionasse nel succedersi degli eventi. In molti casi il passato ha avuto il sopravvento, quasi fosse l’età dell’oro, nicchia fedele di cose perdute, dove tutto diventava fiaba e poesia, luogo di certezze e condivisioni. Ma non per tutti è stato così. Per molti il passato è stato un termine di confronto dal quale partire per capire meglio il presente e il futuro, coscienza critica, patrimonio di condizioni e contraddizioni per elevare lo spirito umano, per ritrovare il senso di una regola, di una legge, di una libertà, di una affinità elettiva. Il passato è stato un punto di partenza, un campo di decollo da cui partire per stabilire un equilibrio, per rimettere in movimento ciò che il tempo aveva mummificato, cancellato, svuotato. Il passato non è mai stato tutto negativo come una certa letteratura popolare ha voluto far credere. Tra le negatività è sempre spuntata una luce, anche se flebile. Nel presente manca spesso un passato, è come se all’improvviso ci si sentisse orfani, senza il maglione di lana per difendere le spalle da un freddo troppo intenso, privi di motivazioni serie per procedere, per dare un senso alla vita, al tempo del quotidiano che scorre senza pietà. Ci si chiede come mai senza una storia diventi più difficile distinguere il fine e lo scopo dell’esistenza, ricomporre l’inizio e la fine, il punto di partenza e quello di arrivo, l’importanza di un percorso su cui misurare i propri passi, la propria umanità. Eppure gli uomini in molti casi vivono alla giornata, perché non sono stati educati a conoscere e ad amare la propria storia, la forza e la bellezza delle sorprese e degli stupori che riserva, vivono, ma senza la consapevolezza di vivere, senza la cura e l’attenzione che una simile condizione richiede per diventare sostegno. Spesso diventiamo testimoni di atteggiamenti e comportamenti che vanno contro lo spirito della vita, è come se vivere fosse una colpa, una condanna, come se non fosse poi così bello respirare l’aroma di un fiore in primavera o vivere la primavera dell’amore, quando tutto converge verso la bellezza, la gioia, il sogno, la voglia di correre in un prato con lo sguardo rivolto verso il cielo. Capita spesso che dimentichiamo tutto quello che abbiamo pensato e sognato nella nostra natura infantile, quella giocosa e gioiosa, dominata da scoperte e stupori, da meraviglie e aspirazioni. La dimentichiamo proprio come se non esistesse più, come se all’improvviso il mondo avesse cambiato colore. Ci siamo scordati le pagine affabili di una letteratura impregnata di umori italiani, dove si scopre l’esercizio profetico di un’ascesi, di una tensione morale, di un sogno sbandierato sulle barricate di una libertà da conquistare, di una sottile voglia di esprimere, di incantare, di far correre l’umore di una scelta e il calore tiepido di stagioni perdute. Siamo nati e cresciuti con la brezza letteraria della poesia e del racconto nel cuore, abbiamo letto e pensato, lasciandoci trasportare spesso dagli slanci eroici di un pensiero vincolato all’azione, l’uno a supporto dell’altra, come se l’unione fosse proprio questo, un risveglio e un sussulto di passionale leggerezza, sparsa tra impennate di orgoglio e di fantasia, di risvegli emotivi e sentimenti riposti. Nell’idea mazziniana di pensiero e azione abbiamo camminato convinti che nulla potesse fermare la corsa verso una identità, verso una personalità convinta che nelle pagine di un libro fosse nascosto il segreto di una vittoria, di una rivalsa sulla sofferenza vissuta. Nel fertile ingegno di pedagogisti della parola e del verso abbiamo appreso il diritto alla legalità, il diritto alla giustizia, l’amore incondizionato per una casa, un territorio, un mare, una collina, una bandiera, una storia. Nella loro delicata e profonda passione ci siamo resi conto di quanto bella fosse la nostra lingua, sciolta dagl’intrecci di un localismo eccessivo e lanciata a briglia sciolte verso l’autodeterminazione. Abbiamo letto e imparato a pensare, a mettere in campo le nostre forze sentimentali e morali, abbiamo cercato di imitare gli slanci e di crearne di nuovi, sempre con lo sguardo rivolto all’orizzonte della bellezza e dell’audacia, come se il mondo fosse un grande, meraviglioso mistero da sciogliere e da gustare. Siamo cresciuti ascoltando e imparando, aspettando di adire a conferme di natura personale per non rovinare l’incanto. La letteratura ha insegnato anche questo, a mantenere uno sguardo, a non cedere alle pressioni, a tenere il cuore e la mente sollevati sui materialismi incombenti, per permettere all’investigazione di continuare la sua strada senza cadere troppo velocemente negl’intrighi di corte, negli antagonismi repressi, nelle rivalse, negli odi e nei rancori, nella visione di un mondo sordo alle sollecitazioni di chi tende le mani. E’ in questa sottile sfumatura di recuperi sentimentali che si posiziona la lettura di un vecchio libro, con le sua pagine un po’ ingiallite, ma sempre chine e riverenti nei confronti di chi riconosce in lui un angolo di storia italiana, di amor patrio, di religiosità delle idee, di come si può vivere senza odiare, senza combattere, senza passare con la spada sul corpo del nemico. E’ in questa riattivazione della bellezza storica che si compie il percorso, diventando più vero e convinto, più capace di generare speranza e condivisione, di rimettere in moto la curiosità del cuore e della mente. E’ nella sua tradizione letteraria che il nostro paese vive la sua fierezza, la sua forza, il suo orgoglio, la su capacità di aver affascinato l’Europa e il mondo. E’ in questa continuità che libri come la Divina Commedia e i Promessi Sposi si collocano, retaggio mai sopito di uno spirito al quale hanno attinto milioni di giovani e di adulti, per rinsaldare il loro legame con la storia, confermando quei valori di italianità nei quali sono nati e cresciuti.
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