Nel Natale c’è qualcosa di veramente straordinario, qualcosa che non si misura solo col sentimento o con la razionalità, qualcosa che sfugge, ma che ogni anno arriva puntualmente per alleggerire il respiro, per accendere nuove speranze e, soprattutto, per ricreare una fede messa a dura prova dalle ingloriose vicende di un’ umanità in declino. Per fortuna c’è sempre, nonostante tutto, un’immensa voglia di chiarezza, di pace, di festa, un bisogno semplice e amabilmente umano di bontà, di ritrovare l’anello di congiunzione della fratellanza. E’ come se all’improvviso la scena, con i suoi protagonisti ormai logori, si facesse da parte, consapevole, forse per la prima volta, di dover lasciare il posto a Chi, con l’esempio e con il sacrificio della propria vita, ha insegnato all’uomo a vivere nella giustizia, nella legalità, nell’onestà, nella lealtà, nel rispetto delle regole umane e divine insieme.
E’ difficile essere profeta ed essere amato da tutti, anche da chi non crede che un Dio possa generare un figlio e rimetterlo a un tribunale umano, pur conoscendone la variabilità, soprattutto in tema di giustizia. Dentro la storia e oltre la storia c’è un diritto inalienabile, straordinariamente umano, quello di una libertà che consente a ciascuno di scegliere una via sapendo che non è l’unica, che ne esistono altre, forse più facili, meno impegnative sul piano della fiducia e della coerenza. Si tratta di un diritto incredibilmente bello, perché rispetta al massimo la tua condizione, ti permette di non sentirti costretto, di poter scegliere da che parte stare, senza la presunzione di affermare che la tua scelta sia la migliore, quella giusta e perfetta. Nell’imperfezione umana si cela e si esprime la forza divina del Natale, la sua capacità di essere ogni anno protagonista di una nascita, o di una rinascita che offre all’uomo la possibilità di ricostruire quello che è stato distrutto.
La forza del cristianesimo è anche questa, pensare e affermare che la vita abbia un senso ancora più grande se diventa dono e speranza per chi ne è rimasto senza e sente il bisogno naturale di trovare risposte alla sua solitudine. Il Natale di quest’anno arriva dopo mesi e mesi di drammi, di tragedie, di guerre, di atti di terrorismo, di corruzione, di atrocità di ogni sorta, mesi in cui la natura umana ha dimostrato sul campo quanto sia instabile e fragile, bisognosa di conforto e di aiuto, di solidarietà e di amore e soprattutto quanto sia difficile vivere senza dare un senso compiuto alla propria vita e a quella degli altri. Quando arriva il Natale tutto il resto diventa secondario, quasi anonimo, si dissolve.
Vedi il sorriso stampato sui visi, una voglia frenetica di acquistare un dono, di dare, di donare, sembra che tutta quella voglia inespressa, accumulata nel corso dell’anno, chieda di uscire, di farsi conoscere, di dimostrare quanto sia più importante amare invece di odiare, stimare invece di disprezzare, collaborare e stare insieme invece di farsi la guerra. I miracoli del Natale vivono nell’aria e si colgono, si possono quasi toccare con mano e ne godi, ti senti felice, sembra che il mondo sia veramente diverso da come lo abbiamo visto e ascoltato nelle bufere quotidiane. Mai come ora ci rendiamo conto di quanto il Natale sia necessario e importante, ne sentiamo il bisogno e non vediamo l’ora che arrivi per mettere un po’ d’ordine nella nostra vita e in quella di un mondo sempre più preda di una cattiveria mai così costosa.
Ritrovare il Natale è un po’ come ritrovare se stessi, la propria identità e la propria dignità, è come fare un salto nel tempo e ritrovarsi come per miracolo insieme ai nostri genitori, ai nostri fratelli, ai nostri parenti, con quei nonni che sono stati il gradino più alto del nostro apprendimento umano. E’ come ritrovare quella un po’ vaga ma ben accolta purezza che ci ha accompagnato, dimostrandoci in varie occasioni che vivere bene si può e si deve. Vivere bene dovrebbe essere un diritto comune, volontà comune di poter adottare i valori della gioia come punti forza di una vita a volte difficile e complicata. In molti casi anche le allegorie e le metafore possono dare un senso più vero e profondo alla prosa, possono farla diventare ricchezza dello spirito, anelito a una forma umana di poesia che alza il livello morale di un’esistenza spesso costretta a lottare contro un oceano di tentazioni.
E’ dunque nella libertà familiare del Natale che si colloca il diritto alla vita, alla sua bellezza, al suo essere dono oltre le volontà, dono che prevede sempre un punto di partenza e un punto di arrivo, un amore e una sofferenza, un’illusione e una speranza. Il mistero della vita rimane pur sempre un mistero a cui il Natale cerca di dare una risposta, è come se affermasse che dentro quel dono prezioso si nascondono le ricchezze e le miserie della natura umana e che, proprio per questa, bisogna viverla, con la consapevolezza di esserne eredi e testimoni. Dunque il Natale è un inno alla vita e la famiglia di Nazareth ce lo insegna con il suo esempio. Si tratta di un esempio difficile da accettare, da comprendere, da applicare, ma ci viene riportato in tutta la sua umana bellezza, quasi a voler dimostrare che è pericoloso entrare nel mistero natalizio e pasquale della vita, con la presunzione di diventarne arbitri. Il Natale è anche questo, il momento in cui la vita esprime la sua forza e la sua bellezza con il massimo della sua intensità morale e materiale.