Momo. Nome che non ha eguali a Besozzo e dintorni. Identifica una figura conosciuta da tutti, unica, originale, entusiasta, incazzosa, generosa. Lo spazio, dove trascorre la giornata -si alza alle 5,30 di mattina e vi rimane fino alle 7,30 di sera- anche se piccolo, raccolto, è un luogo comunitario, un presidio di umanità che raduna persone più disparate, dove si intrecciano relazioni, dove l’amicizia diventa feconda. È una istituzione, come chi lo gestisce, ossia lui, Momo, il giornalaio, al secolo Edmondo Secchi. Fra due mesi l’edicola, di proprietà comunale, non avrà più il suo genius loci che raggiunta l’età di 73 anni si dedicherà “alla lettura, alla cucina, ai viaggi”, specifica. Passioni che non è mai riuscito a coltivare appieno, considerato il tempo che la sua attività richiede. Ma per tutti l’idea che Momo non ci sarà più è spiazzante. In quella casetta vezzosa -tale è- abbellita dai fiori, molto curata, non si vendono solo i giornali e i biglietti del treno (è situata in via Zangrilli, la via della stazione), non è solo punto di consegna Amazon, dove puoi trovare i gratta e vinci, ma è un luogo dove c’è questo personaggio che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo: eterno giovane, nonostante gli acciacchi dell’età, che ha un amore smisurato per la sua attività, che fornisce un incredibile patrimonio di riviste. Le più disparate da Mono si trovano. Sullo sfondo, quello spazio d’ accoglienza dove si aprono discussioni, di calcio (“Il calcio è sacro”, spiega), di politica, di spiritualità. Non esiste censura. Si può litigare e andarsene, ma dopo un po’ si diventa orfani e si ritorna. Passi vicino e senti all’interno delle urla: non c’è da preoccuparsi. Si mette la testa dentro e sono là a discutere con in mano un bicchiere di prosecchino. Le discussioni diventano lunghe, piene di battute. È uno spasso sentirle. Hanno quella scioltezza, quella botta e risposta che viene spontaneamente tra persone abituate a frequentarsi. Nel frattempo, Momo non perde un colpo, se entrano i clienti. Con quell’agilità tipica degli edicolanti esperti, afferra le riviste che sa essere richieste. La sua “scuola” risale a quando era bambino e vedeva la nonna che fuori dalla porta di casa, situata in via Roma, seduta su una sedia vendeva i giornali. “Una nonna incredibile -racconta- che aveva tanti amici e che mi ha cresciuto dal momento che mia mamma lavorava a Milano”. E il suo imprinting è rimasto anche dopo che lui si è diplomato perito plastico, ha lavorato a Milano alla Ticino Plast per 20 anni e fatto il rappresentante di materie plastiche per alimentari. Quando ha ripreso l’attività famigliare (nel frattempo alla scomparsa della nonna, era subentrata la mamma e il cognato) nel 1986 tutto è venuto naturale. Quel luogo che fungeva anche da pesa pubblica (all’interno si vede ancora la strumentazione) definirlo edicola è riduttivo. Lui sottolinea con amarezza che il suo lavoro è a termine. Produce poco e impegna molto. I giovani non hanno affinità con la carta stampata. Intanto lui, nella sua unicità, ha ispirato la scrittrice Angela Borghi, autrice di gialli, che lo ha scelto come protagonista di suoi tre romanzi anche in qualità di investigatore. Con lui l’immancabile Daryl, la meravigliosa meticcia, che per 18 anni è stata la sua ombra, testimone della vita in quell’angolo privilegiato. Ed ora? Ma sarà così sicuro di dedicarsi alle sue passioni senza quella rete di relazioni che fanno capo a lui?
Federica Lucchini